"Chi ignora la storia è condannato a ripeterla" George Santayana
OPHELIA
-Adesso hai intenzione di raccontarmi cosa diamine è successo su quella ruota panoramica?- stiamo tornando a casa. Definitivamente. Siamo a New York, abbiamo appena lasciato Luke davanti a casa sua e ci stiamo dirigendo verso casa mia. Tra l'altro mi è arrivata una mail da parte del portinaio. Entrambi gli ascensori sono rotti, e io dovrò farmi un mucchio di scale per arrivare al quindicesimo piano. Penso che rimarrò ad aspettare finché non li riparano entrambi, anche perché, con queste valigie non vado da nessuna parte.
-Quando ero piccola e la mamma si arrabbiava mio fratello mi portava su una casetta sull'albero che papà gli aveva regalato al compleanno. Li mi faceva tenere tutte le cose a cui tenevo di più, che la mamma non voleva che avessi. Per esempio i vestiti che mi aveva regalato la nonna. Erano quelli nelle foto e quel mostro mi ha bruciato tutto- emetto un sospiro. Non voglio nemmeno immaginare cosa mi dirà papà quando arriverò. Quando le porte dell'ascensore, riparato e funzionante, si apriranno e mi mostreranno la sua figura triste. Ho perso la mia casetta, il mio piccolo posto felice. In quella casetta c'era tutto e la avevamo letteralmente messa al sicuro di modo che nessuno potesse salirci. Eppure colui che abbiamo iniziato a chiamare Lui è salito e non solo, ha bruciato tutto quanto.
-Quando la mamma tornava a casa dopo aver bevuto troppo o dopo essersi iniettata chissà che cosa noi scappavamo da casa e andavamo lì. Sotto quella casetta facevamo sempre un picnic e ci fermavano a fissare le nuvole. Inventavamo favole e storie di cui eravamo i protagonisti. Questo finché non veniva a cercarci dicendo che era tutto a posto, che era passato tutto. Non passava mai tutto, e non è passato finché non ha ammazzato mio fratello e mio padre mi ha portato via da quella casa di pazzi- mi ero promessa all'inizio che Asher non avrebbe saputo nulla su di me. L'intento di Becka era proprio quello di conoscerci meglio e provare a sconfiggere le nostre paure insieme, eppure adesso sono terrorizzata a morte a causa di Lui e il mio posto felice è andato letteralmente a fuoco.
-Eccoti arrivata- dopo esserci divincolarsi dal traffico riusciamo finalmente ad arrivare al grande spiazzo di fronte al mio palazzo. Usciamo entrambi e Ash mi aiuta a scaricare le valigie -É stata una bella vacanza, nonostante Lui- annuisce con un sorriso tirato -Si, nonostante Lui- prendo le valigie sottomano e mi avvicino all'entrata, quando Ash mi ferma -Ophelia... io so che Becka è la tua migliore amica, ma proprio perché le vuoi bene ho bisogno che non le dici in cosa consiste il mio "lavoro"- annuisco e corro di fretta nel palazzo.
Saluto Frederick, il portinaio e gli chiedo se hanno riparato gli ascensori. Grazie al cielo si -Comunque le è arrivato oggi un pacco, lo ho fatto consegnare nel suo appartamento. Non c'è il nome del mittente, per questo sono stato un pò restio nel consegnarlo. Se dovesse avere dei problemi mi avvisi pure- gli sorrido e mi avvicino con le valigie all'ascensore. Penso di sapere chi è stato a mandare il pacco e per questo non ho intenzione di aprirlo.
Non appena giungo in casa il solito profumo dolce di Magda, la mia governante, mi invade completamente e mi fa sentire di nuovo a casa. Provo a chiamarla e la sento urlare dalla cucina. Praticamente corre verso di me, con il grembiule indosso, per venire a salutarmi.
-Oh, signorina Williams, non sa che piacere rivederla. Questa casa era vuota senza di lei- forse intende dire più tranquilla, ma prendo le sue dolci parole come desiderio di avermi a casa. -Papà è arrivato?- mi guardo intorno e cerco di scorgere la sua solita valigetta da lavoro che abbandona sul divano tutte le volte che torna dal lavoro, ma non la vedo -Suo padre ha dovuto prolungare il suo viaggio di due giorni, ma vi saluta- come al solito non si è preoccupato di chiamarmi di persona, di avvisare me, ma ha fatto tutto tramite Magda, la donna delle pulizie, nonché la sua amante da dieci anni. Pensano che io non sappia della loro tresca segreta, eppure so tutto. So bene che da dieci anni mio padre è follemente innamorato di lei, ma sa che nel suo mondo non potrebbero mai accettare che sposi una donna come Magda, la quale non solo ha quindici anni in meno di lui, ma è anche promessa ad un uomo che non vuole sposare. I suoi genitori vivono in Polonia, e ora che Magda ha trentun'anni le hanno dato un ultimatum: se non tornerà in Polonia entro due settimane manderanno il futuro marito a cercarla qui a New York. Ho sempre visto l'impossibile storia d'amore tra lei e mio padre come fantastica. Voglio dire, in questa casa ci si diverte solo grazie a loro. Prima scopano, poi litigano, poi piangono, poi Magda si lamenta che dovrà sposare un uomo di quarant'anni più vecchio di lei solo perché la sua famiglia è povera e dopo che mio padre l'ha consolata scopano di nuovo. Potrebbero essere i protagonisti di un romanzo e forse quando potrò scriverne uno tutto mio parlerò del loro improbabile futuro insieme.
-Mi ha detto Frederick che è arrivato un pacco per me- sorride e mi indica il pacco appoggiato al baule di fianco alla scarpiera -Lascio che lo apriate in tutta la privacy possibile si allontana e torna a trafficare in cucina. Così io mi avvicino al pacchetto, che penso venga proprio da Lui. Non è molto grande, ma un uccellino morto in questo pacco ci sta lo stesso. Prendo un paio di forbici dal cassetto e inizio a tagliare via tutto l'imballaggio. Una scatola mi si presenta davanti e un foglietto ingiallito scritto a mano è incollato sopra. Lo leggo velocemente prima di aprire la scatola "Andrai da sola a questo indirizzo e indosserai ciò che c'è nella scatola. Se parlerai ti tapperò la bocca proprio come facevano quegli uomini la sera quando venivano nella tua camera a importunarti. Saresti dovuta rimanere lontana da lui, piccola stronzetta, e invece ora ti ritrovi in un mare di guai"
-Lasciala stare! Vai via da lei!- vedo Edo che si dimena nel buio contro la figura grande e grossa che mi tiene vicina a lui. Una delle mani è sulla mia bocca, a tapparmi il respiro e le urla, l'altra sta cercando di oltrepassare la camicia da notte -Vai via moccioso, non è roba che ti riguarda questa- un calcio e mio fratello è in terra di fronte a noi. Si rialza e torna a picchiare, anche senza smuoverlo, l'uomo che è arrivato ormai all'elastico delle mie mutandine. Io ci provo a muovermi, a togliermelo di dosso, ma peserà cento chili in più di me e le forze non mi basteranno mai. Quando un'ombra si staglia di fronte alla camera alzo la testa. Mia madre ci sta fissando inerte, completamente indifferente. Non sembra vedere che l'uomo che è stato nella sua camera da letto per due ore ora è qui che cerca di soddisfare i suoi bisogni su di me. Non sembra capire che sono sua figlia, che ho otto anni e che sto subendo tutti questi orrori a causa sua. Inizio a piangere ancora più forte, mentre Edo urla e si dimena. La guardo e vorrei urlare "Mi vedi?", oppure "Lo sai che sono tua figlia vero?" oppure ancora le chiederei se tutto questo sta accadendo a causa mia, se ho fatto qualcosa di sbagliato, se sono io il problema qui. Per fortuna qualcuno suona il citofono e l'uomo si allontana di botto. -Hai chiamato gli sbirri? Se sono gli sbirri io ti ammazzo, puttana- quando mia madre apre la porta però vediamo solo la vicina che non si fa mai i fatti suoi. Mia madre la odia, per questo l'ha minacciata di ucciderla se dovesse allertare la polizia. La mamma parla sempre male di lei, ma io penso sempre che lei è il mio angioletto custode. Per fortuna adesso sono salva, anche se lo sguardo di mia madre, quello in cui vedo tutta la delusione e disprezzo che prova verso di me, rimane e rimarrà per sempre. Sarò sempre lo sbaglio, l'errore che di cui lei non aveva bisogno, di cui lei avrebbe benissimo fatto a meno.
-Signorina? Devo chiamare il dottore? Si sente bene?- quando riapro gli occhi che ho tenuto serrati per non so quanto tempo sono seduta sul divano, con la scatola appoggiata al mio fianco e Magda davanti a me che mi guarda preoccupata. Il foglietto è stritolato tra le mie mani -Si, Magda, è tutto a posto, stai tranquilla. Ho solo un pò di mal di testa- ovviamente mio padre verrà a conoscenza di quello che è appena successo e non si preoccuperà di consultarmi prima di chiamare lo psichiatra e chiedergli quando potrà portarmi da lui. Un piccolo ricordo del passato, anche solo un attacco d'ansia o panico e sarei tornata dal dottor Wilson, senza discussioni. Questo era il patto. Mentre la scommessa era che non avrei resistito più di venti giorni senza ricadere nell'oblio e mio padre ha vinto anche questa volta.
Prendo la scatola e mi rintano al piano di sopra in camera mia. Non appena la porta è chiusa e sono al sicuro nella mia cameretta invio un messaggio ad Asher, a cui lui risponde in un nanosecondo.
Io: SOS. Lui mi ha mandato un pacco e non ho intenzione di aprirlo da sola.
Io: C'è anche un bigliettino, vuole vedermi da sola. Ho paura.
Asher: Sto arrivando
Lancio un sospiro e insieme a questo il cellulare sul letto. La scatola rimarrà sulla mia scrivania finché non arriverà Asher. La apriremo insieme e vedremo cosa fare. Nessuno mi farà del male. Perché sono al sicuro. Io sono al sicuro adesso che sono lontana dalla mamma. Me lo sono ripetuta per anni, ma forse ora non lo sono più.
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NUVOLE BIANCHE
Romance"Se sei triste guarda le nuvole bianche, ti sentirai libera come loro". Questa era la frase che da tutta la vita accompagnava Ophelia e che, abbinata alla voce di suo fratello, suonava divinamente, quasi vera. Da quando lui è morto però, portato via...