Capitolo 11

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ISABEL

Mi sto mordendo le unghie da due giorni. Non faccio altro che farmi uscire il sangue e staccarmi le pellicine. Non sono mai stata così indecisa.

Quando Trevor mi ha chiesto di provare a stare insieme non ero indecisa, ma avevo paura, quando eravamo in tribunale per il processo avevo ansia, ma non avevo dubbi al riguardo.

Ogni decisione, ogni momento difficile, ogni istante è sempre legato a Trev, ma questa volta, questa volta no.

Questa volta...sono maledettamente confusa. Non capisco cosa fare.

In questi due giorni Adam non è mai uscito dalla mia testa e questa cosa mi infastidisce molto. Non riesco a seguire le lezioni all'università, non riesco a stare concentrata a lavoro, non riesco a pensare a Trevor.

Adam è al centro della mia mente e non la voglio questa cosa. Non voglio niente di tutto questo.

In questi due anni Trevor non ha fatto altro che dirmi di andare avanti, di rifarmi una vita. Lui lo avrebbe capito. Non posso dimenticare quello che mi ha detto il giorno del mio compleanno: preferirei vederti tra le braccia di un altro, piuttosto che così tanto triste, sapendo che io sono la causa della tua tristezza.

L'ho aspettato per due anni e ne mancano ancora sette. In questi anni sono stata così triste e così sola. Mi manca la sensazione di avere qualcuno al mio fianco, mi manca la sensazione di protezione quando sono bloccata in un abbraccio, mi mancano quei brividi dopo ogni bacio.

Sono ancora seduta al tavolo e guardo passivamente l'esterno attraverso la vetrata.

Non ho nemmeno diciannove anni e sono già stanca morta. Non faccio altro che chiedermi se un giorno sarà più facile, se un giorno troverò quell'equilibrio che mi aiuterà ad andare avanti.

"Eccomi" dice una voce fin troppo famigliare. "Scusami, ma c'erano un bel po' di clienti" mi dice Christine con il suo solito tono gentile.

"Non preoccuparti. Mi piace stare seduta qui a guardare le persone che passano qui fuori".

Capisce subito che c'è qualcosa che non va. Guarda il mio viso, poi guarda le mie mani. Sono state le occhiaie che mi contornano gli occhi o le pellicine tirate vicino alle unghie a farle capire che sto uno schifo?

"Oh mio Dio. Cos'è successo?" mi chiede.

Mi mordo il labbro inferiore, mentre le lacrime iniziano già a farmi pizzicare gli occhi.

Basta, sono stanca di piangere. Ti prego, basta.

"Ricordi quando sono andata da Trevor e ti ho raccontato di quel poliziotto?"

Christine ci pensa per un istante e poi annuisce.

"L'altro giorno è venuto nella mia libreria. Ha detto che cercava me, che mi aveva cercato in questi mesi perché non riusciva a dimenticarmi. Ha detto che vorrebbe conoscermi e che vorrebbe un appuntamento con me" dico, vergognandomi di dire quelle parole.

È assurdo. Mi sto vergognando di piacere a qualcuno. Mi sto vergognando di aver provocato interesse in una persona che non sia Trevor. Mi vergogno perché mi sembra di averlo tradito. Mi vergogno perché forse, almeno un po', voglio rispondere di sì a quell'appuntamento.

"E tu che cosa gli hai detto?"

"Gli ho ricordato che sto con Trevor e lui ha salvato il suo numero sul mio telefono per darmi il tempo di decidere se accettare o no questo appuntamento".

"Che intenzioni hai?"

"Non lo so, Christine. Non ne ho proprio idea" dico, mentre una lacrima mi riga il viso.

Tutte le notti della tua vita 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora