Padre

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U2, il gruppo preferito da suo padre. Ricordava ancora il giorno in cui, per la prima volta, gli aveva fatto ascoltare la band.  

"Una raccolta dei decenni 80 – 90. Le più belle canzoni per cui vale avere le orecchie."

Così aveva detto suo padre; e, mentre lo diceva, ci credeva davvero. Lui sorrise al suo pensiero. Continuò a rispolverare quel ricordo, come scorrendo un video impresso chiaramente nella sua memoria: erano in macchina e suo padre guidava verso la casa al mare. Mentre le note di Where the streets have no name uscivano dalle casse acustiche, lui si sentiva bene. Le orecchie erano occupate ad ascoltare, la mente impegnata ad apprezzare la melodia.

Si fidava di suo padre. Lo considerava un maestro, talvolta  un po' distratto, ma che risolveva sempre i problemi, andando dritto all'obbiettivo che si era prefisso. L'idea che quelle fossero le sue canzoni preferite gli piaceva. Lo percepiva come un passaggio di staffetta. Quel pensiero lo fece sentire strano. Era giusto del resto, essendo suo figlio doveva ricevere il suo sapere e sfruttare i suoi insegnamenti per vivere e, poi, imparare da sé. In quel piccolo gesto avvertiva il potere dell'umanità. Le generazioni passate erano anche in quella piccola cosa, chiamate canzoni.

La traccia musicale proseguiva e lui era ormai sempre più preso emotivamente. Sentiva una musica differente da quella che aveva ascoltato sinora. Una musica vera: vera chitarra, vera voce e vere parole. Capiva quasi tutto il testo, la voce del cantante era intonata, piacevole e decisamente coinvolgente. D'istinto gli veniva da cantare, quasi conoscesse già le parole. Si accorse di non essere il solo a provare a seguire l'artista. Suo padre cantava con voce bassa e acuta, visibilmente senza abilità. Lui era negato quanto il padre, ma qualcosa ereditato dalla madre non lo faceva stonare. Il tutto era orecchiabile e, per merito del cantante, il trio poteva restare unito. Non conoscendo le parole delle strofe, seguiva a malapena la canzone canticchiandone il ritmo. Continuarono così per un po' e, dopo qualche minuto, la canzone era finita. Impaziente di mettere il pezzo forte, suo padre selezionò, a suo dire, la canzone più bella che avrebbe mai potuto ascoltare.

With or without you. Un brano lento, che iniziava con chitarra e basso. La voce del cantante subentrava dopo l'intro con tonalità dolce ed invitante. Invogliava ad ascoltare. A poco a poco, altri strumenti si univano a formare una melodia sempre più completa e perfetta. Era tutto un montare: la carica saliva, esaltante, impossibile non rimanere emotivamente coinvolti. Le parole erano ora un urlo trattenuto: si stava eccitando. Suo padre era sul punto di esplodere. Dopo pochi istanti, ecco la liberazione nell'epilogo della canzone. Le parole più lunghe, il ritmo sempre più incalzante, poi il with or without you, sentito, reale e denso di significato. Con te o senza di te, appunto. Lui non poteva vivere; lo sentiva anche il ragazzo grazie alla bravura del cantante. La chitarra continuava riprendendo la musica iniziale, ma aggiungendo qualcosa di altrettanto significativo. In un certo senso, era come riscoprire qualcosa di antico: altri tempi, altre storie. Pochi anni di distanza per molti, un'eternità per chi era nato in quest'altro mondo. Era bello affacciarsi su questo universo; era felice di quella finestra, di quel ponte di affetto paterno.

Proprio come era arrivato, quel ricordo svanì all'improvviso, eclissato nella sua mente dal buio oppressivo del presente, ricacciato negli scaffali dedicati alla malinconia.

La canzone casuale nell'ipod scorreva, come le lacrime dai suoi occhi, colpevole di aver ridestato improvvisamente quel ricordo. Il nome del brano arrivò alla sua mente solo dopo quel tuffo nel passato. With or without you: con o senza di te. Il cantante mai stanco di ripetersi iniziava l'esplosione finale e così il suo cuore si riempiva di tristezza, incorniciata dal dolce gusto della malinconia. Ora doveva stare senza di lui. La canzone rispecchiava solo a metà la sua verità. Era senza di lui, ma non era solo. La tristezza era lì, accanto a lui, insieme a suo padre ed a quello che aveva acquisito da lui, i suoi consigli, i suoi ideali tramandati, la sua forza interiore, la sua capacità di fronteggiare le più diverse difficoltà. Avrebbe usato tutto questo per affrontare la vita che gli si stagliava all'orizzonte, un'infinità curva di ostacoli, apparentemente impossibile da superare. Non importava, non avrebbe ceduto: avrebbe proseguito in avanti, consapevole di essere sempre guidato dal padre grazie ai suoi insegnamenti. Si infuse le membra di coraggio e decise che era tempo di tornare tra gli altri vestiti di nero. Il suo discorso era atteso e lui ora aveva la forza di parlare. Si asciugò le lacrime e, muovendo un piede dopo l'altro, andò incontro a sua madre e ai suoi fratelli, le persone che più amava e che adesso era suo compito proteggere.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 09, 2015 ⏰

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