CAPITOLO 6

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Vederla di nuovo mandò in tilt il mio sistema nervoso. Quella strana creatura mi torturava da settimane apparendo nei miei sogni più bizzarri o semplicemente nei pensieri banali di ogni giorno. Mi guardava, quasi mi implorava con lo sguardo di ucciderla subito, di porre fine alle mie angosce e probabilmente anche alle sue. La mia katana avrebbe gradevolmente accettato l'invito, bruciava al solo immaginare una tale soddisfazione.

-Ancora tu?- ringhiai avvicinando la lucida lama alla sua pelle schifosamente pallida e perfetta -ti ho risparmiata una volta e non ho intenzione di ripetere un simile errore!.-

Alzai il braccio, pronto a colpirla ma qualcosa si ancorò saldamente ad esso bloccandolo a mezz'aria.

-Xander, sei impazzito?- la voce di Eve sovrastò il singhiozzare incessante e terribilmente fastidioso della creatura di fronte a me. Teneva la testa bassa, i capelli scuri con leggere sfumature dorate alle punte le nascondevano il viso colmo di lacrime, i pugni stretti ai lati dei fianchi, le spalle tremanti a causa del pianto. Se non fosse stata uno schifoso angelo, l'avrei quasi definita fragile e indifesa. Se non fosse stata un angelo.

-Senti la sua puzza, Eve!-

Eve inspirò, chiudendo gli occhi e lasciando che quell'odore le stuzzicasse l'istinto assassino da Guerriero. Li riaprì poco dopo con una strana espressione sul viso.

-C'è qualcosa di diverso, non ho mai sentito una puzza così... pungente- mi guardò confusa, forse in attesa di un mio assenso o diniego.

-Exactement! Per questo motivo dobbiamo farla fuori, ora!- sfoderai nuovamente la mia katana ma venni nuovamente fermato.

-Merde, Eve! Ma che ti prende?- m'infuriai.

-Portiamola da Abraham, lui avrà già avuto a che fare con varianti simili-

Acconsentii, seppur con estrema riluttanza e strinsi violentemente il polso della creatura bastarda, strattonandola verso il blindato. Se solo avesse provato a scappare sarebbe bastato un leggero colpo della mia Kenji a metterla al tappeto. Mi ritrovai, stranamente, a desiderare ardentemente una sua fuga. Montai al volante della Lince color cenere poco dopo aver assicurato il mostro al sedile posteriore. Il tragitto fino al nostro quartier generale fu breve e silenzioso, ma la tensione rendeva l'aria pesante e irrespirabile. Più volte fui costretto a osservare il suo viso spaventato dallo specchietto retrovisore, solo per mettere a tacere il mio senso di pericolo. Tutto e niente sembrava sospetto in lei: singhiozzava, poggiava la testa sul vetro del finestrino, chiudeva gli occhi e riprendeva a singhiozzare. Nulla di speciale se a fare ciò fosse stata una semplice ragazzina in ostaggio, ma questo non era di sicuro l'atteggiamento di un terribile e pericoloso angelo. Più volte mi interrogai sul perché non urlasse o si preparasse ad attaccare. Furono molti i momenti in cui rischiai di andare fuori strada per lo spavento causato da un suo starnuto o colpo di tosse. Gli angeli prendevano l'influenza?

Decisi di accantonare questo stupido interrogativo e concentrarmi sulla strada. Appena prima di intravedere la struttura abbandonata, lanciai un'occhiata ad Eve che bendò la creatura e la trascinò fuori dal veicolo. Nel frattempo parcheggiai il mezzo ingombrante nel viottolo sul retro. Avevo uno strano presentimento: era innegabile il fatto che quella creatura mi destabilizzava come nessun altro aveva mai fatto, e averla a pochi centimetri da me e dal resto della squadra di certo mi rendeva più teso di una corda di violino. Non avrei garantito molta protezione in quello stato.

Sfregai nervosamente i palmi delle mani e mi diressi verso il cantiere. Il silenzio che circondava l'intera zona mi allarmò ulteriormente. Tirai un forte sospiro e abbassai lentamente la maniglia del portello d'entrata, che lasciò uscire il familiare odore di calcestruzzo.

L'amore ha un paio d'aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora