2. La rana e la tarantola

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C'era una volta una rana che aveva paura di tutto. Era piccola piccola e grigia, non aveva lunghi artigli, né denti affilati, anzi di denti non ne aveva proprio e mangiava solo moscerini, formiche e altre prede minuscole, usando la sua linguetta appiccicosa per catturarle.

Nella giungla in cui lei viveva, però, c'erano migliaia di animali che volevano mangiare lei: uccelli con artigli affilati, gatti selvatici dai denti appuntiti, serpenti le cui spire potevano stritolarla in un men che non si dica. La rana, perciò, aveva paura di ogni ombra.

Ah, le foglie si muovevano! Poteva forse essere un grande felino pronto a balzare? E invece no, era solo il vento. Ah, ma cosa stava uscendo dalla terra, un mostro? E invece no, era solo una talpa un po' stordita che aveva sbagliato strada.

«Signora rana, sa per caso dove si trova il ballo di primavera? Mio cugino Momo mi ha detto di girare alle radici del grande pombo, ma mi sono ritrovata nel quartiere dei serpenti neri e non mi sembra un posto molto adatto ad un ballo di talpe» Disse l'animaletto, strizzando i minuscoli occhi neri, che sembravano due capocchie di spillo.

Ma la ranocchia, terrorizzata, era già scappata via e si era nascosta sotto una foglia.

«Che modi!» Esclamò la talpa, poi si rituffò sottoterra.

La ranocchietta affacciò tremante da sotto la foglia. Quella talpa aveva detto "quartiere dei serpenti neri"? Non andava affatto bene: non aveva affatto voglia di stare vicino ad un posto del genere!

Quando hai paura di tutto, un ramo a terra può benissimo trasformarsi per te in un serpente pronto a scattare e un paio di bacche lontane negli occhi gialli di un predatore, perciò il povero animaletto fece tutta la strada con il cuoricino che batteva forte, nascondendosi e saltando per evitare di incontrare anima viva.

Improvvisamente, però, si imbatté in una lunga fila di formiche, che facevano avanti e indietro da un grande buco nel terreno.

"Fa proprio al caso mio" Pensò la ranocchia tutta contenta. Tutto quel camminare e nascondersi le aveva fatto venire una fame da lupi, e le formiche erano proprio il suo cibo preferito!

Fu così che, seguendo quella scia di insetti (che era per una rana l'equivalente di quel che sarebbe per un bimbo seguire una scia di caramelle gommose), la ranocchietta si infilò dentro quel grande buco nel terreno e si riempì la pancia fin quasi a scoppiare.

Ah, che sensazione magnifica!

In quel posto scuro e fresco si sentiva al sicuro dai pericoli e dalla fame, avendo mangiato a sazietà. Cosa ci poteva essere di meglio? Così pensava la rana, finalmente un po' più rilassata, quando si accorse che qualcosa si era avvicinato all'entrata del buco e aveva tutta l'intenzione di entrarci.

Aveva otto zampe pelose e robuste, nere come la notte, e gli occhi tondi e scuri nel faccione bruno da cui spuntavano formidabili armi, chiamate "cheliceri", che sono come zanne curve. Era una tarantola! E di quelle veramente grandi: la rana era così piccola che, standole a cavalluccio sulla schiena, non sarebbe riuscita neppure a coprirle tutto il dorso.

"Sono spacciata" Pensò la rana.

Era così spaventata che non riuscì a muoversi, neanche quando quello che per lei era un mostro le si avvicinò e la sollevò da terra con le due zampe davanti, con calma. La rana era convinta che davvero, stavolta, sarebbe stata la fine per lei.

Invece, dopo averla girata e rigirata un po' e averla avvicinata alla bocca come se avesse voluto mangiarla (ma senza farlo), la tarantola borbottò tra sé e sé: «Ah, no, non va», e la rimise giù.

La ranocchietta, scossa da quel trattamento inaspettato, non osava muovere un muscolo. Cosa ne sarebbe stato di lei adesso? Cosa le avrebbe fatto quel grande ragno?

Il Ragno che Tesseva RaccontiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora