Capitolo uno

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"Io sono morta per tre minuti e quattordici secondi" si fermò, osservando l'effetto delle sue parole sulle altre persone, stringendo maggiormente le mani fra di loro, piegando appena un angolo della bocca e riportando alla mente tutte le esperienze premorte che aveva ascoltato, lì seduta in quel cerchio, in quella saletta di una chiesa cattolica di Nashville.

Persone che avevano visto la luce, persone che avevano incontrato il volto caro dei loro familiari prima di venire di nuovo portati alla vita.

Tutte stronzate.

Non c'era niente del genere dall'altra parte.

Inspirò, cercando le parole più adatte: "Non c'è niente dall'altra parte" mormorò, spostando lo sguardo su ognuno dei componenti di quel piccolo gruppo, soppesandoli uno a uno.

La signora che era quasi morta per via di un infarto.

Il tizio che aveva avuto un incidente gravissimo.

L'escursionista che era rimasto in fin di vita in montagna, trovato quasi per miracolo.

Ognuno di loro aveva passato quella sottile linea che delimitava la vita e la morte, ma era tornato da quel lato.

"Non c'è niente" dichiarò nuovamente, scuotendo il capo e vedendo le ciocche scure dei suoi capelli danzare ai bordi della vista periferica: "Vi siete autoconvinti di aver visto qualcosa perché è quello che ci vogliono far credere: c'è una luce, vedrete i personaggi cari" sbuffò, incrociando le braccia e accavallando le gambe: "E voi ci credete, perché quel nulla totale vi fa paura."

"Harper, io..."

"Non c'è niente dall'altra parte, solo nulla" sbottò Harper, alzandosi in piedi e recuperando la sua borsa, storcendo le labbra: "Non c'è niente di bello, c'è solo merda."

Era stata troppo buona.

Non era stata abbastanza cattiva e incisiva.

Storse maggiormente la bocca, sentendo la bile risalire lungo l'esofago e si voltò, andandosene a passo svelto da quella sala e ignorando i richiami del prete che gestiva quel gruppo.

Sbatté con forza la porta, sentendo il bisogno di prendersi a pugni, di farsi del male.

Uscì fuori dalla chiesa, osservando il cielo scuro e le stelle che lo punteggiavano: ne vedeva poche per colpa della luce artificiale ma ce n'erano molte di più, bastava uscire dal centro urbano per vedere una volta stellata degna di questo nome.

Inspirò, socchiudendo gli occhi e maledicendosi nuovamente: nella sua testa, il discorso che aveva fatto era stato più sprezzante, più cattivo, più...

Vero.

Invece, si era comportata come una ragazzina, le era sembrato di fare le bizze e poi andarsene con il broncio.

Lasciò andare un sospiro, tenendo sempre gli occhi chiusi e sentendo la sua mente e il suo corpo venir nuovamente posseduti dal nulla: non aveva voglia di fare niente, non voleva fare niente, solo tornare al campus e infilarsi nelle coperte, dormendo il più possibile od osservando un punto imprecisato della stanza.

Era così, da quando aveva avuto l'incidente.

Era così da quando era morta.

Era così da quando, per quei tre minuti e quattordici secondi, si era ritrovata inglobata in un'oscurità infinita, nel nulla totale che li aspettava una volta morti.

Che cosa ci guadagnava a darsi da fare, se quello era ciò che l'aspettava?

"Ciao."

Inspirò, lasciando andare l'aria e voltandosi verso la direzione da cui era arrivata la voce, osservando il ragazzo dai capelli biondi e il sorriso sulle labbra che la fissava con una mano alzata in segno di saluto: "Se stai cercando il gruppo di fanatici religiosi, devi andare dentro" Harper sputò ogni parola, quasi sorridendo quando vide l'espressione tranquilla del ragazzo vacillare appena.

"Fanatici religiosi..." mormorò lui, facendo scivolare quelle parole sulla lingua e inclinando appena la testa: "Tu perché sei qui, allora?"

"Non sono cazzi tuoi" gli dichiarò, sistemandosi meglio la cinghia della borsa sulla spalla e scendendo i pochi gradini della chiesa, avviandosi lungo la strada immersa nella tranquillità della sera.

Si fermò dopo pochi passi, voltandosi indietro e notando che il tipo se n'era andato: sicuramente era andato dentro ad ascoltare quelle cazzate su luci e altro.

Cazzi suoi se voleva farsi fregare in quel modo e non voleva accettare la realtà di quel nero totale, assordante e che inglobava ogni cosa, ogni emozione, ogni pensiero.



a/n: eccomi qua, ai blocchi di partenza con una nuova storia!

Per chi mi segue sui social, questo aggiornamento è un po' inaspettato e lo è stato anche per me, ma volevo mostrarvi Harper e farvela conoscere. In quale modo migliore se non attraverso la sua breve storia?

Quindi eccoci qui, con il primo capitolo di Tre minuti, quattordici secondi.

Come sempre vi chiedo di lasciarmi un commento e/o una stellina in modo da crescere sulla piattaforma e, se non mi seguite, di seguirmi.

Con la storia di Harper io vi do appuntamento a venerdì prossimo, invece!

Con la storia di Harper io vi do appuntamento a venerdì prossimo, invece!

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Tre minuti, quattordici secondiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora