4. Il ragno sulla cima del mondo

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C'era una volta un ragno molto, molto piccolo, che viveva sulla cima della montagna più alta del mondo, così in alto che neppure la più forte delle aquile l'avrebbe potuto raggiungere, perché le sue ali si sarebbero congelate, e neanche i lupi, gli stambecchi o i corvi arrivavano fin lassù.

A dire il vero, non c'era proprio nessuno lassù, tranne il ragno molto, molto piccolo e la sua famiglia di ragni molto, molto piccoli.

«Vedi» Gli diceva la sua mamma «Tutte le creature vivono laggiù, sotto di noi. Noi siamo i veri re del mondo, perché nessuno può arrivare fin quassù, e da qui noi guardiamo il mondo: puri, intoccabili, le creature più fortunate della Terra»

«Mamma, chi vive laggiù?»

«Oh, creature enormi, grandi mille, duemila volte più di me o di te! Ma non serve a niente essere tanto grande, se qualcuno può dirti cosa fare oppure può mangiarti. Noi siamo liberi, sai? Più liberi di qualunque altra creatura»

«Voglio vederle, mamma»

«Figliolo, tu sei un ragno libero. La nostra tradizione parla chiaro: non posso impedirti di scendere laggiù, fra le bestie che non sono libere. Vai, se è quello che vuoi. Ma ricordati sempre del luogo da cui vieni e fai molta attenzione!».

Così il ragno molto piccolo partì. Ne approfittò di una bella mattinata di sole per sfidare il vento e il gelo, uscì dalla minuscola caverna che era casa sua e iniziò a scendere, saltando di sasso in sasso. Ogni tanto acchiappava un frammento di cibo, che veniva sospinto in alto dal vento, mangiava e poi continuava a scendere. Lui e la sua famiglia vivevano così in alto che non ci vivevano neppure prede, lassù fra i ghiacci perenni! Per questo dovevano aspettare che il vento sospingesse qualche bocconcino strappato alle rocce più in basso, principalmente piccole mosche o alcuni insetti salterini chiamati collemboli.

Cammina e cammina, il ragno molto piccolo vide un animale alato così grande che uno solo dei suoi occhi era più grande del suo intero corpicino di ragnetto: era un'aquila, che stava in piedi su una roccia e si lisciava le penne.

Il ragnetto, che non era abituato ad aver paura di nessuno, si avvicinò all'uccello.

L'aquila neanche si accorse di lui, così lui si schiarì la voce. Poi chiamò. Gridò. Si sgolò, ma era così piccino che l'aquila non lo vide, così si arrampicò su una delle sue ali.

«CIAO! SALVE!» Esclamò, saltellando su e giù sulle penne brune.

L'aquila finalmente si accorse di lui.

«Un ragno! Cosa vuoi, creaturina insignificante?» Domandò il fiero uccello, alzando il becco affilato

«Volevo solo salutare» rispose il ragno molto piccolo, agitando le zampine anteriori

«Tu saluti me? Ah! E c'era forse bisogno di attirare la mia attenzione? Io sono l'aquila, sai! Vivo più in alto di qualunque creatura al mondo»

«Ma veramente io...»

«Vattene, o ti taglierò con il mio becco. Sono molto più forte di te!».

Il ragno molto piccolo sapeva quando non era il caso di insistere e scese dalle ali dell'aquila, proseguendo nel suo cammino. Sperava di incontrare un animale che fosse un po' più gentile e meno superbo, qualcuno con cui parlare per scoprire com'era il mondo laggiù, dove il ghiaccio non ricopriva tutto e dove c'erano le piante.

Cammina cammina, vide il paesaggio cambiare, i licheni e i muschi che comparivano sulle rocce, i primi fili d'erba verde, poi incontrò un animale enorme che camminava su quattro zampe, un gigante che gli pareva immenso, ancora più grande dell'aquila e coperto di una folta pelliccia grigia e bianca a macchie: un leopardo delle nevi.

Il Ragno che Tesseva RaccontiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora