1. State lasciando Roma

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Ambientata poco dopo l'incidente, il periodo in ospedale e la fine del terzo anno. Lo so che sono troppo piccoli per un viaggio on the road, ma a me purtroppo, non interessa.

Buona lettura, Lorena


Simone ricorda ancora quel maledetto compleanno, il sedicesimo compleanno, quando sua madre aveva tirato fuori la torta nella stanza buia, le candele che disegnavano ombre inquietanti sul viso di Chicca e su quelli dei suoi genitori.

Ricordava il modo in cui si era guardato attorno nella stanza quasi vuota ripensando alla scuola dalla quale aveva rischiato di essere espulso, agli amici che gli avevano voltato le spalle quando avevano saputo dell'incidente e a come era stato traumatico ricominciare a vivere.

Ricordava quanto si sentisse solo, quanto odiasse sé stesso, quella terapia che gli era stata appioppata e che rendeva sua madre nervosa ogni volta che moriva in qualche stupido videogioco a cui stava giocando, in attesa che esplodesse del tutto.

Ricordava cosa voleva dire sentirsi solo, perso, desideroso di un cambiamento, qualsiasi cambiamento. Così da sentirsi normale di nuovo.

Ricordava ancora il retrogusto di gesso che le pillole che prendeva all'inizio gli lasciavano in bocca e il modo in cui si sentiva sempre il corpo debole e molle e gli sembrasse come di fluttuare su una nuvola, una nuvola pesante portata dal vento, incapace di fare qualsiasi cosa se non restare in attesa che il fulmine esplodesse e il tuono rombasse, spaventando tutti, e che la pioggia e il vento si abbattessero facendo i loro disastri.

Ricordava il modo in cui sua madre lo aveva guardato con un piccolo sorriso, nervosa come sempre ma più calma, perchè vedeva negli occhi di Simone quell'annebbiamneto lasciato dai medicinali, antidepressivi che aveva cominciato a prendere subito dopo l'incidente.

A come gli aveva detto "Esprimi un desiderio, Simone".

E nonostante fosse troppo vecchio per esprimere un desiderio spegnendo delle candeline ci provò lo stesso, un ultimo tentativo, un'ultima patetica e disperata preghiera. Chiuse gli occhi e soffiò, pensando: "Vorrei che tutto cambiasse, vorrei qualcuno che possa amarmi così come sono".

Il cambiamento che aveva sognato era quello di non rivedere più quello sguardo nervoso che vedeva sempre negli occhi di sua madre e suo padre, quello di tornare a scuola serenamente, di essere in prima squadra a rugby, di smettere di sognare l'incidente e non dover più continuare a prendere quelle medicine che gli annebbiavano il cervello.

E così fu. Quando rivide Manuel in ospedale, il suo desiderio si avverò. Tutto cambiò, ogni singola parte di Simone cambiò.

Ogni cosa, a parte la sua rabbia, che continuava ad ardere in lui, divorandolo internamente. Quella rabbia era ancora lì, in attesa che lui la lasciasse andare.

Ma ora era meglio, perchè la rabbia che covava sapeva gestirla diversamente.

Ora aveva degli amici che gli volevano bene, Chicca, Giulio e Monica, e un po' più di confidenza in sé stesso.

Ora aveva Manuel, che nonostante fosse insopportabile per la maggior parte del tempo, rappresentava per lui un posto sicuro.

Bacio e cotta stratosferica non ricambiata a parte.

Airplanes | Manuel & SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora