4. Miele

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🟥4/5
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Sesso esplicito, linguaggio scurrile, accenni PTSD, depressione

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Nell'aprire gli occhi, Mikey venne pervaso dall'olezzo acre del fumo.

Ne riconosceva l'odore perché anche lui aveva preso il vizio di fumarne qualcuna, di tanto in tanto.
Draken gli mancava sempre più e ogni mattina che si svegliava solo nel loro letto gli sembrava che tutto ciò che avevano avuto non fosse mai esistito come una nuvola temporalesca passeggera che finito l'acquazzone scompare.

Draken era sparito da un giorno all'altro, lasciandolo in balia dei suoi sentimenti e del suo cuore che continuava a perdere cottone come un pupazzetto bucato. Si era spesso chiesto come sarebbe andata se non gli avesse sputato quelle cose addosso come fosse stato veleno, come se così facendo avrebbe potuto proteggerlo dalla rete di bugie che gli aveva minuziosamente ricamato attorno. Era una vera e propria vedova nera che si approppiava del suo corpo, che gli prosciugava il sangue e infine gli staccava la testa. Lo aveva avvolto con le sue spire fino a fargli credere che il mondo fosse solo la sua pelle scura, la sua anima lugubre.

Gli aveva asciugato la sua essenza addosso, facendo delle sue lacrime il suo profumo preferito, dei lamenti i gemiti che avrebbe potuto emettere, dei singulti i suoi suoni più frequenti. Aveva sempre pensato che lo avrebbe fatto morire con le sue unghie conficcate nel collo e il suo respiro mischiato alla bocca di lui. Non aveva mai voluto fargli del male, voleva solo proteggerlo dal male che lui stesso aveva imparato a dosare come uno sciroppo che preso in dosi eccessive lo avrebbe portato a peggiorare.
Cercava di farlo sopravvivere, di coprirgli la visuale sulla parte più oscura del mondo, metteva il suo corpo davanti al suo come un tappeto indiano e gli permetteva di camminare per aria, sospeso tra illusione e realtà. Gli accarezzava le guance quando dormiva, giocava con le sue dita quando si svegliava.

Non avevano avuto altro. Momenti fugaci, fragili occasioni volate via come un foglio di carta spostato dal vento. Erano l'uno la spina dell'altro, l'un l'altro la propria debolezza e la loro riserva di coraggio.
Talmente legati che i loro cuori scandivano lo stesso ritmo ormai, così avvinghiati che i polmoni avrebbero potuto prendere a funzionare in sincrono, alterandosi; se sopravviveva uno per l'altro sarebbe stato lo stesso.
Era un legaccio il loro, avvinghiato stretto contro le loro carni fino a creargli squarci nella pelle quando uno dei due provava a liberarsi da quella presa che li teneva insieme come due mazzi di fiori stretti da un fiocco di plastica.

Erano confezioni che viaggiavano nello stesso bagaglio, masse di fegato indissolubili, una consuetudinaria routine da svolgere come una lista. Erano sangue ed emoglobina e respiro e anidride carbonica. Si infiammavano e bruciavano allo stesso ritmo, piangevano e strillavano e poi facevano pace cercandosi con le dita e avvinghiandosi le braccia addosso.

Gli mancava come un organo. Gli mancava come una sostanza della quale era diventato dipendente come da abuso, si era conformato alle sue ossa ed era penetrato nel tessuto epidermiale, nelle sue cellule mitocondriali, nel grasso aggrappato alle legature.

Come si faceva a liberarsene?
Come faceva a tornare a respirare senza immaginare il suo odore di spezie e cuoio? Era vissuto per una vita col suo respiro accanto, condividendo lo stesso cuscino, bevendo dalla stessa bottiglia. Si erano scambiati il meglio e il peggio, si erano amati e odiati, graffiati, scheggiati con i loro pezzi esplosi, si erano cercati come gemme tra carbone, si erano assorbiti il respiro pur di tornare a galla.
Eppure, erano affondati insieme, perché per quanta distanza avrebbero potuto mettere l'uno dall'altro, i loro corpi non avrebbero mai mentito. Stretti com'erano nelle loro pelli, nelle corazze che si erano scandagliati addosso, al sicuro nei palazzi che si erano eretti attorno all'anima, non sapendo neanche loro se servivano a proteggersi o a proteggere.

Sex Lessons, Baji x Chifuyu x MikeyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora