CAPITOLO 4

318 15 1
                                    

Correvo, preceduto dalla figura snella di Eve, attraverso quel vicolo scarsamente illuminato. L'intera squadra era in fibrillazione e le mie mani fremevano dalla voglia di fare a pezzi qualche angelo. Voglia che sembrava posarsi direttamente sul Sacro Acciaio della mia katana.

Sfrecciavamo un accanto all'altro, fondendo le nostre auree e facendo sfiorare i nostri corpi.

Poi un sibilo, appena udibile, strisciava lentamente attraverso il nostro udito. Scattammo sull'attenti e i nostri sensi da Guerrieri si affinarono.

Dov'era finito?

Secondo le notizia giunte ad Abraham, ci trovavamo in mezzo ad una sorta di "Riunione degli Anziani" o roba simile. Quelle creature tramavano qualcosa e si riunivano in gruppi sempre più numerosi, in posti sempre più nascosti. Nessuno conosceva il loro piano. Era tutto segreto, come in una sottospecie di massoneria angelica. Ci scambiammo un'occhiata veloce e ci sparpagliammo. Quel posto era ricco di cunicoli e stretti viali senza alcun genere di illuminazione. Portai con me i due gemelli, lasciando Eve nelle mani di Abraham.

Ci muovevamo lentamente attraverso quei vicoli bui e spaventosi, scalciando di tanto in tanto ciottoli solitari. Soltanto il gocciolio insistente dell'acqua ci guidava.

Esaminai mentalmente nei dettagli l'oggetto della missione. Distruggere il Consiglio e sventare ogni forma di attacco. Ma, tuttavia, irrompere nel bel mezzo di quella riunione sarebbe stato un vero e proprio suicidio. Avremmo dovuto armarci di pazienza e aspettare la fine del congresso.

Non avevamo un vero e proprio schema di attacco. Avremmo improvvisato. Come sempre, del resto.

Senza rendermene conto ero arrivato sotto l'unica finestra illuminata. Una candida luce bianca fuoriusciva dai vetri luridi abbastanza forte da proiettare ombre disparate sul muro di fronte. Richiamai l'attenzione dei gemelli e con un filo telepatico, intercettai gli altri due. Fortunatamente non erano molto lontani. Ci raggiunsero poco dopo e insieme improvvisammo un piano: avremmo atteso la loro uscita, Eve ed Abraham li avrebbero attirati nella loro direzione mentre io e i gemelli avremmo sferrato un attacco a sorpresa alle loro spalle.

Nessun piano B. Unica possibilità.

Fummo scossi da bisbigli sommessi provenienti dalla finestra di legno sulle nostre teste. Decisi di andare a controllare. Mi arrampicai sulla lunga grondaia laterale per poi atterrare elegantemente sul cornicione. Erano tutti lì, in quel soggiorno distrutto. O comunque, ciò che ne restava. Quella casa doveva aver avuto un incendio abbastanza vasto alle sue spalle. Le pareti nere erano illuminate dalla luce bianca emanata dagli esseri alati lì presenti. Otto sedie messe a semicerchio, erano l'unico arredo presente in quella lugubre stanza.

Una sedia per ogni angelo.

D'improvviso la luce cessò e io fui costretto a nascondermi, spalmandomi contro il cemento freddo della facciata. Un lieve fruscio fu accompagnato da un lento strisciare di sedie sul logoro pavimento, segno che i presenti avevano preso posto.

Mi sporsi leggermente a guardare.

-Bastardi- mormorai fra me e me.

Avevano assunto forma umana, occupando ovviamente corpi presi in prestito. Altre otto vittime cadute nelle loro mani.

Un rantolo basso uscì dalla mia bocca.

-Non mi sembra una cosa fattibile, Uriel-

Le voci basse e concitate giunsero al mio udito e non potei are a meno di ascoltare.

-Grande Caliel, lascia che me ne occupi io!-

Un'altra voce, più giovane della precedente e con una lieve sfumatura di superbia.

L'amore ha un paio d'aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora