Short stories of my life

Borderline

"Come fa una persona del genere a restare in vita? Evitare la solitudine che tanto cerca e che la porta a disprezzarsi è la sua unica salvezza. Di questo ne sono sicura."

Questo quello che veramente pensavo di me.
Che dire?
Ero schiava della depressione, di questo baratro che inconsapevolmente ti risucchia e ti tiene sul fondo.

Ma cosa succede se, su quel fondo, inizi a scavare?

Con me se lo è chiesta la mia psichiatra, subito dopo il mio tentativo di suicidio.

Ed ecco il perché del mio primo ricovero nel reparto di psichiatria.
Un ricovero durato un mese, mese durante il quale pensavo di essere esattamente nel posto giusto, il posto riservato a me.

"Qui è dove ci sono i matti?"
Mi chiedevo.
"Sono diventata matta fino a questo punto?"
Mi domandavo.
"Cosa ne sarà della mia anima dopo aver provato a fare quello che ho fatto? Sarà morta o, forse, c'è un modo per riportarla indietro?"

Nessuno rispondeva ai miei quesiti.
A nessuno importava quello.

"Perché lo hai fatto?"
Era, invece, la domanda più frequente.

Tutt'ora non so spiegare perché volessi così disperatamente scavare sul fondo di quel baratro e ricoprirmi con la sua terra.
Forse volevo farmi grande, assumere le responsabilità di tutto il dolore causato in torno a me, di tutto il dolore che mi avevano causato.
Forse volevo dimostrare di avere in mano la mia vita, di poter tagliare quel filo con un paio di forbici e gettarmi tutto alle spalle.

Caso volle che, durante il mio ricovero, incontrassi tante persone interessanti.
Interessanti perché con una storia tutta da scoprire, da imparare e rileggere.

Mi ricordo di un poliziotto che si era sparato, anche lui fallendo nel suo intento.

Mi ricordo del mio psichiatra.
"Hai un disturbo della personalità. Si chiama borderline? Sai cos'è?"

Ma soprattutto, mi ricordo della bambina della psichiatria, alla quale andrebbe dedicato un intero libro e non solo un capitolo.