Capitolo II - Qualche sprazzo di verità

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Non c'erano pericoli, a Vanaheim. Non c'era paura, non c'era violenza. Ecco cosa ripetevano continuamente quei tre farabutti, mentre le legavano mani e piedi e le rubavano la sacca, fuggendo a gambe levate.
Hai fatto bene a non reagire, prima o poi cadranno da soli. Era stata la risposta consolatoria di suo padre, anche se lui stesso cercava a fatica di trattenere l'istinto di impugnare di nuovo la possente spada e far giustizia. Da troppo tempo, infatti, sua figlia tornava a casa taciturna, senza aver mangiato o bevuto nulla tutto il giorno e con la violente sensazione di volersene andare da lì.
- Hanno ragione loro, padre?- domandò ad un tratto, mentre camminava al fianco dell'uomo, nascondendo abilmente i lividi. Skirnir non doveva vederli, mai, o allora sì che sarebbero stati guai seri per quei suoi compagni. E lei, in fondo al cuore, ancora sperava di potersi integrare ed una reazione esagerata da parte del messaggero sarebbe stata decisiva nel troncare ogni possibile rapporto con i suoi coetanei.
- Su cosa?- domandò lui, riscuotendola dai propri pensieri.
- Non sono una Vanr, non è vero?- domandò quindi, temendo la risposta.
- Perché lo chiedi?- indagò il padre, senza osare rispondere apertamente. Valeska, in cambio, si limitò a tacere e Skirnir fu costretto ad indovinare - Te l'hanno detto loro, non è vero?
- Sono violenta, mentre voi... loro sono sempre pacifici e...- incominciò, con il fiato sempre più corto per il nervosismo e con un principio di crollo emotivo. Il messaggero, presagendolo, si affrettò ad interromperla, fermandosi sul posto e accucciandosi sulle caviglie per poterla guardare negli occhi.
- Sono stati crudeli anche loro, quest'oggi, ma questo non li rende meno cittadini di Vanaheim. Anche il nostro popolo ha combattuto e molti di noi hanno le mani completamente ricoperte del sangue degli Æsir, o degli Jotunn. Io stesso ne ho trucidati più di quanti non vorrei mai ammettere, non a te. Eppure siamo tutti Vanir lo stesso.
La bambina, non paga, si morse un labbro e abbassò lo sguardo, come a voler trattenere la successiva domanda. Fu solo quando l'uomo davanti a lei le appoggiò una mano su una spalla, che decise di vuotare completamente il sacco.
- Non è solo questo, padre... io, io lo sento, ogni giorno... il mio cuore reclama la battaglia e il mio corpo pure e questo non è proprio della nostra pacifica gente... perché?- Skirnir prese un respiro profondo, cercando di capire se fosse giusto vuotare a sua volta il sacco o se fosse meglio proteggerla ancora un po'. Ma fino a quando? Fino a quando avrebbe potuto difenderla dalla verità? - Chi era... chi è mia madre?- ecco, quella domanda lui l'aveva sempre evitata abilmente, ma come fare, ora che glielo stava chiedendo guardandolo dritto dritto negli occhi? Lui che non aveva esitato a minacciare una donna per soddisfare i desideri del suo re, non riusciva nemmeno più a mentire ad una bambina... oh, che potere incredibile avevano alle volte gli occhi di una creatura innocente.
- Non lo so- ammise, sfiorando delicatamente la chioma dorata della figlia - Mi dispiace, bambina mia.
La piccola annuì, scorata: non era certo un mistero che il padre non avesse amato soltanto una donna, nel corso della sua lunga vita.
- Ma voi siete mio padre, non è vero?- indagò a quel punto. Certo che era suo padre, che domande! Eppure... eppure c'era qualcosa nel suo sguardo che la faceva tentennare, ogni volta che la conversazione finiva su quell'argomento. Skirnir tacque un solo istante, alla ricerca di cosa dire. Poi sospirò, capendo che la miglior cosa possibile rimaneva comunque la verità.
- Ho assistito ai tuoi primi passi e il mio nome è stato la tua prima parola... quindi sì, sono tuo padre.
Valeska riflettè a lungo su quelle poche parole, mentre un'idea sempre più sconfortante si faceva strada nella sua mente.
- Sapete chi è mio padre? Quello naturale- specificò e potè facilmente leggere i profondi sensi di colpa dietro le iridi celesti del Vanr.
- Non ti bastò più io?- domandò quindi, accennando ad un sorriso tirato che di gioioso non aveva nulla.
- No, non volevo dire questo... non intendevo... voi siete mio padre e lo sarete sempre, ma...- e li non seppe come proseguire senza arrecare altro dispiacere al genitore. Questi, però, dimostrò ancora una volta di conoscere la figlia meglio di quanto lei stessa credesse.
- Ma hai bisogno di sapere, non è vero?- concluse per lei, accennando ad un sorriso meno teso, mentre Valeska annuiva.
- Mi dispiace diverti dire di non sapere qualcosa di così importante ancora una volta. Abbiamo cercato a lungo una risposta, e tutto quel che siamo riusciti a scoprire, grazie ad Heimdall, è che tua madre è una Vanr, mentre tuo padre un Æsir. Devono essersi conosciuti a seguito delle guerra con gli Jotunn, ma non so altro.
La bambina prese un respiro profondo, mentre osservava il padre rialzarsi e, dopo averle porto una mano, riprese a camminare verso la comoda casa dove vivevano. Valeska avrebbe ricordato quel giorno con nostalgia, negli anni a seguire, perché nulla sapeva essere più confortante per lei dello sguardo insolitamente calmo del padre. Lei non poteva saperlo, ma un affilato pugnale era sempre nascosto sotto il caldo poncho dell'uomo, conservato per ogni evenienza: saoeva che un giorno qualcuno sarebbe venuto a reclamare la figlia e lui l'avrebbe impedito, fino al momento in cui lei non sarebbe stata grande abbastanza per decidere da sola.

Angolo autrice:
So che questi due capitoli sono un po' lenti, ma servono per inquadrare la situazione.
Jessica_Lokidottir non temere, il personaggio che stai aspettando arriverà il prossimo capitolo 😉.
🐾

Le rovine di Vanaheim - ValeskaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora