L'altro lato

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Thess entrò in camera lanciando lo zaino sul letto. Era arrabbiata, sua madre l'accusava di aver raccontato una bugia, una delle sue, e che per colpa di quella stupida trovata ora avrebbe dovuto fare degli straordinari a lavoro. Non era intenzione della bambina causarle ulteriori problemi ma quel dolore acuto alla testa iniziato la sera precedente non sembrava voler cessare. Sapeva in quali problemi finanziari versava la madre e non era tanto immatura da sostenere di stare male per marinare la scuola e farle perdere tempo. Divisa tra due lavori part-time, l'unico genitore rimastole era spesso assente da casa lasciandola sola a occuparsi di se stessa. Pur avendo solo nove anni Thess era cresciuta in fretta, perdendo l'infanzia giocosa dei bambini comuni ma acquistando un forte senso di responsabilità, un'attitudine che la madre non voleva scorgere in lei considerandola alla stregua di tutte le piagnucolose compagne di classe che frequentavano la sua scuola.

L'atteggiamento della donna era dovuto agli strani e numerosi eventi che accadevano intorno a Thess e alle continue e fantasiose storie con cui la figlia tentava di spiegare lo spostamento o la rottura di alcuni oggetti presenti nella casa. Inoltre la bambina dichiarava di vedere delle cose strane, il più delle volte persone che non erano visibili a nessuno all'infuori di lei. Evidentemente satura di storie inventate, quel giorno, non credendo alle scuse accampate dalla figlia, decise di metterla in punizione. Dopo averla accompagnata a casa e averla sgridata per bene, sua madre uscì sbattendo la porta per tornare al lavoro. Thess si ritrovò sola e, guardando l'orologio in cucina, si rese conto che era ora di pranzo. Sbirciò il piano cottura e la credenza alla ricerca di qualcosa di pronto da poter mangiare ma, delusa, distolse immediatamente lo sguardo puntandolo al frigo, che aprì sbuffando e in cui, dietro a delle uova e del burro di arachidi, individuò del formaggio cheddar e degli affettati con cui farsi un panino. Dopo aver aggiunto della salsa e aver terminato i preparativi per il suo misero pasto si diresse nuovamente in camera dove ricoprì con le lenzuola il letto su cui aveva lasciato lo zaino. La testa le pulsava a ondate rendendole difficile pensare e muoversi, decise così di posare il piatto sul materasso e di sedersi sul letto per riposarsi.

Non riusciva a credere che sua madre pensasse che lei fosse una bugiarda. Per quanto poco chiari, i fenomeni che si verificavano in sua presenza erano un fatto certo, che la madre li riconoscesse o no. Tutto era cominciato durante la sua infanzia, durante la quale Thess capì presto di essere diversa, di poter scorgere cose invisibili ad ogni altro: piccoli frammenti, differenze che non concordavano con il mondo che sarebbe dovuto essere intorno a lei. Aveva cercato di ignorare tali eventi quando possibile, ma più cresceva più questi sembravano aumentare di numero e di intensità. Ormai accadevano quasi ogni giorno, in concomitanza con un forte e improvviso mal di testa che, solitamente, spariva in pochi minuti o, al massimo, ore. Il dolore intenso che provava a intermittenza dalla notte prima indicava che qualcosa stava accadendo, che quel mal di testa era diverso.

Fisicamente provata ed emotivamente abbattuta si convinse a strappare qualche morso al panino nella speranza che, mangiando, si sarebbe sentita meglio. Allungò la mano per afferrare il panino quando un dito toccò la salsa, sporcandosi. Come gesto spontaneo lo ritrasse per leccarlo e percepì un gusto diverso da quello che si aspettava, la sua bocca pizzicava come se avesse appena assaggiato della crema al peperoncino. Confusa, pensò di essersi sbagliata, di aver condito il panino con un'altra salsa, dato che, da sempre, detestava ogni cibo piccante. Per essere sicura dell'errore diede un morso al panino e si accorse che era perfettamente come lo aveva preparato. Continuò a mangiare finché non sentì nuovamente un sapore sgradevole. Allontanò il panino da sé e vide un ulteriore morso comparire accanto al suo, leggermente più grande e profondo. Non riuscendo a spiegarsi l'evento, Thess non smetteva di fissare le fette di pane poco distanti da lei. La testa era silente, il dolore era svanito in un solo momento. Appena se ne rese conto si sentì strana: il respiro era lento e la sua attenzione si spostò dal panino alla stanza che pareva pervasa da un energia particolare. Gli oggetti intorno a lei erano quelli che conosceva, eppure, alcuni di loro non combaciavano per forma o colori a quelli che sapeva appartenere alla propria stanza. La camera iniziò a vibrare, quasi scossa da fremiti, la lampada sul comodino iniziò ad accendersi e a spegnarsi ripetutamente seguita dal televisore che, da solo, si era attivato passando da un canale all'altro. La porta si muoveva da sola, un momento era aperta come lei l'aveva lasciata e un momento dopo appariva chiusa, senza aver compiuto però il tragitto necessario. Sul pavimento erano comparsi dei giocattoli che non aveva mai visto, robot e soldatini di plastica erano sparsi accanto al suo letto. La coperta su cui era seduta non era più verde, ma blu scura.

Thess non aveva idea di cosa stesse succedendo, era catturata dallo scorrere degli eventi, un osservatore incapace di intervenire in ciò che stava accadendo. I poster sulla parete erano diversi, presentavano lo stemma una squadra di football cittadina. Improvvisamente, l'intero ambiente divenne scuro, e l'attenzione della ragazza venne catturata dalla finestra, da cui non proveniva più alcuna luce, dalla quale poteva vedere delle nuvole coprire il sole. In quel preciso istante un'intensa scarica di dolore le trafisse la testa, facendola urlare. La luce tornò a illuminare l'ambiente, la lampada si spense e i poster, i giochi ed ogni forma estranea alla stanza svanirono per un istante. Costretta a chiudere gli occhi nel tentativo di resistere al dolore Thess non si rese conto di cosa stava succedendo. Quando riprese il controllo di sé aprì gli occhi e vide una forma indistinta in piedi davanti a lei che cercava di spegnere la televisione. La sagoma umanoide risultava priva di alcuni particolari, quasi fosse sfocata, la bambina intuì si trattasse di un essere piccolo, alto poco più di lei. Dopo pochi secondi quella strana ombra scomparve, lasciando al suo posto un alone trasparente. Appena il tempo di sbattere le ciglia e il miraggio scomparve del tutto. La camera ritornò calma e i tremori cessarono. Esausta si guardò intorno e capì di essere in un'altra stanza e, accanto a lei, vide un bambino accovacciato all'angolo della parete alla sua destra, che piangeva sommessamente.

"Chi sei?" chiese la bambina.

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