Il giorno più bello della mia vita

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prima prova del concorso di @minigioco4ever (20 marzo 2015)

Oggi è l'ennesimo giorno di merda. La vita fa davvero scifo. Qualunque cosa che faccio non va mai bene. Non so più davvero che cosa fare. I miei mi fanno letteralmente impazzire. Si lamentano e c'è l'hanno con me per qualunque cosa che faccio. Mi dicono che sono un'incapace. Un'immatura solo perché guardo gli anime. Dovrei suicidarmi ?! Più ci penso più mi viene voglia di farlo.

A scuola non ho amici. Mi sembrano tutti così falsi. Mi evitano solo perché ho qualche chilo di troppo e mi dicono che sono una obesa. Non mi parlano. E io non parlo con loro. Così sono sempre sola. In piena solitudine.

Forse le mie sono soltanto delle paranoie, o forse no. Ma l'unica cosa di cui ne sono certa che non si può amare né comprendere le persone. Possono dirti molte volte ti voglio bene. Diventiamo amici? Ma poi l'unica cosa che ricevi in cambio è solo di essere derisa e presa in giro. Con un bel calcio in culo. Perché no visto che sei rifiuto dell'umanità?

Mi sento nessuno. Una nullità. Nessun mi vuole né mai in futuro mi vorrà. E allora perché voglio continuare questa fottuta vita?

Come fai a essere considerato "normale" in questo mondo? Vestendoti alla moda? Comprandoti il telefono appena uscito? Frequentare i popolari della scuola? Sarà. Ma tutto questo non fa per me. Io amo i libri. Viaggiare nel mio mondo. Guardare anime. Naruto. Il mio mito. Mio eroe. L'unico che mi capisce. Meno male che c'è lui. Forse a grazie a lui se voglio comunque continuare? Non arrendermi mai? Dare svolta al mio destino?

Forse sarà per questo che mi considerano pazza e fuori di testa? Solo perché lui è il mio idolo? Il mio maestro?

Posso illudermi e sperare che un giorno sarò accettata ma arrivati a questo punto non credo che le cose cambino. Ho paura. Di ciò che mi circonda. Di ciò che provo. Mi sento una persona spregevole. Una persona cattiva. Non faccio altro che provare invidia per quelle che incontro in giro. Per quelle che si possono permettere di mettere un pantalone da 42 e non un 48 come io. Gelosia. Per quelle che hanno un fidanzato e io me lo posso solo sognare. Sarei considerata una strega e mandata al rogo se vivessi nel Medioevo. E allora perché non lo fanno? Così almeno sarei fuori dalle balle e non dovrei più farmi tutti questi pallini mentali, no? Perché non riesco a trapassarmi il cuore con quel coltello? Sono così codarda. Non merito di vivere. Guardi quel film horror. A loro sembra tutto così semplice. Allora sono davvero uno scherzo della natura? Sono geneticamente diversa, peggio degli OGM. Almeno loro hanno un senso, sono stati creati per qualcosa. Mentre io? Perché sono nata? Vorrei tanto che io non lo fossi mai stata. Almeno mi fosse stato risparmiato tutto questo supplizio. Tutta questa sofferenza. Tutto questo dolore.

Allora perché la mia mente vuole sperare che non sono così male, dopotutto. Da quando ho cominciato a frequentare il Tandem, fin dal primo giorno, mi sono sentita non so come dirlo. Speciale? Accettata? Non mi era mai successo in vita mia. Non è che per caso sto sognando? Mi sembra tutto questo così surreale.

Ahia, sento dolore se mi do un pizzicotto. Quindi posso dedurre che non sto sognando. Era da un mese che mio fratello mi rompeva l'anima affinché mi iscrivessi anch'io a questo centro. Però su una cosa aveva ragione. Almeno vieni un giorno e prova com'è. Poi se non ti piace sei libera di non venire più. E a quel punto mi sono detta. O la va o la spacca. Ed eccomi qui. Tutti i pomeriggi in questo centro.

Però nel momento in cui ripenso a loro, a queste persone che mi accettano per quello che sono, che davvero mi vogliono bene, ho voglia di vivere. Ho voglia di continuare. Ma quando ci rifletto mi viene spontaneo domandarmi perché lo fanno? Per il fatto che gli faccio pena? Per accontentarmi? Rimango nel beneficio del dubbio, convincendomi di queste "meravigliose" illusioni. Anche se credo che non è così. Se davvero lo facessero per accontentarmi perché sono così premurosi nei miei confronti? Come se ci tenessero davvero al mio stato d'animo?

Per adesso non mi importa. La scuola è finita da poco. E tra non molto con il centro partiamo per il campeggio. È il mio primo viaggio con le persone estranee. Che non vengono dalla mia famiglia.

Dovrei essere strafelice. Saltare gioiosa come una bambina. Sentirmi di volare e stare in mezzo alle nuvole. Infatti provo anche queste sensazioni. Allora perché continuo a sentire questa sensazione di voragine nel mio petto? Questo infinito precipizio? Sempre più intensamente?

Da non molto abbiamo raggiunto la spiaggia del fiume Trebbia. È stupendo qui. Sembra di essere in un paradiso. L'acqua limpida. Quelle pareti rocciose e alberi che circondano l'area. Tutti gli altri sono nel fiume. Che ridono, parlano e scherzano. Io invece sono sull'argine. Seduta e rannicchiata a riccio. Non mi sento triste. In realtà per la testa non mi passa alcun pensiero. Mi sento così estraniata da tutto quello che mi succede attorno. Eppure non voglio sentimi neanche felice. Contenta di questa opportunità che mi è stata concessa.

Più di una volta qualcuno è venuta a parlarmi. Di spronarmi. Di buttarmi nell'acqua. E io no. Gli dicevo di no. Senza degnargli di uno sguardo. E nel frattempo la voragine continuava a propagarsi inesorabilmente per tutta la gabbia toracica. E intanto il tempo passava, inesorabilmente. Non mi sono neanche resa conto che si era già fatto buio. Non sapevo spiegarmi di questo mio malessere. Non mi sentivo triste. Neanche felice. Eppure ero apatica. Non mi fregava assolutamente niente di tutto ciò che mi circondava.

Poi quella domanda postami dalla mia educatrice preferita:

«Perché non ti senti felice? Che cosa ti rende così triste? Perché non hai voluto giocare con gli altri?» e quella carezza sulla guancia. E senza neanche rendermene conto il mio viso cominciò a rigarsi di infinite lacrime. Senza neanche un motivo. Eppure mi sentivo colpita e affondata. Qualcuno per la prima volta ha capito il mio problema. Ciò che mi faceva soffrire. La mia debolezza. E per la prima volta mi senti sollevata. Dire tutte quelle cose che mi crucciavano. Che mi facevano sprofondare nell'abisso. E così piansi. Piansi davvero un sacco. Mentre le dicevo dei miei. Di come mi sentivo e che volevo farla finita. Mi senti felice. Come mai in vita mia. Piangevo. E continuavo a piangere. Ma questa volta con il cuore libero. Senza voragine.

È stato un momento triste. Non mi sono mai sfogata così tanto. Con un puro estraneo per giunta. Che non facesse parte della mia famiglia.

Ma a dir la verità è stato anche bello quel momento. Educativo. Perché ho capito finalmente le mie paure. I miei dolori e ciò che può rendere triste e felice allo stesso tempo.

Sì. Quel giorno è stato il più bello della mia vita. Perché finalmente capì l'origine dei miei dolori. Ciò che mi faceva star male in quanto un essere umano.

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