Miriam, l'altra parte della medaglia

23 1 0
                                    

terza prova del concorso di @minigioco4ever (8 aprile 2015)

È da quando ho memoria che comunico, che lo voglia o no, con la mia anima gemella, quell'altra parte intrinseca di me che non mi lascia mai in pace. Che dalla mattina alla sera non fa altro che criticarmi.

-Sei grassa e brutta. Nessuno ti vuole. E anche se fossi magra sarebbe ancora peggio.

Vuole sapere sempre ragione lei o darmi dell'incapace.

-Vedi che ti avevo detto. Sei talmente grossa come un armadio che combini solo guai e disastri lungo la tua strada.

-Sei uno scherzo della natura.

O sempre una delle due cose.

-Nasconditi. Che fai più bella figura.

Ho sempre cercato di liberarmi, di mandarla via. Ma più lo facevo più lei persisteva. Era come un boomerang: per quante volte lo lanciavo via, tante volte lei ti ritornava indietro.

È sempre stato così. Fin da quando ero piccola. La mia ombra cattiva che mi perseguitava ovunque.

-E perché tu chi saresti? Dio in persona? Ma fammi il piacere faccia da schiaffi.

Non le ho saputo mai dare un nome. Come faccio a dare un nome a qualcosa che non posso toccare? Per me non ha alcun senso farlo. E poi è talmente antipatica ed egocentrica che semplicemente rompiballe le si addice a pennello. Perché davvero altro nome non le saprei attribuire. La odiavo con tutta me stessa.

-Ehi! Sgualdrina! Come ti permetti di chiamarmi in quel modo. Cicciona dei miei stivali.

Queste e tante altre frasi mi diceva. E quante me ne diceva. Uff. Si potrebbe scrivere non un libro, bensì un'intera enciclopedia al riguardo.

Poi con gli anni, quando ho scoperto del pioniere della Psicoanalisi, Sigmund Freud (è chi se lo scorda più dopo interrogazioni e verifiche a non finire su di lui), ho capito che quella vocina, quella rompiballe che mi strugge l'anima tutto il giorno senza darmi sosta, si definisce subconscio.

-Giuro che adesso ti faccio a fette se mi chiami ancora così, s*****a.

E da lì ho saputo la triste verità. Per quanto avevi la voglia sfrenata di mandarla via, o di buttarla insieme al cestino dell'immondizia, lei ritornava sempre.

-Ci mancasse solo quello. Farmi cacciare via da una sfigata piagnucolona. Ti ci butto io via, se non hai capito.

Come l'uomo ha bisogno del cuore e di altre parti del corpo per vivere, così anche il subconscio è indispensabile per l'esistenza di ciascun essere umano. Compresa me. Che sfiga.

-Ehi!

Io ho voglia irrefrenabile di vivere, di fare ciò che mi piace, di inseguire i miei sogni. Perciò, nolente o volente, dovevo continuare a subire i soprusi di quella "maledetta da quattro soldi" senza poter muovere un dito.

-Guarda che ti sento, sai.

Poi, mano mano che si fanno le esperienze e la vita diventa sempre più uno schifo (per non usare altre parole più sconce), quando vedi e subisci tutte le ingiustizie del mondo, si entra nella via del quasi non ritorno. Il cartello "Lasciate ogni speranza voi che entrate", quello posto sopra l'entrata dell'Inferno, suona e risulta meno pericoloso rispetto all'idea del suicidio. Sì. Perché quando anche gli altri che ci circondano cominciano a dirti le stesse cose che ogni giorno mi diceva quella "strega", la positività e le energia per combattere e andare avanti si fanno sempre meno. Quando si supera lo stadio dell'apatia cominci a entrare nel circolo vizioso quello che comunemente dai psicologi viene chiamato depressione. Una brutta bestia. E come una voragine in cui non vedi assolutamente il fondo. Solo a pronunciare quella parola mi vengono ancora i brividi.

Non avevo nessuno a cui chiedere aiuto, con cui confidarmi. I miei erano ancora peggio di quella vocina se non addirittura più fastidiosi e più taglienti di una spada. E più la situazione andava così più ti convincevi che farla finita sarebbe stato meno sofferente e indolore rispetto a tutta la merda che ci circondava intorno.

Perché alla fine del film va sempre tutto bene, mentre nella vita, no?

Poi quando ho conosciuto lei, come per magia, mi si aprì dinnanzi uno spiraglio, un raggio di speranza. Quella che poi sarebbe diventata la mia migliore amica del cuore (e l'ho tutt'ora nel bene e nel male), mi ha ridato la vita. E scoprì che anche lei aveva i miei stessi problemi.

Ne abbiamo parlato dicendoci anche delle cose che mai a nessuno diresti. E fortunatamente ho conosciuto altre persone come lei che mi hanno illuminato letteralmente il cammino. Dandomi quella fiducia che mi mancava. Dando finalmente delle risposte a quei perché a cui prima non sapevi darti una risposta.

Ed è stato un periodo in cui continuamente, qualunque cosa che mi succedeva, mi ponevo questa semplice domanda: perché?

Secondo me neanche Leonardo da Vinci se lo sia chiesto così tante volte.

Stare in mezzo agli alberi, in mezzo ai prati, ai campi fioriti, alla natura mi dava pace e tranquillità. Azzittiva i miei pensieri e quella fastidiosa vocina.

E anche se non lo volevo quando rimuginavo su qualcosa, pensavo sempre a lei, a quella vocina.

Per quale motivo si comportava così con me? Che cosa le avevo fatto di male?

-Hai anche la faccia tosta di chiederlo?

Visto che pensi solo ad avvelenare la gente.

- Perché tu no?

Io semplicemente ti ignoro.

- E questo è ancora peggio.

Che vorresti dire?

-Io sono il tuo passato. L'esperienza che hai vissuto. Meglio di me nessuno ti conosce. Preferisci confidarti con un'estranea piuttosto che con me. Ti sembra una cosa carina da fare?

Parli proprio tu, sai.

-Era l'unico modo per attirare la tua attenzione. Io ti ho tratta semplicemente come tu hai fatto con me di conseguenza. E poi sarei io la strega o la rompiballe, non è vero? Perché tu chi saresti. Una santa?

No. E non mi considero affatto migliore degli altri. Ho così tante cose da imparare.

-Come io del resto, no?

E come la mettiamo con il tuo egocentrismo?

-Parla la saputella. Ti odio racchia dei miei stivali. Non capisci niente di niente. Poi hai la faccia tosta di criticare gli altri.

Aspetta!

-Mollami la mano.

No.

-ti do tre secondi per ............

Quell'abbraccio non lo scorderò mai. Le sue lacrime che mi bagnavano letteralmente la spalla. Mi era venuto così spontaneo farlo. Come aveva fatto Marta, la mia migliore amica, con me a sua volta quando ci siamo conosciuti. Mi è venuto in mente quella prima volta in cui ci siamo incontrate e senza pensarci neanche due volte io ripetei quel gesto con quella brutta strega che mi trattava sempre male. Io la odiavo eppure quelle parole che ha detto, che aveva pronunciato mi avevano colpito dritto al cuore. Perché per quanto non lo volessi ammettere avevamo la stessa cosa in comune: pensavamo allo stesso modo. E perché? Proprio per il fatto che lei non era un'estranea bensì un'altra parte di me. Il passato e l'esperienza che ho vissuto. Il MIO subconscio. E come tale dovevo accettarlo. Perché è ciò che arricchiva il mio presente. La mia esistenza.

E da quel giorno, quando avevo bisogno di lei ...

Miriam, ho bisogno di dirti subito una cosa.

-Sono tutt'orecchi, mia cara.

... la chiamai per il nome.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 04, 2015 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Racconti dai concorsi wattpadDove le storie prendono vita. Scoprilo ora