Le partite lasciate vinte con il sorriso

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L'estate prima


La scuola era finalmente finita. L'estate era ormai nel pieno e in un banale pomeriggio al mare non c'era niente di meglio del giocare una partita a briscola. Il gruppetto del bagno Stella se ne stava al solito tavolino, un po' annoiato, un po' addormentato dal sole del primo pomeriggio. Uno di loro, Marco, non si annoiava per niente, anzi adorava giocare a carte, uno dei passatempi che riempiva le loro giornate. Il cosiddetto smartphone esisteva da un battito di ciglia, non c'erano Instagram, Snapchat, TikTok e via discorrendo. In più, Marco, era terribilmente bravo con i numeri, parlava una lingua con loro, mentre molti, invidiosi, si limitavano a dire che era solamente strano.

Stava per vincere la mano e già stava pregustando il momento della vittoria. Avevano scommesso una serata pagata in discoteca, anche se lui non aveva mai provato simpatia o attrazione per quei luoghi confusionari. Ci andava lo stesso perché gli piaceva fare baldoria con i suoi amici, ma avrebbero potuto anche passare la serata in un pub e lui si sarebbe divertito lo stesso. Tuttavia la partita quel giorno non si concluse mai. Se ve lo state chiedendo, no, non fu colpa del messaggio della sua assillante quanto gelosa ragazza che gli ordinava tassativamente di chiamarlo.

Fu colpa di Pietro che, correndo come un matto e finendo quasi con il sedere per terra, era apparso dal nulla chiedendo a tutto il gruppo di scendere subito dalla terrazza.

Perché mai?

«Ci sono delle nuove ragazze! Dobbiamo andare a conoscerle!» disse il biondo con un sorriso a trentadue denti. Non sarebbe stato difficile per lui conquistarne almeno una. Era atletico, attraente e spiritoso. Oddio, forse un po' troppo pieno di sé, ma alle ragazze piaceva lo stesso.

Marco invece?

Com'era?

Forse il ragazzo più simpatico della compagnia, non il più bello, ma probabilmente il più buffo. Colui che spiazzava sempre con una delle sue battute a bruciapelo, colui che aveva sempre una storia da raccontare. Le ragazze del gruppo gli stavano intorno come le api attratte dal polline dei fiori, perché con lui anche una semplice passeggiata poteva diventare spassosa. Lui, al contrario, era sempre stato ignaro di quella sua qualità, si sentiva solo Marco e niente di più. Inoltre  non aveva mai avuto la pretesa di sentirsi o apparire diverso, per dimostrare qualcosa agli altri.

«Ragazzi, la partita non è finita», sbuffò lui con le carte in mano. Anche le ragazze del gruppo si guardarono lanciandosi degli sguardi seccati, non avevano certo voglia di accogliere altri esseri di sesso femminile nel proprio gruppo. Sarebbe sicuramente iniziata la competizione.

«A te cosa importa? Hai già la ragazza! Il minimo che tu possa fare è venire a spalleggiarmi!» rispose Pietro rivolgendosi a Marco con una leggera sfumatura di disappunto.

«Beh, una ragazza come quella di Marco la cederei volentieri», sentenziò Andrea poco lontano da loro, mentre si sporgeva dal terrazzo con curiosità.

«Non fare lo stronzo, andiamo», si rivolse a lui Pietro con tono da ramanzina e passandosi una mano sui capelli tagliati cortissimi.

Marco sviò totalmente quell'affermazione di cattivo gusto, riservando loro uno sguardo severo. «Non si possono lasciare in sospeso delle partire come questa ragazzi, stavo per vincere».

A malincuore dovette lasciare le carte sul tavolo, sparpagliandole con rabbia di proposito. La verità era che non gli importava un accidenti delle carte, era solo nervoso per l'ennesimo messaggio perentorio di Vanessa. La sua ragazza era davvero pesante e gelosa, anzi, troppo gelosa. Diceva che Marco si prendeva sempre troppa confidenza con le persone, soprattutto con le ragazze. A lei certamente non andava giù.

Lui però era così, non poteva farci niente e non lo faceva con malizia. Era sempre stato un giocherellone, l'attrazione del gruppo, alto il giusto, con le sopracciglia folte e i capelli lunghi tenuti con un ciuffo ribelle sugli occhi intelligenti. Ne sapeva sempre una in più degli altri, aveva sempre la spiegazione per tutto. Era quasi un enciclopedia vivente, capace di snocciolare, se interpellato, tutte le sue teorie. Quanto lo faceva, al contrario di quello che i più potrebbero pensare, non lo faceva con saccenza o superiorità, ma con naturalezza e quasi con ironia.

Inoltre era davvero una persona dotata di un autoironia quasi contagiosa.

Voleva solo stare tranquillo, passare l'estate riposandosi e divertendosi. L'anno scolastico era finito ed era giunto il momento di godersi quel meritato dolce far niente. Senza drammi e possibilmente senza litigare troppo con la sua ragazza per telefono. Lei era a Riccione con le sue amiche, mentre lui era dalla parte opposta. E poi aveva sempre diciassette anni, che parliamoci chiaro, passano in un baleno che nemmeno te ne rendi conto.

In un soffio.

Insomma, torniamo a noi, quel giorno scese le scale con noia, trascinandosi dietro le gambe, noncurante di chi ci sarebbe stato di sotto ad aspettarlo. I suoi amici avevano già creato una piccolo cerchio intorno alle nuove arrivate, assaltandole come se non vedessero una ragazza da una vita.

Andiamo erano solo ragazze, tutte con in comune la stessa cosa: essere complicate. Gli bastava e gli avanzava la sua, se proprio doveva essere onesto.

Decise di andare a presentarsi, rimaneva comunque una persona educata. Si affacciò allungando il collo per vedere attraverso le spalle larghe di Pietro, la cui stazza oscurava quasi interamente la sua visuale. Aveva decisamente esagerato con la palestra quell'inverno.

C'è chi crede nel destino e chi no. Qualcuno direbbe che il destino è la scusa che viene usata quando non si ha il coraggio di fare le cose, di agire. 

Qualcuno dice che non si possa controllare il destino quando prende di mira il tuo cuore e lo incatena per fargli fare ciò che desidera. 

E Marco era stato decisamente preso di mira dal destino, o dal fato, in qualunque modo lo si voglia chiamare.

Bastò un istante, un brevissimo millesimo di secondo, per notare due occhi scuri e spaesati, semi nascosti da delle lunghe ciglia, folte e scure. Appartenevano a una ragazza dai capelli mossi neri, portati lunghi fino a coprire la parte superiore del suo semplice costume nero a costine. Spostava lo sguardo a destra e a sinistra, un po' spaesata, forse leggermente intimidita dalla situazione. 

Nessuno stava parlando con lei, tutti impegnati a conquistarsi le attenzioni delle altre ragazze. Erano tre in tutto, inclusa la sconosciuta che aveva in qualche modo ammaliato Marco con la sua pacata riservatezza. Una delle tre era bionda, occhi azzurri, alta e slanciata, magra come un chiodo e terribilmente appariscente. Sarebbe stata sicuramente bersaglio di Pietro e ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa. L'altra invece aveva i capelli biondo cenere, sorrideva a trentadue denti, con il volto tirato, come se fosse un po' in imbarazzo, ma tutto sommato si stesse destreggiando bene tra le attenzioni di tutti.

Marco non volendo, guidato da una strana sensazione alla bocca dello stomaco aveva fatto un passo verso la mora, rimasta ancora in rigoroso silenzio.

Come mai l'unica che sembrava avere tante cose da dire era in realtà quella rimasta in silenzio fino a quel momento? Si avvicinò a lei e si presentò porgendole la mano, ma non prima di aver svicolato tra Pietro e Andrea.

Lei lo vide e non appena i suoi occhi incontrarono i suoi fu la fine per entrambi.

Oppure solamente l'inizio. 

🌹Spazio autrice🌹

Carissimi lettori, benvenuti in questa nuova storia. Una storia che vuole essere molto semplice, ma vera. Avrà capito di brevi e parla d'amore, nel caso non si fosse capito. 

Questo è solamente l'inizio, ma spero che in qualche modo possa suscitare la vostra curiosità. 

Un caro saluto, Amelie. 

Pesa più un metro cubo d'aria o un etto di vino?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora