Casa mia, adesso, è una villetta a schiera di due piani in Station Road, a circa mezzo chilometro dalla mia vecchia vita. I treni hanno smesso di passare da Wellow nel 1956, ma in fondo alla strada c'è ancora il vecchio edificio della stazione che qualcuno ha trasformato in una lunga, stretta casa con una veranda coperta in corrispondenza della banchina.
Le rotaie sono state rimosse molto tempo fa, ma è possibile tracciare il percorso della linea ferroviaria fino a un viadotto in mattoni rossi con un arco grandioso, che è il simbolo del paese.
Il mio appartamento è più buio di una caverna, perché le finestre sono minuscole e le stanze piene di sbiaditi tappeti orientali, tavolini traballanti e mobili da vecchia signora. Quando dormono da me, Charlie ed Emma devono dividere una camera ma Emma spesso s' infila nel mio letto, costringendomi a spostarmi sul divano al piano di sotto perché la sua temperatura corporea è pari a quella della fusione nucleare. Non mi scoccia dormire sul divano. Posso guardare film la sera tardi o sport sconosciuti che mi sembrano privi di ogni regola.
Ci sono tre messaggi nella segreteria. Il primo è di Bruno Kaufman, il mio direttore superiore all'università:
Joseph, vecchio mio, ti volevo solamente ricordare la riunione del corpo docente di giovedì. Peter Tooley vuole tagliare il corso di laurea specialistica. Dobbiamo impedirglielo. Chiamami.
Bip!
Secondo messaggio. Charlie:
Vieni a prendermi tu? Ricordati che abbiamo le prove. Ehi, senti questa barzelletta. C'è una teglia di muffin che stanno cuocendo nel forno e un muffin dice all'altro : Accidenti, qua sta iniziando a fare caldo. E l'altro muffin dice: Cristo santo! Un muffin parlante.
Ride sguaiatamente.
Bip!
Il terzo messaggio è di mia madre, per rammentarmi che la prossima settimana è il compleanno di mio padre:
Ti prego, non mandargli altro whisky. Sto cercando di convincerlo a bere di meno. Ah, mi ero quasi dimenticata, non indovinerai mai chi ho visto a Cardiff la settimana scorsa. Cassie Pritchard. Ti ricordi di Cassie? Abbiamo fatto una vacanza nel Lake District assieme ai Pritchard quando avevi quattordici anni. Tu e Cassie andavate così d'accordo...》
(Se la memoria non m'inganna,Cassie Pritchard mi spinse giù da una barca a remi e per poco non morii di polmonite.)
....Quella poverina si è separata dal marito, con un divorzio travagliato. Adesso vive da sola. Ho il suo numero di telefono. Dovresti chiamarla. Tirarle su il morale. Spero che le bambine stiano bene. Dà loro un abbraccio da parte mia.
Bip!
Premo il tasto di cancellazione. Attendo il segnale acustico. Il contanastro si azzera.
Guardo l'orologio. Non sono ancora le dieci. C'è ancora tempo per una passeggiata notturna fino al Fox and Badger, il pub del paese. Dopo aver preso il cappotto,esco di casa e svolto nella via principale.
Qualche minuto dopo, apro la pesante porta. Sento il tanfo delle esalazioni di birra. Il pub è rumoroso e animato, pieno di corpi goffi e facce arrossate. Gente del posto. Clienti abituali. Riconosco gran parte di loro , pur non sapendo i loro nomi. C'è un caminetto enorme, con un forno a legna squadrato e fascine appena tagliate impilate accanto. Uno di fianco all'altro sopra al focolare, gli animali emblema del pub, la volpe e il tasso (soltanto le teste), scrutano tristemente lo svolgersi degli eventi.
Un caminetto più piccolo nella sala interna ha una coppia di fagiani e una targhetta che recita: PERCHÉ NON SPARARE AI VILLEGGIANTI, QUANDO SI APRE LA STAGIONE TURISTICA?
Cinque o sei giovani si sono impossessati di un angolo della sala, sotto una sfilza di decorazioni luminose e ai fagiani. Alcune ragazze, in jeans aderenti e top corti, sembrano minorenni. Delle Bratz cresciute.
Il proprietario drl pub, Hector, solleva lo sguardo e mi versa un whisky. Un bicchiere non fa mai male. Mi metterò a dieta da domani. Facciamo vedere al signor Parkinson chi comanda.
Hector è il presidente ufficioso del club dei divorziati locale, che si riunisce nel pub una volta al mese. Non sono uno che aderisce volentieri a questo genere di iniziative e, dal momento che tecnicamente non sono divorziato, ho evitato gran parte delle riunioni, però gioco nella squadra di calcio degli ultracinquantenni. Siamo in quindici: un numero che consente sostituzioni frequenti e previene infarti. Io gioco in difesa. Terzino destro. Lascio che siano i più veloci a giocare davanti. Mi piace di più pensarmi nel classico ruolo di libero, che fa filtrare lunghi tiri di precisione oltre la difesa. Abbiamo dei soprannomi. Io sono noto come lo Strizzacervelli, per ovvie ragioni. Mani è il nostro portiere, un pilota in pensione che ha avuto un tumore al cervello, e il nostro attaccante di prim'ordine, Jimmy Monroe, è soprannominato Marilyn(ma non in sua presenza ). Sono tipi in gamba. Nessuno mi damanda della mia malattia, che risulta piuttosto evidente da certi miei tiri sbagliati. Dopo la partita, curiamo i nostri lividi al Fox and Badger, condividendo storie personali del genere non confessionale. Siamo uomini.
Finisco la birra e ne prendo un'altra, sorseggiandola con tutta calma. Alle undici Hector segnala che è arrivato il momento delle ultime ordinazioni. Il mio cellulare sta vibrando. È Julianne. Mi domando cosa stia facendo a quest'ora tarda.
Premo il tasto verde e cerco di dire qualcosa d'intelligente. Mi interrompe.
《Vieni subito qua! Si tratta di Sienna. C'è qualcosa che non va! È coperta di sangue!》
《Di sangue?》
《Non sono riuscita a trattenerla. Dobbiamo trovarla.》
《Dov'è andata?》
《È corsa via.》
《Chiama il numero d'emergenza. Arrivo.》
Afferro il cappotto da un gancio di legno e apro la porta, e mentre infilo le braccia nelle maniche inizio a correre. Le lastre del marciapiede sono spaccate e irregolari. Svoltando in Mill Hill, prendo velocità, lasciando che la forza di gravità mi conduca alla villetta con lunghi psssi.
Julianne attende fuori, muovendo freneticamente una torcia.
《Dov'è andata?》
Julianne fa un cenno in direzione del fiume, la voce spezzata. 《Ha suonato il campanello. Quando l'ho vista, ho gridato. Devo averla spaventata. 》
《Ti ha detto niente? 》
Scuote la testa.
La porta è aperta. Vedo Charlie seduta sulle scale, che stringe il cuscino. Ci fissiamo e tra noi avviene qualcosa. Una promessa. La troverò.
Faccio per andarmene.
《Voglio venire anch'io 》dice Julianne.
《Tu aspetta l'ambulanza. Rimanda Charlie a letto.》
Prendo la torcia dalle sue dita fredde e mi volto verso il cancello. Il fiume è nascosto tra gli alberi, a una settantina di metri di distanza. Muovendo la torcia da una parte all'altra, scruto oltre le siepi e il campo vicino.
Raggiungo la piccola passerella pedonale e una più ampia sopraelevata di cemento, e grido il nome di Sienna. La via, non asfaltata e a una corsia, con siepi su entrambi i lati, conduce fuori dal paese.
Per quale ragione Sienna sta correndo? Perché in questa direzione ?
Continuo a pensare a quando l'ho fatta scendere dalla macchina. Al fidanzato. Gli è saltata tra le braccia. Forse c'è stato un incidente d'auto. Anche luipotrebbe essere ferito.
Il raggio della torcia si riflette sulla rugiada, creando lunghe ombre tra gli alberi. Mi fermo sulla passerella. Ascolto. L'acqua sopra alle rocce; un cane che abbaia; altri latrati a seguire.
《Sieeenna!》
Il suo rimbalza sull'arcata della passerella e pare riecheggia lungo le sponde dello stretto torrente. Lo considerano un fiume, ma in certi punti si può saltare agevolmente da una riva all'altra. Qui Emma pesca piccoli pesci e Gunsmoke si rinfresca dopo aver dato la caccia ai conigli.
Pronuncio ancora una volta il nome di Sienna, provando un terribile deja-vu. Due anni fa perlustrai questa stessa via, cercando Charlie, gridando il suo nome, scrutando oltre le siepi e le recinzioni. Un uomo l'aveva fatta cadere dalla bici, rapita e incatenata a un lavandino con del nastro adesivo attorno alla testa, costringendola a respirare da un tubo di gomma. L'uomo era stato arrestato e messo in prigione, ma come può una ragazzina di dodici anni riprendersi da una cosa del genere? Come può mettere piede fuori di casa, guardare negli occhi uno sconosciuto o fidarsi ancora di qualcuno?
Non ho mai dimenticato il senso di panico che prese a lacerarmi come una lama rotante quando seppi che Charlie era scomparsa, quando la cercai e non riuscii a trovarla.
Odo un rumore di passi affrettati alla mia sinistra. Uno scalpiccio sulle foglie morte. Muovo la torcia avanti e indietro. Delle deboli grida. Mi metto di nuovo in ascolto del rumore. Niente.
Il braccio sinistro mi trema. Cambiando mano, faccio scorrere la luce della torcia lungo le sponde del torrente, cercando di trovare la fonte di quel rumore, sperando in qualcosa di concreto e visibile. Proveniva dalla sponda opposta, tra gli alberi.
Scendendo lungo la fiancata del ponte, mi calo in acqua. Mi immergo. Il fango e i sedimenti mi risucchiano le scarpe. Toccata terra, per poco non perdo l'equilibrio e afferro la torcia prima che cada nel fiume.
Avanzando verso la sponda opposta, scopro che sulla riva crescono dei rovi. I vestiti e la pelle mi restano impigliati alle spine. Mi trascino avanti a testa bassa. Non riesco più a sentire quel grido.
La selvaggina stanata dal sottobosco irrompe nella radura, facendomi scoppiare il cuore in petto. Dopo aver liberato i vestiti dagli ultimi rampicanti, resto fermo e ascolto.
Il debole chiaro di luna è ingannevole. Gli alberi si fanno persone. I rami paiono arti. Un esercito che marcia nell'oscurità.
Non riesco a trovarla, non in questo buio. Dovrei essere più in forma. Più sobrio. Dovrei avere una vista migliore. Dovrei avanzare con più calma, altrimenti rischierò di passarle accanto senza notarla.
La torcia ruota verso un'altra arcata e prima di proseguire coglie un lampo di bianco.
Torna indietro!
Dove?
Eccola! Rannicchiata tra le radici di un albero come una bambola abbandonata. Indossa ancora il vestito nero. L'acqua le lambisce le gambe nude. Si trova sull'altra sponda. Ho scelto il lato sbagliato. M'immergo nel fiume, quasi cadendo, e guado verso di lei, con lo scroto che si ritrae dal freddo.
《Sono io, Sienna》sussurro.《Va tutto bene,tesoro. Andrà tutto bene.》
Con le dita gelate e intorpidite, le sento il battito sul collo. Ha gli occhi aperti. Fissi. Freddi.
Prendendole un braccio, me lo poggio sulla spalla, poi l'afferro sotto alle gambe e alla schiena.
《Adesso ti tiro su.》
Sienna non risponde. Non fa resistenza. È leggerissima, ma io sono instabile. Mentre la riporto a riva cammino alla cieca perché non riesco a puntare correttamente la torcia. Nel frattempo le parlo, le sussurro tra respiri affannosi, le dico di non preoccuparsi.
La caviglia mi s' impiglia a una radice, facendomi cadere su un fianco. All'ultimo momento assorbo l'urto con la spalla, proteggendo la testa di Sienna.
Un'improvvisa ondata di panico fende la mia calma. Sienna non ha detto una parola. Non si è mossa. Potrebbe essere morta. Forse non riuscirà mai a rivelarmi chi le ha fatto del male.
Il ponte. L'arcata. Devo liberare un braccio e usare un giovane albero per salire la sponda, fino al bordo delka strada. Sienna mi penzola mollemente dall'altro braccio, come un peso morto trascinato sul terreno.
《Resta con me, tesoro. Ci siamo quasi.》
Con un ultimo sforzo, la tiro fino alla fiancata del ponte e scavalco a fatica il muro, stringendola forte per impedirle di precipitare di nuovo giù per il pendio. Tra gli alberi danzano alcune torce, dirette verso di noi. Lampeggianti luci blu decorano il cielo.
Metto giù Sienna con delicatezza, cullandole la testa al petto. Respirando a fatica.
《Te l'avevo detto che ce l'avremmo fatta.》
Non risponde. Non batte ciglio. Ha la pelle fredda, ma le mie dita percepiscono un battito.
《Eccoli!》grida qualcuno.
Una luce potente rischiara ogni dettaglio della scena. Sollevo una mano a proteggerle gli occhi.
《Ha bisogno di un dottore.》
Abbasso lo guardo su Sienna e noto il sangue. Credevo che fosse fango, quello che aveva sulle cosce e sulle mani, e invece sanguina. Ha gli occhi aperti, spinti ciecamente lontano.
Un paramedico si accovaccia di fianco a me sul ponte, prende Sienna e la depone sull'asfalto con un cappotto sotto alla testa. Grida istruzioni al collega. Battito. Pressione sanguigna. Segni positivi.
Un'altra serie di mani mi aiuta a mettermi in piedi, mi sostiene ,accertandosi che non cada. Uno di loro mi rivolge delle domande.
Ha trovato la ragazza nell'acqua? Era cosciente? È caduta? È allergica a qualche medicinale?
Non lo so.
《È la migliore amica di mia figlia》rispondo battendo i denti. Che frase stupida! Che differenza fa?
Il volto di Julianne mi appare davanti. 《Trema. Dategli una coperta.》
Mi abbraccia e avverto il suo calore. Julianne non mi abbandonerà. Non mi lascerà solo.
L'ambulanza percorre la collina in retromarcia. La portiera posteriore si apre. Dall'interno scivola fuori una barella. Sienna viene posizionata su un'asse spinale e sollevata al tre.
《Dobbiamo portare all'ospedale anche lei, signore 》mi dice un paramedico.
《Mi chiamo Joe.》
《Dobbiamo portarla all'ospedale, Joe.》
《Sto bene, ho soltanto il fiatone. 》
《Si tratta di una precauzione. Lei conosce questa ragazza? 》
《Si chiama Sienna?》
《Può salire con Sienna. Provi a farle mantenere la calma.》
La calma? È catatonica. Una statua.
Avvolto in una coperta isotermica argentata, vengo per metà spinto, per metà sollevato, all'interno dell'ambulanza. Julianne vuole venire con me, ma ga Charlie ed Emma a cui pensare.
La portiera destra si chiude.
《Chiamami》mi dice.
Si chiude anche la portiera sinistra. Una mano lancia un segnale e partiamo.
《La ragazza ha assunto qualcosa?》
《Non lo so.》
《Le ha detto qualcosa? 》
《No.》
L'uomo le fa luce negli occhi con una torcia a stilo e le infila sul volto una maschera per l'ossigeno.
La sirena ulula, inseguendoci nell'oscurità. Sienna giace completamente immobile, gli arti infangati e pallidi, la pancia che si alza e si abbassa a ogni respiro.
Continuo a vederla nel raggio della torcia, una figura spettrale con una frangia di capelli castani che le ricade sul volto. Mi guardava come se avesse visto qualcosa di terribile o fatto qualcosa di ancora peggiore.