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Sofia-

Sofia-

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l buio pesto che si è creato davanti a me offuscando la mia vista, mi sta facendo sprofondare lentamente nei ricordi più terrificanti e traumatizzanti della mia vita e l'azione compiuta da Nathan non aiuta le cose

Una normalissima giornata di scuola, è il primo giorno di scuola media; sono contentissima e non vedo l'ora di conoscere le nuove compagne di classe!
Chiamo mia madre per comunicarle di aver appena finito di vestirmi, di essermi lavata e soprattutto di essere euforica. La scuola non mi dispiace, stai a contatto con le persone, sei libera da ogni pensiero. Devo solo pensare ai compiti, di andare bene alle interrogazioni e alle verifiche. Adoro imparare nuove cose e conoscere il mondo che mi circonda. Mio padre non è ancora rientrato a casa, di solito rientrava a tarda notte con qualche bottiglia d'acqua in mano, ogni sera è sempre diverso, non riesce a camminare e urla contro la mamma. Non capisco perché fa così, non mi rivolge mai la parola e se lo fa è perché ha bisogno di mangiare qualcosa. Non si è mai arrabbiato con me perché faccio tutto quello che mi dice senza pensarci due volte, quando mi rivolge parola ho sempre una sensazione di ansia e angoscia perciò obbedisco. Non mi sento partecipe della sua vita, non mi coinvolge e soprattutto non mi ha mai dimostrato affetto anzi me lo dimostra solo quando gli porto dalla cucina un panino e mi ringrazia. Vorrei che fosse più presente nella mia vita e nella vita di mio fratello ma purtroppo è troppo concentrato a lavorare fuori tutto il giorno da quello che mi dice mamma tutte le volte che le domando di papà anche se, quando le chiedo che lavoro facesse trova sempre fatica nel rispondermi.
La mia adorata mamma mi sorride sentendo le mie affermazioni e mi accompagna in macchina davanti al portone d'ingresso

Mamma: Buon primo giorno di scuola amore mio!

Sofia: Appena rientro a casa ti racconto tutto quello che succederà! Ciao mamma

Mamma: Ciao amore mio...

Sembra turbata, spero che sia solo una mia impressione.
Entro nella classe seguendo le, quelle che dovrò chiamare ormai, professoresse e mi metto a sedere nella fila centrale, c'erano tre file di banchi, il posto davanti è di fronte alla cattedra perciò non mi metterò là, l'ultimo è già occupato. Mi restano i due banchi restanti nella fila in mezzo. Odio da morire quei posti, mi sento a disagio e in soggezione. Come se tutti potessero vedermi, come se non fossi protetta dai muri della classe.
Le mie paranoie si fanno sempre più reali, tutti mi guardano, sogghignano e ridono di me. Indosso una semplice maglia a maniche corte e dei pantaloni lunghi, che c'è di tanto strano? Sarà la mia faccia? Sarà per il mio corpo? E solo ora comprendo le loro risate: la mia dermatite. All'elementari fortunatamente i bambini non ci facevano caso, quindi non mi preoccupavo, ma ora sentendo tutti quei schiamazzi alle mie spalle sprofondo dalla vergogna cercando con le mani di nascondere i puntini rossi. Dopo questo giorno dall'entrata di scuola, all'intervallo fino alla fine della giornata mi prendono in giro chiamando la mia dermatite "punti di fragola" ma non come se fosse una cosa bella, ma disprezzandomi e lasciandomi da parte sempre come se fossi sbagliata. La scuola dice "non tolleriamo il bullismo" ma i professori, anche se mi vedono piangere a causa delle loro stupidissime battutine, non fanno niente, guardano e basta. Ogni giorno mi siedo al banco e mi tappo le orecchie per obbligare il mio udito di non sentire, chiudo gli occhi sperando che quell'inferno smetta di esistere ma risento risate provenire da uvunque in quella maledetta stanza che ho anche immaginato i docenti ridere di me. Mamma mi aiuta moralmente, comprandomi creme su creme e mettendole cercando di coprirmi la causa della grande cicatrice morale e psicologica che i miei compagni mi creano ogni fottutissimo giorno. In seconda media ho imparato a vestirmi, componendo outfit a non finire nei camerini di H&M, vestiti larghi sia per coprire i miei sfoghi sulle braccia e sia perché mi sento innovativa e alla moda ma purtroppo il mio pensiero non tutti lo accettano e vengo derisa sempre di più per i miei pantaloni che strusciano a terra, per il fatto che non mi vesto con cose attillate e che soprattutto perché ho imparato a difendermi, non dando pugni ma parlando e dialogando. Ma anche dopo aver maturato il mio vocabolario ed essere cresciuta mentalmente vedo cose che una volta non riuscivo a percepire. Vedo papà con altri occhi, so che beve e so che sgrida mamma per colpa dell'alcol, lo odio e questo odio cresce sempre di più quando spara alla mamma davanti ai miei occhi coperti dalle mani di mio fratello arrabbiato e, ormai traumatizzato che chiama velocemente la polizia. Arrestano papà, noi andiamo dagli zii, con cui non ho alcun rapporto, ci trasferiamo e alla loro morte, essendo maggiorenne mio fratello, prende cura della casa e di me.

Bill e Tom Kaulitz x OcDove le storie prendono vita. Scoprilo ora