5. Per chi resta

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🟥4/5

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(Sesso esplicito, linguaggio scurrile, sangue, PTSD, piccoli accenni di depressione)

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«Non ci credo!» redarguì Mitsuya. Se ne stava seduto accanto al suo Hakkai, entrambi vestiti da capo a piedi con le stoffe cucite da lui stesso, belli e raffinati col bicchiere di whisky in una mano e l'altra addosso al ginocchio del suo ragazzo.

Entrando Mikey fu colto da uno spiraglio di nervosismo, un misto fra la paura e l'adrenalina, qualcosa che gli corrodeva lo stomaco e gli faceva bruciare le ossa in un marasma di sensazioni sconosciute. Era come un disagio, la sensazione di non sentirsi bene nel proprio corpo, nei propri abiti come se fossero stati fatti di spine, troppo aderenti, aggrappati e avvinghiati alla sua carne soffocandogli il respiro, stampandosi contro i muscoli.

«Va tutto bene?».
Chifuyu gli aveva sfiorato la mano, il suo tocco era stato simile a una scarica di corrente contro i suoi nervi esposti; lo aveva riportato alla realtà e gli aveva offuscato i pensieri che come una tempesta di fulmini gli avevano invaso la mente.

Anche Baji gli aveva lanciato un'occhiata di sottecchi, lo sguardo teso, la mano intrecciata a quella del suo ragazzo.

«Sto bene, Chifuyu. Non preoccuparti» mentì, abbozzando un sorriso rassicurante. Non era un sorriso, era più che altro una smorfia distorta.
Ci vedeva sfocato come se stesse vedendo il tutto dal fondo di una bottiglia. Una realta fatta a cerchi, un concentrato di immagini banali e geometriche. Ondulazioni e segmenti arrotondati, osservava lo spirito dar vita a quegli strani personaggi e ne restava sorpreso senza mostrarne alcun segno sul viso.

Chifuyu non replicò, forse troppo assorto anche lui nei suoi pensieri, forse troppo incantato ad osservare il modo in cui Baji invadeva lo spazio e spezzava l'aria circostante.
Si sedettero agli sgabelli di plastica rigida, che davano sul bancone. Mitsuya e Hakkai erano già lì e quando li raggiunsero, gli batterono una mano sulla spalla sorridendo divertiti.

«Non ci credo, amico! L'avete fatto davvero?!» redarguì Hakkai, le guance rosse come una fragola matura, gli occhi sgranati, grandi come quelli di un cerbiatto. Mitsuya li osservava sorridendo, il ghigno di chi la sa lunga.

Di tutta risposta Baji, seduto dopo Chifuyu, abbassò il colletto del maglioncino beige che indossava il suo ragazzo e indicò loro i segni rossastri ancora evidenti e tumidi sulla sua pelle diafana. Pareva una ragnatela di lividi e baci, passione mescolata in colori violenti che ne esprimevano le varie sfumature.
Una tela fatta a pennellate violente e tempestive come se a dipingerlo fosse stato un pittore colto da un raptus.

Mitsuya fece un fischio, la mano poggiata sulla parte bassa della schiena del suo fidanzato, anch'esso leggermente zoppicante.
A Mikey non passò inosservato il modo in cui Hakkai arrossiva come un tulipano ogni volta che Takashi gli sfiorava un lembo di pelle con le sue dita grosse.

«Wow! Raccontate un po'!» insisté Smiley intrufolatosi nel discorso. La solita curva ampia gli sollevava gli angoli della bocca in un caldo sorriso irrisorio.
Chifuyu bonficchiò qualcosa che Mikey non riuscì a capire, poi si rifugiò dietro Baji, lasciando a lui il compito di sbrigarsela con i suoi amici.

Non li stava più ascoltando ormai. Il suo sguardo si era perso lungo la stanza, il suo cervello aveva preso a vagare. Gli capitava spesso di perdersi nei dettagli, nelle pieghe degli abiti, nelle legature delle sedie in vimini. Se ne stava lì con gli occhi soffermi e le dita in grembo, i rumori di sottofondo parevano una sinfonia; lo sbattacchiare della ceramica dei piattini contro il bancone di marmo, il tintinnare delle sedie contro il pavimento, il raspare dei mormorii dei ragazzi, il ticchettare del biliardino. Tutto pareva una colonna sonora, i titoli di coda.

Sex Lessons, Baji x Chifuyu x MikeyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora