OPHELIA
Le nostre cicatrici ricordano che il passato è reale.
Ho fatto finta di niente. Non racconterò tutta la mia storia ad Asher e Luke. Non è il mio compito, non sono obbligata a farlo e ho già fatto fin troppo. Troppi particolari. Sono partita a palla. Ho dato e detto troppo fin da subito. Se avessi continuato sarebbe stata la mia fine.
Forse se avessi continuato avrei tratto del bene dal nostro discorso. Forse Becks aveva ragione quando mi ha detto che parlarne mi farà bene. Ma in quel momento erano solo trentamila coltellate. Forse mi avrebbe fatto veramente bene ascoltare la storia di Luke, anche perché sono sicura che Ash con me non si aprirà mai. Ho smesso di parlare e ho fatto come se niente fosse. Appena arriviamo all'areoporto propongo che dovremmo trovare il luogo per il check in «Provo a chiedere a qualcuno» dico ai due ragazzi che sono con me avvicinandomi a un signore con una maglietta con su disegnato il logo dell'aeroporto. Quando ottengo le informazioni necessarie e mi volto, con il sorriso falso che ho utilizzato con l'operatore, e sono sicura di trovare Ash e Luke ad aspettarmi, ma con mia sorpresa non sono davanti a me. Guardo intorno a me spaventata, ma non li vedo. Mi hanno ignorata per tutto il resto del viaggio e non mi hanno più rivolto la parola. Ok, potrei aver vanificato il tentativo di Luke di provare a fare una conversazione ma non possono avermi veramente lasciata qui da sola
Non ho il numero di telefono di Asher e tantomeno di Luke.
Come cazzo li trovo?
Sento il panico salire. Non dovrebbe accadere per così poco, ma l'ansia di perdere il volo, di essere lasciata da sola in un posto così grande e così pieno di gente mi causa quest'effetto.
Inizio a girovagare alla loro ricerca. Quasi mi metto a correre con le valigie al seguito.
Non li trovo da nessuna parte, e l'ammasso di gente che mi trovo davanti a bloccarmi la strada non mi aiuta. Vanno tutti nella stessa direzione e mi trascinano tutti con loro. Impossibile uscire da questo ammasso di gente tutta appiccicata.
Seguono tutti la stessa cosa. Una melodia. Una melodia suonata al pianoforte bellissima.
Seguiamo tutti la musica finché non arriviamo ad uno spiazzo e tutti si uniformano in cerchio intorno a quel suono meraviglioso. Mi faccio spazio fra loro, o almeno ci provo a sfuggire da tutta quella pelle sudata e dall'aria che in mezzo a loro non circola.
Provo ad alzarmi sulle punte quando ancora ho gente davanti, ma non riesco comunque a vedere chi sia il pianista in centro alla sala.
Cerco di farmi spazio ancora, prendendomi qualche insulto.
Appena arrivo in prima fila, davanti a tutta la folla rimango sbalordita. Anzi no, incantata è un termine migliore. La vista di Ash che concentrato muove le mani veloci e leggere sui tasti di un piano a coda posto al centro del piano mi sconvolge totalmente.
Non sapevo avesse questo tipo di qualità nascoste. Non pensavo proprio potesse piacergli la musica classica, l'unica che ascolto da una vita.
Anche io suono il piano, ho iniziato a cinque anni a prendere lezioni per volere di mio padre. Mamma non mi ci voleva fare andare ma il mio insegnante e quello di mio fratello conoscevano mio papà, erano molto amici e si vedevano spesso. Perciò scoprire che io e mio fratello non andavamo a lezione era una cosa da niente per lui.
Edo suonava la chitarra elettrica, diceva che così poteva sfogare tutta la rabbia che aveva dentro e che non poteva tirar fuori. Le sue erano tutte un mare di cazzate. Anche perché quella diavolo di chitarra nemmeno la sapeva suonare, la usava solo per dare fastidio alla mamma. Diceva sempre che suonando a caso riusciva a sfogarsi più di me e forse era anche vero, ma non gli ho mai prestato più di tanta attenzione.
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NUVOLE BIANCHE
Romance"Se sei triste guarda le nuvole bianche, ti sentirai libera come loro". Questa era la frase che da tutta la vita accompagnava Ophelia e che, abbinata alla voce di suo fratello, suonava divinamente, quasi vera. Da quando lui è morto però, portato via...