"Quindi, fammi capire... tu vorresti che io controllassi i mietitori del futuro per verificare se si «evolveranno»? Perché?" chiese Jane sbattendo le ciglia, confusa.
"Beh, uhm..." Eddie si sedette sul divano rattoppato di casa Hopper. "Il fatto è che Chrissy e io siamo stati da Argyle. E... lui ci ha... mostrato un ricordo di Chrissy in cui c'era un uomo secondo il quale lei, uh, sarebbe... una Shāramaen."
Jane sorrise, scettica. "Non esistono. Lo sanno anche i bambini piccoli... ormai."
"Appunto! Non esistono. Non l'ho ancora detto a lei perché sai, troppe nozioni da digerire, ma io... boh, io credo semplicemente che lei potrebbe essere una mietitrice evoluta. I mietitori mica sono sempre stati uguali, sono cambiati nel tempo, similmente alla specie umana. Quel maledetto voleva fare lo spaccone e credere di aver convertito una Shāramaen in umana. Ammesso ci sia riuscito, visto e considerato che gli animali la seguono come se fosse una santa e Angela ha insistito tanto per farsi traghettare da lei."
"Conosco la storia dei mietitori, l'ho studiata tutta un mese fa." La ragazzina indicò uno dei volumi della sua disordinata libreria che odorava di carta vecchia e ingiallita. "Magari hai ragione, sì. Magari è solo evoluta. Possiamo... controllare."
"Grazie, davvero."
"Di nulla." rispose Jane, con un sorrisino. "Ti manca, vero?"
Eddie si rabbuiò. "Moltissimo. Per una volta che ho una relazione con una donna... altri ostacoli insormontabili. Sarò maledetto?"
Jane emise un risolino amaro. "Non mi risulta. Se tu fossi maledetto, io me ne accorgerei. E ti toglierei il malocchio." Afferrò una cialda talmente colma di panna che quasi non la si vedeva, e la mangiò quasi senza masticare.
"Hey, vacci piano con quei cosi. Ne hai già ingurgitati quattro da quando sono entrato."
La ragazzina ingoiò il boccone. "Non fare lo Steve. Ho quattordici anni, alla mia età si ha sempre fame, dice papà. E questa è l'ultima, giuro. Tu non ne vuoi?"
Eddie roteò gli occhi. "Volentieri. Hai del miele e del cioccolato, per caso?"
"Hm hm!" Lei annuì, e rovistò dentro la credenza. Riempì un'altra cialda di miele e sciroppo al cioccolato fondente, e la passò a Eddie su un piattino.
"Grazie." Il ragazzo morse il dolce, sporcandosi tutto in modo buffo.
Jane sghignazzò a quella vista, e poi tornò seria. "Per quanto tempo ancora starete separati?"
Lui scosse il capo, e si coprì la bocca con un palmo, masticando. "Il tempo necessario, purtroppo. Devo cercare di rimanere vivo, o questa città andrà in pezzi."
Lei si sedette sullo sgabello, e agitò le gambe calzate di bianco e giallino. "Lo sai che... che per noi non sei solo un... guardiano, vero?"
Eddie sollevò lo sguardo nero, e si pulì la bocca impastata di miele. Fissò gli occhi buoni di Jane.
"Intendo che... noi ti vogliamo vivo soprattutto perché ti vogliamo bene. Io ti voglio bene."
Il ragazzo sbatté le palpebre, e sorrise spontaneamente per la prima volta da quando aveva lasciato Viedlenhid. Nonostante il solito tono monotono, gli parve una delle frasi più sincere e genuine che qualcuno gli avesse mai detto. "Anche io te ne voglio, piccola divinatrice."
Jane rise. Eddie aveva inventato quel soprannome un anno dopo averla salvata dalle fiamme del rogo, e da allora la chiamava spesso in quel modo. Era la sorellina minore che non aveva mai avuto.
La ragazzina tirò fuori la sua benda dalla tasca del vestitino a quadretti. "Vediamo un po'."
"Ah. Vuoi vederli adesso?"
"Quando sennò? Anche a me interessa saperne di più. Anche se nel libro di Hidden Ville non era specificato nemmeno questo, quindi... dubito."
"Cosa è specificato lì?"
"È praticamente... direi... una raccolta di poesie e filastrocche sulla città nascosta, sui suoi abitanti e sulla storia di ognuno, e poi c'è... qualcosa su voi due, ma nulla che già non abbiamo letto."
"Uhm, d'accordo."
Jane indossò la benda per non avere distrazioni visive e concentrarsi, e il pezzo di stoffa le schiacciò un poco i boccoli castani dietro al capo. Stette in silenzio per un pezzo, le mani che si muovevano sul grembo, ritmicamente. "Mietitori... del futuro..." ripeté a sé stessa. Ad un tratto, schiuse le labbra dallo stupore. "Oh..."
Eddie si protese, e si passò un palmo sulla ricrescita della barbetta sulla mascella. "Cosa vedi...?"
La ragazzina deglutì. "Quattro mietitori. Ventunesimo secolo."
"Ventu- Porcaccia miseria! E che aspetto hanno? Cioè, le caratteristiche da mietitori normali o...?"
"Normalissimi. Iridi bianche. Vene nere sotto e sopra. Cappucci di fumo. Però sono lo stesso... bizzarri."
Eddie si umettò le labbra. "Cioè?"
"Stanno su un palcoscenico... strano. E hanno degli strumenti musicali... diversi dai nostri."
"Oh, artisti! Interessante!"
"La musica è molto... aggressiva. Fortissima. E la gente che assiste fa su e giù con la testa. E... con la mano fa così." Sollevò il braccio e fece le corna.
Eddie assunse un'espressione sbigottita. "Che?! Mi prendi in giro? Fa' vedere."
"Certo." Jane allungò le dita sottili. "Prendi."
Lui la afferrò e chiuse le palpebre e, come un lampo di luce, quella visione lo investì in pieno.
Eccolo lì.
Sentì immediatamente la musica.
Luci psichedeliche. Fumo. Un palcoscenico innalzato. Ai lati, delle enormi tavole piatte in cui si vedevano delle persone ingrandite e in movimento. Anime di mosche, api, farfalle e altre speci che sfrecciavano sfavillando sopra il cielo notturno e si infrangevano contro i quattro artisti.
Lo sguardo di Eddie cadde finalmente sui mietitori. Erano vestiti perlopiù di nero, con borchie e croci e teschi, e avevano degli strumenti musicali molto diversi da quelli che lui conosceva.
Una donna coi capelli viola tempestava di colpi una serie di tamburi tutti raggruppati con un paio di bacchette. Due ragazzi biondi che parevano gemelli strimpellavano due chitarre dalla forma assurda, saltando. Il cantante aveva una splendida voce graffiata e carisma da vendere, e indossava una bandana e degli occhiali scuri e tondi.
Rimase folgorato, e si voltò verso Jane, che lo accompagnava nella visione. "Quelle tavole! Mi fanno pensare che la stregoneria verrà normalizzata. Fanno vedere i mietitori, e la gente del pubblico, pare." commentò.
"Vero! Hai visto che roba?" La fanciulla lo guardò.
Eddie ridacchiò, notando che Jane tendeva molto a imitare il gergo tipico di Max.
"E soprattutto, hai visto loro? Sono mietitori uguali a te. Hanno perfino i capelli lunghi, tutti!"
Il giovane batté il ritmo col piede, con aria di assoluta approvazione. "Sai che ti dico? La musica del futuro è pazzesca!"
Jane sbuffò. "Eh?! A me non piace, è... troppo!"
"A me un sacco. Dovremmo mostrarli a Gareth, Julian e Jeff, un giorno, e a Chrissy. E pure gli insetti apprezzano, vedi?" Il ragazzo sorrise e additò quella scia di lucette, tutto entusiasta. "L'unica cosa che non capisco è..." Controllò meglio il cielo costellato di luminose e minuscole anime di insetti, per assicurarsi di non essersi sbagliato.
"Che cosa?"
Eddie sospirò. "Perché nel ventunesimo secolo muoiono tutte queste api?"---
Chrissy sfiorò i tasti bianchi e neri del pianoforte, incapace di decidere su quale pezzo esercitarsi. Continuava a immaginare Eddie accanto a sé, la mano grande che guidava le sue dita, i teschi che riflettevano le luci del lampadario, i ricci scuri e folti che le solleticavano il collo a ogni bacio, e quel profumo famigliare di legno e cannella e tabacco che la avvolgeva.
Da quando se n'era andato, Chrissy non aveva più suonato: le metteva su un'angoscia indescrivibile. Si sentiva proprio come se non l'avrebbe mai più rivisto, come se tutta quella storia, i baci, le carezze, le risate, i pomeriggi al mare o nel bosco fossero stati tutti parte di un lunghissimo e intricato sogno comatoso. Sì, forse nel bosco, quella volta, aveva battuto la testa cadendo e aveva sognato tutto dall'inizio. Scuoteva il capo a quel pensiero, dandosi della sciocca.
Sua madre aveva ripreso a controllarla in modo ossessivo, dunque le era stato severamente proibito di mettere piede fuori dal palazzo senza di lei e altri accompagnatori. Di conseguenza, non si era potuta recare nemmeno al centro di Viedlenhid a prendere una boccata d'aria e salutare lo zio Wayne e i ragazzi.
Girò una pagina dello spartito, che emise un rumore rilassante.
"Ti eserciti da sola?"
Chrissy si sentì tremare la colonna vertebrale, e si voltò. Il signor Carver era lì, in piedi sulla porta, e la guardava con occhi spaventosamente gentili. Era entrato di soppiatto, più silenzioso di un fantasma. Era sempre così, anche quando saliva e scendeva le scale, silenzioso e regale nei suoi pregiati abiti rosso borgogna che sprizzavano opulenza.
La ragazza deglutì. "Sì."
"Hm. Sei davvero molto capace, ti ho sentita, settimane fa."
Chrissy inspirò piano, e girò di nuovo pagina. "Faccio del mio meglio."
L'uomo camminò, e le posò un palmo congelato sulla spalla. "Racconsolati, Chrissy. Tua madre dice che non sei più la stessa. Sei una bellissima giovane donna, eccelli in tutto ciò che fai, sei gentile. E hai un futuro roseo e pieno di ricchezze e agi davanti a te. Non ti manca nulla."
"Sto a meraviglia." disse lei, cercando di suonare più neutra possibile.
L'uomo fece una pausa, con un sospiro. "Beh. Sappiamo entrambi che non è così." Si accomodò accanto a lei. "Pure io so suonarlo, questo, sai? E il tuo Jason sta imparando. Vedrai quanti fantastici strumenti musicali abbiamo al nostro palazzo. Prima delle nozze, magari, potresti... venire a visitarlo. Te li mostreremo."
La ragazza annuì, debolmente, trattenendo il forte impulso di rompergli qualcosa in piena fronte al solo pensiero delle cose orripilanti che aveva fatto a Eddie e alla sua famiglia. No. Doveva fingere per tenere Eddie al sicuro, come lui stesso le aveva raccomandato. Era il minimo che potesse fare per tutelarlo, al momento. "Bene, ne sarò molto lieta. Adesso dovrei andare a studiare, con permesso." Si alzò, e fece per abbandonare l'ampio salone del pianoforte, ma lui riaprì bocca.
"Aspetta un istante, Christine. Non ti ho dato la grande notizia."
Lei si immobilizzò, senza girarsi nonostante fosse contro le regole di buona educazione che aveva imparato sin da bambina. "Quale?"
Il signor Carver rivolse il corpo verso di lei, e la fissò da dietro. Chrissy si sentiva il suo sguardo addosso, uno sguardo che bruciava.
"So che sono trascorse settimane, ma suppongo che tutta la faccenda di Edward Munson ti faccia ancora molto male, e che è questo il motivo per cui sei tanto malinconica. Ti ha presa in giro, traviata... è imperdonabile."
Lei sentì un groppo pesante formarsi in gola al suono di quel nome.
"Sappi che l'abbiamo preso."
Chrissy fremette, mentre la vista le si appannava di botto. Girò i tacchi con lentezza, senza riuscire a impedire che il suo viso si scolorisse in maniera spettrale. "In che senso...?" soffiò.
Il signor Carver accennò un sorriso, e reclinò il capo da un lato. "I miei fidati uomini l'hanno catturato. Stava cercando di ritornare qui, sai. Forse per continuare a riempirti di... sciocchezze e falsità su quanto ti ama. Non avrei mai potuto permetterlo."
Chrissy strinse i pugni fino quasi a conficcarsi le unghie nei palmi, le dita iniziavano a farsi scivolose dal sudore. "...dov'è?"
L'uomo si accese un sigaro, con tutta la calma del mondo. Pareva che stesse semplicemente conversando di passeggiate e di compere. Era proprio la sua tranquillità a incutere un pressoché inspiegabile timore. Era troppa. Era ingannevole. Era una maschera perfetta. Fece un tiro, e buttò il fumo in aria. "Ti importa sapere dov'è? Devo ricordarti cosa ha fatto, cara? Ha osato ingannare una nobile, una persona di gran lunga superiore a lui. Meriterebbe di morire solo per questo."
"È morto...?" La ragazza lo domandò con una voce tanto flebile che quasi non si udì parlare lei stessa.
"Non lo so. Sarò onesto, questo proprio non saprei dirtelo. Ma se non lo è, penso che lo sarà a breve."
Chrissy non udì nemmeno la fine della frase. Chiuse la porta e scese dabbasso, rischiando di rompersi una caviglia per la fretta con cui percorse le scale coi tacchetti. Cercò Eden nella sala. Non c'era. Si precipitò verso le cucine, e la vide uscire di lì.
La giovane domestica si voltò subito, e mise a fuoco una Chrissy scarmigliata e agitata. "Signorina... va tutto bene?"
"No." Chrissy la prese subito per mano. "Vie... vieni con me... per favore. È molto urgente."Note dell'autrice: PERDONATEMIII (mi farò perdonare, dai).
Ammettetelo, Eddie che scambia gli schermi del concerto per stregoneria vi ha fatto sorridere uu
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The Woods of Viedlenhid
FanfictionPasseggiando nel bosco accanto al paesino di Viedlenhid, alla ricerca delle memorie che la sua mente ha deciso di nasconderle, la nobile Chrissy Cunningham si imbatte in Eddie Munson, un giovane dalla personalità frizzante che le farà conoscere un m...