IX

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«Buongiorno»

Sentì un tocco quasi impercettibile da quanto era leggero sulla schiena, quella voce roca accompagnata da una risata, «Buongiorno» biascicò Simone aprendo gli occhi fino a trovarsi davanti un ammasso di ricci incasinati e un sorriso enorme contornato da un po’ di barba.

Manuel continuò a passare la punta delle sue dita sulla schiena del corvino, dove era intento a disegnare cerchi immaginari su quella pelle candida segnata solo da alcuni nei e da dei segni rossi – prova della notte passata insieme.

«Da quanto sei sveglio?» chiese con ancora mezza faccia spalmata sul cuscino e mangiandosi mezze parole. «Abbastanza da sapere che russi quando dormi intensamente e che quando ti stai per svegliare arricci leggermente il naso e stringi un pochino gli occhi.» sussurrò quasi fosse un segreto, spero rimanga un segreto tra noi due, che nessun altro abbia l’onore di scoprirlo.

Simone si girò a pancia in su con espressione imbronciata stampata sul volto, «Io non russo!» disse guardandolo male e facendo ridere il ragazzo. «Eccome se russi! Ma tranquillo, niente a cui non mi ci possa abituare.» si lasciò scappare arrossendo e piegando la testa in avanti fino a posare le labbra in mezzo al petto di Simone per nascondersi.

Sospirò appena sentì quelle labbra posarsi sulla sua pelle, i ricordi della sera prima ripresero vita con un solo gesto. Manuel alzò la testa verso di lui, poggiando una mano sul suo petto per posarsi con il mento, solo per guardare quel bellissimo ragazzo ancora e ancora.

Una mano del corvino si immerse in quei riccioli folti e arruffati, passandoci in mezzo accarezzandoli e girandosi i ricci tra le dita per giocarci. Manuel allungò la mano libera verso quella di Simone, posata sul fianco, e la tirò su, iniziando a giocarci creando un ostacolo tra i loro sguardi. Le dita di Manuel presero ad accarezzargli le dita, ridisegnandone il contorno e ogni piccolo dettaglio. La punta delle dita di Simone sfiorò il palmo della sua mano, causandogli non pochi brividi e facendo scattare gli occhi di entrambi su quelli dell’altro fino a trovarsi e annegare insieme nel rispettivo sguardo mentre le loro mani si intrecciavano e accarezzavano come avevano fatto loro quella notte.

Passarono vari minuti così, immersi nella loro bolla, e sembrò a entrambi che niente e nessuno potesse romperla. Ma un vociferare, che fece scattare la testa di entrambi verso la finestra aperta, li riportò alla realtà. Manuel si staccò dal petto di Simone, rimettendosi nella posizione in cui lo aveva trovato appena sveglio: steso sul lato e con un braccio a sorreggergli la testa. La sua mano libera però non lasciò quella di Simone, non ancora, si ripeté mordendosi il labbro e non volendo che quel momento finisse.

«Cazzo, è tardissimo! Devo andare da Chicca a-» Simone fece per alzarsi, sgranando gli occhi appena vide l’orario sulla sveglia, ma Manuel lo tirò nuovamente a sé costringendolo a stendersi nuovamente. «È Domenica Simò, io nun lavoro, tu neanche. Ce dobbiamo per forza alza’? – disse posando la bocca nuovamente sulla sua pelle nuda, sulla base del collo – Io avrei altro in mente.»

Simone rise buttando indietro la testa sul cuscino e immergendo le dita nei capelli del ragazzo, «Non ti è bastato stanotte?» chiese sapendo che no, a lui per primo non era bastato. «Me sa che ho un problema Simò – Manuel lo guardò negli occhi mordendosi l’interno guancia e, dopo essersi avvicinato fino a far sfiorare le loro labbra, continuò – Nun credo me basterà mai.»

Le loro labbra si schiusero dando vita a un bacio che urlava passione ad ogni movimento, ogni carezza, ogni sospiro o gemito. La mano di Manuel circondò il collo niveo del corvino, facendolo gemere e sentendo il suo corpo fremere sotto di lui. «Facciamo così – si staccò di poco Simone, unendo le loro fronti e strofinando le punte dei loro nasi sorridendo – vado a prendere il mio telefono e rimando l’appuntamento con Chicca, poi torno a letto da te.»

Manuel sorrise prima di sporgersi per catturare di nuovo le sue labbra, «Mi sembra un ottimo piano» sussurrò per poi scostarsi facendolo alzare. Si stese sulla schiena in mezzo al letto, mettendo le mano sotto la sua testa e osservando quel capolavoro della natura che era il corpo statuario di Simone. «Sento che mi stai fissando.» rise il corvino girando la testa per osservarlo, «E non ho intenzione di far finta di non farlo.» ribatté vedendo scomparire la figura di Simone oltre la porta.

Tornò poco dopo con due telefoni in mano, «Ho pensato lo volessi a portata di mano anche tu, o almeno non in balcone come è stato tutta la notte.» rise lanciandoglielo in mezzo alle coperte sgualcite prima di concentrarsi su i messaggi che aveva ricevuto. Con la coda dell’occhio però, vide Manuel scattare a sedere in un secondo, «cazzo cazzo cazzo cazzo» il tono completamente diverso da quello utilizzato poco prima, lo allarmò.

«Manu, tutto bene?» lo vide correre fuori dalla stanza e, appena lo seguì, lo trovò intento a vestirsi in fretta. «Manu ma-» «Ho 47 telefonate dai medici Simone, quarantasette cazzo! Me porto a presso quel cazzo de telefono ovunque vada e l’unica sera in cui lo dimentico forse…. – Manuel deglutì pensando alla possibilità che sua madre fosse… - Devo anda’.»

Prese in fretta le sue cose e, dopo qualche secondo, Simone si trovò da solo, nudo e confuso da quanto appena accaduto. Si vestì anche lui in fretta e, dopo aver sentito un imprecazione dopo l’altra venire da fuori, si affacciò dal balcone vedendo Manuel intento a tirare calci alla sua moto.

Si trovò giù in pochi secondi, «Vieni ti do un passaggio.» disse trovando Manuel con le mani tra i capelli e gli occhi lucidi. Salì sulla vespa senza obiezioni, dicendogli solo il nome dell’ospedale e di muoversi. Simone corse, forse come non aveva mai fatto in vita sua, che vedere quel cambiamento repentino nel ragazzo con il quale aveva passato la notte lo aveva mandato un attimo nel panico.

Appena arrivarono davanti all’ospedale, Manuel scese a corsa dalla vettura facendo quasi perdere l’equilibrio a Simone. «Manuel!» lo rincorse lui dopo aver parcheggiato malamente la vespa, «Manuel, aspetta!» e seguirlo fu la mossa più sbagliata che Simone fece.

«Vattene, Simone.» disse con tono duro Manuel continuando a camminare verso l’entrata. «Voglio solo sapere se stai bene, se vuoi ti aspetto-»

«Cosa della parola vattene non hai capito, eh?» il moro si girò di scatto, la mascella serrata e gli occhi completamente vuoti misero paura a Simone. «Io volevo solo...»

«Volevi che? Che vuoi da me Simone? Hai capito che te ne devi andare? NUN TE VOGLIO QUI, NON TI VOGLIO IN GENERALE!» Gli occhi di Simone si spalancarono per la durezza di quel tono e di quelle parole che lo costrinsero a indietreggiare di un passo. «Manu tu non-»

«io non- cosa? Non lo penso? Che cazzo ne sai di me, eh? Dopo na scopata te sei innamorato? so stato così bravo che nun puoi fare a meno de me?!» gli occhi di Simone si riempirono di lacrime e gli si formò un groppo in gola mentre quelle parole rimbombavano nella sua testa. «Tu non… non lo pensi veramente. Quello che c’è stato stanotte è stato… bello, davvero bello e..»

«Ma bello de che? Se sapevo che eri uno de quelli che glie dai n’bacio e te se accollano nun te avrei mai scopato! È stato divertente, ho sfogato la frustrazione, niente de più.» Manuel si girò per non osservare quegli occhi in cui si era immerso per tutta la notte pieni di lacrime che lui stava causando.

«Io non ti credo, tu non-» Manuel si girò di scatto andando a pochi centimetri dalla sua faccia, «MI HAI ROTTO IL CAZZO, SIMONE! VATTENE VIA, STAI LONTANO DA ME! NON HO BISOGNO DI TE, NON HO BISOGNO DI NESSUNO, LO VUOI CAPIRE?» e Simone si arrese. Fece un passo indietro e guardandolo con il cuore che sanguinava per tutte quelle parole taglienti, tornò sui suoi passi lasciando Manuel da solo nel suo dolore. Perché Simone non lo sapeva ma il cuore di Manuel sanguinava più del suo, che delle parole più false in vita sua non le aveva mai dette.

Non posso sobbarcarlo dei miei problemi, pensò girandosi verso l’entrata e correndo all’interno dell’ospedale mentre le lacrime gli solcavano il viso, mi sono distratto una sera e forse ho perso tutto, non posso permettermi il lusso di vivermi serenamente il mio amore per lui. Amore, o qualsiasi cosa sia questo peso che sento sul cuore dopo averlo visto piangere a causa mia.

«Manuel!» si girò di scatto verso quella voce «Ti abbiamo chiamato tutta la notte! Devi venire con me, subito!» e il ragazzo si fece guidare e come un automa fece domande e rispose all’infermiera che curava sua madre da quando era entrata. Mi sento così vuoto, pensò sospirando e cercando di trattenere le lacrime mentre entrava nella solita stanza.

Affacciati al balcone amore mioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora