A quanto pareva, Loki provava una perversa gioia nell'osservare suo fratello e i tre stolti che si portava appresso venire inseguiti da un enorme lupo dal manto nero e lo sguardo feroce.
Se ne stava comodamente appoggiato ad un albero al limitare del bosco, ghignando ogni volta che le armi dei quattro trapassavano da parte a parte la bestia senza che questa ne risentisse. Loro non se ne erano ancora accorti, ma uno scintillio smeraldino circondava il corpo dell'animale ogni volta che veniva sfiorato da quelle lame.
Valeska, che quel giorno stava tentando di mantenere un dignitoso profilo civile, camminando tranquillamente nella foresta e fingendo di non avere con sè i suoi fidati pugnali, mandò tutto ai corvi quando uno strano lupo più grosso di un orso si avventò su di lei, con le fauci spalancate e un ghigno feroce dipinto sul muso.
Prima che la mente potesse reagire, il corpo si mosse; uno dei pugnali trapassò da parte a parte il capo della creatura, ma senza sortire alcun effetto: la lama andò soltanto a conficcarsi nel tronco dell'albero appena dietro fino al manico.
Una luce smeraldina ruppe per un istante l'incantesimo e lei fu certa di averla già vista in passato. Ma dove?
-Leif- urlò, voltandosi un istante per cercare con lo sguardo l'amico. Erano insieme, fino a qualche minuto prima, quando questi era misteriosamente sparito nel nulla. Cominciava a temere che gli fosse accaduto qualcosa.
Non si curò più di tanto del lupo che ancora le ringhiava contro, certa ormai che si trattasse solo di un'illusione per lo strano comportamento della lama. E poi, aveva riconosciuto quel tipo di magia: un'illusione.
-Leif- chiamò di nuovo, mentre il lupo ancora la fissava, in attesa di una sua qualsivoglia reazione.
D'un tratto, dal bosco alle sue spalle si mosse qualcosa e lei si volse per capire cosa o chi stesse giungendo; forse proprio il biondo. Ma no, nulla da fare: quel muoversi di frasche era troppo violento e massiccio per trattarsi solo del discreto Vanr. Difatti, dopo poco fecero la loro comparsa il figlio di Odino e tre suoi coetanei, dalle barbe già accennate e le vesti mal ridotte almeno quanto le chiome.
L'animale, nel frattempo, si era seduto, proprio di fronte a lei, e la fissava con quei suoi grandi occhi d'oro.
Non era una sua illusione di certo, ma agitò comunque la mano per farla sparire prima che la vedessero i nuovi arrivati e fece per nascondersi. Quello, però, non appena li scorse si rialzò e balzò in avanti, di nuovo al loro inseguimento, ricominciando quello strambo inseguimento.
Qualcuno, poco distante, si concesse una flebile risata, appena accennata. Quando gli occhi verdi del figlio di Frigga incontrarono i suoi, comprese dove avesse già visto quello scintillio smeraldino: alla staccionata, molti giorni prima.
Non disse nulla, limitandosi ad avanzare fino a recuperare il pugnale senza degnarlo d'uno sguardo.
Solo dopo aver nascosto di nuovo l'arma sotto il mantello lo squadrò velocemente, prima di voltargli le spalle e allontanarsi il prima possibile: la giornata era trascorsa più o meno pacificamente prima del suo arrivo.
Non seppe di preciso come, ma se lo ritrovò affianco poco dopo.
-Bel numero- commentò fra i denti lei, quando comprese che non se ne sarebbe andato tanto presto.
- Lo so- lei roteò gli occhi, ma non commentò.
- Intanto che decidevi come tormentare tuo fratello, hai visto dov'è finito Leif?- l'Asgardiano impiegò qualche istante per capire a chi si stesse riferendo; poi sorrise di sbieco.
- Ti sta cercando. Credo che entro mezz'ora tuo padre avrà raso al suolo la foresta.
- Non sapevo volessi disboscare Vanaheim, quest'oggi- lo rimbeccò. Sapeva che avrebbe dovuto cercare Leif, assicurarsi che non mettesse in allarme gli altri o addirittura Skirnir. Eppure, prima voleva capire perché quello scherzo di cattivo gusto: si era spaventata non poco quando aveva visto le zanne dell'enorme lupi scintillare ad un soffio dal suo viso.
- Perché quella bestia?- indagò quindi, senza smettere di infilare un passo dietro l'altro seguendo un percorso controrto e disorientante, in modo che l'Æsir perdesse il senso dell'orientamento.
-Perché un'altra?
- È un gioco stupido.
- È divertente- ribatté, con un ghigno divertito dipinto sulle labbra sottili.
- Non per me- e di sicuro non per Thor o quegli altri tre, ma non lo disse.
- Te la sei cavata piuttosto bene.
- Non avrei dovuto farlo, se quel coso non mi fosse saltato addosso.
- Non l'ho fatto di proposito.
- Ed io dovrei crederti? La tua nomea è arrivata fin qui, Asgardiano.
- No, non dovresti- poi le scoccò un'occhiata fra lo scettico e il divertito - Solo fin qui? Pensavo almeno fino a Midgard.
- Non montarti la testa, principe di Asgard. Sei furbo, ma ne hai di strada da fare- commentò con un sorriso sibillino che Loki proprio non riuscì ad ignorare. Lei sapeva, glielo leggeva negli occhi. Lei sapeva, ma non gli avrebbe detto nulla, non al momento per lo meno. E lui voleva sapere, sapere cosa una Vanr tanto particolare (e secondo lui tanto dotata) avesse letto nel suo futuro, che lui non poteva scorgere.
- Te lo chiedo di nuovo: perché insisti ad importunare me?- domandò ad un tratto Valeska, fermandosi e incrociando le braccia al petto.
L'Æsir sorrise, di quel suo ghigno divertito, ma non disse nulla e si limitò a riprendere a camminare.
- Ora a destra, non è vero?- domandò quindi, senza badare davvero a dove stava andando, come se sapesse i passi a memoria - Vai sempre avanti nello stesso modo: tre svolte a destra, una mancata e due a sinistra. Ora andiamo a destra, giusto?
La Vanr si morse le labbra e annuì, trattenendo un'imprecazione colorita. L'aveva sottovalutato, errore da non ripetere. Perchè sapeva che non si sarebbe stancato tanto in fretta di tormentare le sue giornate, quindi era meglio prepararsi da subito.
Era un esperto d'inganni, era ovvio che avesse fiutato il suo da subito. Si diede della stolta da sola per non averci pensato.
-Allora, come mai una Vanr ha voluto imparare a combattere?- indagò dopo molti minuti di eterno silenzio.
- Come mai un Æsir ha voluto imparare la magia?- domandò di rimando e, per una volta, una piega sincera mosse le labbra del corvino.
- Mia madre. E tu?
- Mio padre- ammise a sua volta. Non era la verità completa, ma nemmeno quella dell'altro lo era.
Rimasero in silenzio ancora a lungo e Valeska si ritrovò a pensare che, quando taceva, Loki sapeva essere tollerabile.
Non avrebbe voluto rompere quel silenzio, ma subito una voce ben nota la interruppe.
-Valeska- tuonò suo padre, comparendo dagli alberi di fronte a loro con la lunga spada sguainata stretta nel pugno ed un cipiglio battagliero che mai la figlia gli aveva visto in volto.
Non diede segno d'aver visto Loki e, in effetti, quando si voltò per cercarlo, non lo trovò. Era sparito nel nulla, di nuovo.
- Padre- mormorò, testa china e pronta alla sgridata imminente. Sentì un suono rassicurante, di spada che veniva rinfoderata, e poi passi che si avvicinavano.
L'aveva di sicuro fatto preoccupare, senza volere, e ora avrebbe accettato le conseguenze, con tutta probabilità una ramanzina ben colorita. Per sua fortuna, suo padre non aveva mai sollevato una mano per rimoroverarla, mai, ql contrario di troppi altri genitori, anche a Vanaheim. Nonostante ciò, aveva l'incredibile capacità di farla sentire in colpa con un solo sguardo.
Altri passi conciati si fecero avanti alle spalle del messaggero, fermandosi a poca distanza da loro; sentì qualcuno tirare un sospiro di sollievo e, sollevando il capo, non si stupì affatto quando lo sguardo limpido di Leif incontrò il suo.
-Cos'è successo?- indagò Skirnir, e lei non potè ignorare che la sua mano era ancora appoggiata all'elsa della spada. Strano, però, non era quella incantata che suo padre custodiva con cura; ma sul momento non vi badò più di tanto, troppo presa da quel che avrebbe potuto dire senza finire nei guai.
- Solo uno scherzo di cattivo gusto, non dovete preoccuparvi- provò a tagliare corto, sostenendo con faccia di bronzo lo sguardo celeste del messaggero; era preoccupato, sotto l'espressione seria, ed ora Valeska poteva quasi sentire il sangue caldo del genitore ribollirgli nelle vene.
Poi, però, prese un respiro profondo e annuì, facendo cenno a Leif di aspettarli fuori dal bosco.
Le si avvicinò di un poco, braccia incrociate, e si fece mortalmente serio in un istante - Fa' attenzione agli Asgardiani, specie quelli che si fingono amici- l'avvisò.
- E come posso distinguerli da quelli che invece sono davvero in buona fede?
- È facile- asserì il biondo, appoggiandole una mano su una spalla con l'accenno di un sorriso triste - Nessun Æsir viene a Vanaheim in pace.
Valeska si morse le labbra per non ribattere e l'altro, ovviamente, se ne accorse.
- Hai capito?- lei non rispose. Aveva capito quel che intendeva, ma nessuno era giunto da Asgard con piani bellicosi da che lei viveva.
- Valeska- la richiamò - Mi hai capito?
- Sì, padre- capitolò a quel punto. Perché doveva essere sempre tanto diffidente, tanto sospettoso? Erano in pace, perché lui non poteva accettarlo?
Il messaggero accennò ad un altro sorriso, più morbido e più dolce del precedente, e ritrasse la mano dalla sua spalla, prima di incamminarsi fuori dalla foresta con lei al fianco, in silenzio.
Loki, inosservato, aveva assistito alla scena con occhio critico. Aveva ragione quel Vanr, nessun Æsir comprendeva una vita di pace.
Una punta d'ivindia gli pungolò il petto, costringendolo a voltar loro le spalle e dileguarsi nella foresta, fuggendo come un animale ferito: non ricordava una volta, una sola volta in cui suo padre l'aveva guardato con quello sguardo pieno d'amore.
Lì, nell'ombra delle palpebre socchiuse, rivide fulmineo lo sguardo dolce di sua madre, il suo sorriso amorevole e le sue mani che gli accarezzavano i capelli la sera, davanti al fuoco.
Forse, suo padre non poteva rivolgergli amore perche sua madre l'amava già più del dovuto; forse si erano divisi gli affetti, i due Æsir: un figlio a testa, da accudire e lodare, da portare sulla retta via e aiutare a non cadere nell'oscurità.
Dopotutto, non si sentì così sforfunato: se lui non poteva avere uno sguardo pieno d'orgoglio da parte di Odino, poteva esser certo che da sua madre sarebbe sempre arrivata una parola dolce.
Lei no. Valeska, che suo padre guardava con quello sguardo protettivo e pieno d'amore che in un primo momento le aveva invidiato, non avrebbe potuto dire altrettanto. Aveva chiesto alla gente del posto, aveva cercato nella biblioteca del palazzo dorato, ma nessuno avrebbe saputo dare un nome o un volto alla madre della Vanr. E di sicuro nemmeno lei.
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Le rovine di Vanaheim - Valeska
FanfictionVanaheim viene presentato come un luogo di vaste foreste, campi e pianure, ove dimorano i Vanir, abili stregoni capaci di predire il futuro; sappiamo che in questo reame un tempo si ergevano immensi palazzo, alti quanto montagne, ed enormi città, vi...