Passo tutta la nottata a farmi piccola piccola nella felpa di Alexander. Mi è salita la febbre e mi sento così debole da non riuscire ad aprire gli occhi.
La mattina dopo non lavoro, devo andare direttamente il pomeriggio e questo mi consola, spero di guarire in tempo.
Mi alzo abbastanza tardi e vado strisciando in cucina per prendere una pillola. La casa è vuota, mamma è al mercato, papà a lavoro e Nicolas all'università. Mi sento sola in questo momento, non avendo amici mi rimane solo la mia famiglia in questa città. Poi mi appare nei pensieri la figura di Alexander che mi ricorda che forse un amico lo possiedo. Il pensiero del suo sguardo su di me, con i suoi occhioni dolci di micio, mi fa venire una vampata di calore improvviso. Colpa della febbre sicuramente.
Torno in camera a stendermi e prendo il telefono controllando le notifiche. Ci sono vari messaggi delle mie amiche e di Luca.
Dice che gli manco e che sono stata una stupida a lasciarlo.
"Non può funzionare tra noi a distanza." Rispondo sperando che capisca una volta per tutte.
Infine trovo un SMS da un numero non salvato.
<Ciao Marianna sono Pierre, voglio avvisarti che oggi il direttore parlerà con te per quanto riguarda il tuo contratto. Buona fortuna>
Il cuore accelera al pensiero di incontrarlo, sicuramente sarà uno stronzo e mi butterá fuori ancor prima che apra bocca.
***
La mattinata passa lentamente non riesco a fare niente, non per la febbre ancora alta, ma per l'agitazione di cosa succederà oggi a lavoro. Continuo ad immaginare scenari diversi e in tutti questi la sua faccia mi appare come quella del Diavolo con due enormi corna rosse.
Dopo aver mandato giù due bocconi a pranzo mi preparo per andare all'inferno. Indosso 2/3 maglie sotto al felpone di Alexander, che mi terrò per uscire, chissà il suo profumo mi infonda un po di coraggio.
Infilo dei jeans chiari larghi e non ho la forza neanche di truccarmi, per cui raccolgo i capelli in una coda ed esco di casa rapidamente.
Il notevole freddo di questo posto non aiuta con il mio corpo già debole di suo.
Dopo una lunga camminata raggiungo finalmente il locale, che oggi sembrava più distante del solito.
Appena entro vedo tutti che lavorano normalmente come ieri, naturale non devono ricevere loro la sfuriata dal capo, replica il mio subconscio.
Entro nella porta Privata e vado verso lo spogliatoio come se niente fosse, indosso la divisa e percorro il corridoio per iniziare il mio turno di lavoro. Se vuole parlare con me dovrà venire a chiamarmi, non starò di certo qui a cercalo.
"Lavori ancora qui?" Mi chiede Bridget incrociando le braccia con un ghigno sul volto.
Fingo indifferenza e rispondo:" Perché non dovrei?"
"Abbiamo sentito che il direttore non ti vuole qui, che ti hanno assunta senza permesso" continua perfida.
"In questo caso il problema è di chi decide al posto suo non mio, io ho chiesto lavoro e mi è stato dato" ribatto assottigliando le palpebre.
"Perché tu lo sappia...#lui non è affatto una persona facile, è scontroso con il mondo intero, basta una parola di troppo e ti ritrovi col culo sul marciapiede.....però è un figo da paura" conclude quasi bisbigliando per non farsi sentire e dopo questa confessione lo immagino ancor di più seduto sul trono rosso degli inferi.
"Non me ne frega niente lui com'è, mi sembra solo un grandissimo stronzo narcisista" dico stizzita.
"Marianna" una voce severa mi chiama alle spalle. Voltandomi trovo un uomo sulla quarantina di nome Calvin che mi fa segno di avvicinarmi. Vado nella sua direzione con la risatina di Bridget in sottofondo e mi fermo a pochi passi da lui.
"Lei è il direttore?" Chiedo ormai stanca da quella situazione misteriosa.
"No, io sono un manager. Ti accompagno da lui." Riprende a camminare e io lo seguo.
"Ti avverto che non sarà facile..." inizia subito Calvin con le braccia dietro la schiena e io, arrivata al limite, sbotto.
"Ma si può sapere chi cazzo comanda in questo posto? È gestito da Lucifero in persona?! Non me ne frega un cazzo della sua arroganza, con me non funziona!" urlo rabbiosa superando Calvin e aprendo la porta dell'ufficio come una furia, pronta a dirgliene quattro a questo famoso "direttore".
Ma quello che mi ritrovo davanti mi spiazza.
Le parole muoiono in fondo alla mia gola e la testa sembra scoppiare. Una camicia bianca con la targhetta sul petto che indica "Direttore", non porta il viso di Satana, bensì quello di Alexander.
"C-cosa?" sussurro con un filo di voce.
"Tu?" dice lui alzandosi dalla scrivania di scatto.
I nostri sguardi sono entrarmi scioccati e ci fissiamo con un intensità tale che se anche un granello di polvere passasse fra di noi prenderebbe fuoco.
Calvin alle nostre spalle si schiarisce la voce a disagio da quella situazione
"Lasciaci soli" mormora duro al manager, che sparisce chiudendo la porta.
"Marianna....cosa? Sei tu la ragazza nuova?" La sua voce trasuda ancora stupore.
"E tu sei il direttore stronzo che mi vuole cacciare!" dico aspra stringendo i pugni lungo i fianchi.
"I-io non sapevo che fossi tu..." mormora piano facendo muovere le labbra piene.
"Adesso che lo sai cosa cambia? Hai detto che non ti serve una persona che non sa neanche la tua lingua. Complimenti, allora non sei il ragazzo che pensavo tu fossi. O forse nelle vesti di titolare ti piace fare davvero lo stronzo!" urlo nera di rabbia.
Lui non si smuove difronte alla mia collera, rimane a fissarmi con un espressione indecifrabile.
"Che c'è non parli? Non mi dovevi licenziare? Non ti scomodare me ne vado da sola!" Mi strappo il cappello dalla testa e lo getto sulla sua scrivania.
"No Marianna non andartene..." Dice afferrando il mio braccio e facendomi voltare nella sua direzione.
Stremata dalla febbre e dal litigio con lui sento le lacrime pizzicarmi gli angoli degli occhi.
"Pensavo che tu fossi una brava persona...invece mi hanno detto tante di quelle cose su di te da farmi capire che sei solo un bastardo egoista. Non capisco....io non ti vedo così...."
Una lacrima scappa al mio controllo e mi bagna la guancia. Lui la raccoglie subito col pollice e trattiene il palmo della mano sul mio viso. I suoi occhi verdi mi guardano nel profondo e mi sento nuda avanti al suo sguardo.
"Perché io con te non sono così...." sussurra a pochi centimetri dalle mie labbra e poi inaspettatamente posa le sue sulle mie.
Il suo bacio è lento, calmo rispetto alle mie parole velenose, e io non posso fare altro che ricambiare. La sua lingua entra lisica nella mia bocca e aumenta l'intensità del bacio, come se i nostri corpi si conoscessero già da una vita.
D'improvviso indietreggio e urto la sedia difronte alla scrivania, che fa un rumore stridulo sul pavimento, riportando entrambi alla realtà.
Non so bene cosa dire, le guance mi vanno a fuoco per l'imbarazzo. Lui mi fa un mezzo sorriso che gli fa spuntare una fossetta sulla guancia destra, mi guarda con quello sguardo da felino, da sotto le ciocche bionde ribelli che gli cadono sulla fronte.
Si muove nella stanza afferrando un mucchio di fogli su una mensola, li esamina attentamente e mi porge uno avanti al naso.
Contratto di lavoro
Dipendente:" Marianna Russo"
Lo afferro con mani tremanti e lui mi allunga una penna. Mi siedo con un tonfo sulla stessa sedia che ho urtato e lo guardo incerta. Lui si accomoda a sua volta dall'altra parte e dice:" Mi dispiace, non avevo nulla contro di te....mi ha semplicemente dato fastidio che ti abbiano assunta senza prima consultarmi. Indubbiamente se tu fossi stata una ragazza senza speranza ti avrei licenziato lo stesso, conoscenza o meno. Però so il tuo carattere e si può dire che sei una con le palle. Sicuramente sarai brava nel tuo lavoro, lingua a parte." Mi fa un occhiolino scherzoso e tirando un sospiro di sollievo metto una firma sul foglio dinanzi a me.
"Ora torna a lavoro" dice alzandosi e rimettendo il foglio sulla pila insieme agli altri. Nel suo tono non c'è cattiveria e si puó dire che solo io conosco questo suo lato. Mi alzo, afferro il cappello che avevo lanciato via e con un mezzo sorriso, alzando la voce perché lo sentano anche aldilà della porta dico:" Si Signor direttore, grazie della sua clemenza"
Lui scuote la testa ridendo e io esco dal suo ufficio.
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Anima contro anima
ChickLitMarianna è una ragazza di vent'anni, costretta a lasciare la sua città natale, Venezia, per trasferirsi a Parigi. Il suo primo impatto è devastante, odierà quel luogo con tutta sé stessa, fin quando non incontrerá Alexander. Lui sa essere dolce e p...