Non potremo essere più diversi

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Il gruppo si mosse e varcò l'entrata dello stabilimento per accedere alla spiaggia, ma proprio mentre Aurora posò i piedi sulla passerella, una voce giunse alle loro spalle.

«Ehi aspettatemi! Ci sono, scusate il ritardo», Marco li raggiunse trafelato. I capelli nerissimi e ribelli sugli occhi che oscillavano senza sosta, un paio di jeans e una semplice polo blu. Ad Aurora iniziò a battere il cuore senza preavviso, mentre dentro si riscoprì a sorridere come una bambina. Tutti i ragazzi gridarono un "era ora" e poi un "sempre con calma tu!". Poi Marco salutò le nuove arrivate trattenendo il suo sguardo proprio su Aurora, che scrutò con inaspettato interesse.

«Ciao frana», disse lui sfoderando un sorriso perfetto.

«Ciao Marco», lo salutò lei sentendo una strano formicolio sulle labbra quando pronunciò il suo nome. Credette di vedere gli occhi di Marco sorridere e per un attimo si immerse nel marrone caldo del loro colore. 

Aurora seguì gli altri, ma non prima di sfilarsi i sandali bassi e di sistemarsi la piccola tracolla. Camminare sulla spiaggia di notte, sotto quel cielo stellano, immersa nella semioscurità le conferiva uno strano senso di pace. Il rumore dell'acqua che bagnava la riva, che andava e tornava bagnandole i piedi. E fu in quel momento che Aurora si estraniò perdendosi nei suoi pensieri, nelle sensazioni della sabbia fresca sotto le piante dei piedi. Era una persona introversa, spesso necessitava di qualche momento di solitudine, di silenzio.

Olga e Martina parlavano con Andrea e Cosimo, altri ragazzi e ragazze del gruppo li seguivano rimanendo un po' più indietro. La musica in lontananza suonava Lady Gaga. Era tutto come doveva essere. Aurora percepì qualcuno camminarle accanto e risvegliandosi da un sogno si voltò scorgendo Marco che con le mani in tasca e l'espressione rilassata la stava guardando. Era una quindicina di centimetri più alto di lei e dovette sollevare lo sguardo per guardarlo negli occhi.

«Stai bene?» chiese il ragazzo improvvisamente.

«Certo, perché non dovrei?» Sorrise.

Si strinse nelle spalle «Non lo so, te ne stavi qui da sola».

«Mi piace il silenzio e il suono del mare», fece un bel respiro percependo l'odore della salsedine e dell'umidità di quella sera.

«Una poetessa», sorrise lui. «Cosa studi?»

«Faccio il liceo classico, sono passata in terza. Tu?»

«Scientifico, passo in quarta. Speriamo di avere un programma di fisica più interessante quest'anno, altrimenti mi annoio», rispose lui e Aurora fece una faccia strana. «Perché mi guardi così? Fai il classico, sarai sicuramente una secchiona». Accennò un sorriso impertinente.

«Ma per niente! Sono pessima, passo sempre per miracolo. Beh, sono solo due anni. Dicono che il terzo sia uno dei peggiori».

Marco la guardò di sottecchi «Beh è vero, è uno dei peggiori».

«Sei tremendo! Perché dirmelo adesso? Poi, ma veramente ti piace la fisica? Che orrore!»

Lui rise inarcando le sopracciglia «Sì, mi piace tanto. Voglio fare l'ingegnere un giorno».

«Hai un bellissimo sogno, io ancora non ho le idee così chiare. Mi piace scrivere, ma non so ancora niente. Punto alla sopravvivenza per il momento», ad Aurora scappò un risolino e quando si rese conto della naturalezza con cui stava parlando con Marco rimase spiazzata. In genere non riusciva a mettere tre parole in riga quando parlava con un essere di sesso maschile, oppure aveva l'ansia perché si sentiva sempre da meno o inadeguata. Invece con Marco era tutto diverso, per la prima volta in assoluto. Era un qualcosa che le metteva i brividi.

Pesa più un metro cubo d'aria o un etto di vino?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora