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Una volta terminato il film, mi chiede «Cosa ne pensi? Qual è stata la tua scena preferita?» ci metto poco a pensare, così replico subito «La scena della rosa»

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Una volta terminato il film, mi chiede «Cosa ne pensi? Qual è stata la tua scena preferita?» ci metto poco a pensare, così replico subito «La scena della rosa».

Lo vedo sorride ed esordisce «Anche la mia. La differenza tra voler bene e amare, è la mia preferita in assoluto.» dopodiché si stende sul pavimento, fissando il soffitto.

«Purtroppo però non la penso completamente come il principe.» rimane a fissare il vuoto, facendo riferimento a quella stessa scena. Tira un sospiro profondo e continua «Dopotutto io penso che si possa amare una persona appena conosciuta».

Mi lascio influenzare e mi sdraio anch'io sul pavimento accanto a sé. «Io invece credo che si possa amare una persona dopo averla conosciuta, anche se non credo che siano le uniche sensazioni di bene. C'è l'innamoramento, la cotta, l'ammirazione e tanti altri.» quasi ribadisco il concetto, ma poi cambia improvvisamente argomento.

«Giorni fa mi domandasti cosa pensavo della mia popolarità.» lo guardo girando leggermente la testa, poi continua chiedendosi «Chi è che definisce la popolarità di una persona dopotutto?».

Prende un respiro profondo e continua, dandomi la sua opinione più vera che ci possa essere «Mi è sempre sembrata soffocante... quasi limitante. Non posso marinare la scuola, perché sono lo studente perfetto. Non posso prendere un brutto voto, perché sono il più bravo dell'istituto».

«Certe volte vorrei solo scappare e vivere la mia vita come voglio, senza sentirmi dire che questo è sbagliato o quest'altro non si fa.» continua a parlarmi ma noto un tono di malinconia nella sua voce. Continuo a guardarlo, riesco solo a sentire in qualche modo il suo dolore e la sua voglia di scappare per poter vivere.

La porta si apre improvvisamente, con il padre che comincia a guardarci in malo modo. «Jisung, devo parlarti.» il suo tono severo sembra essere quasi peggiore rispetto all'ultima volta.

Sento solo delle urla non appena esce dalla stanza, poi parte un colpo, così mi avvicino alla fonte del rumore. Vedo Jisung a terra che si mantiene le guance, mentre la madre lo consola e il padre lo minaccia di colpirlo un'altra volta.

«Quante volte devo ripeterti di comportarti da uomo?!» il suo tono sembra perforare anche i miei timpani, mentre non rimango indifferente davanti a quella scena.

Mi faccio avanti e, una volta che notano la mia presenza, il padre si mette composto e si schiarisce la voce, sistemandosi i capelli.

«Lee Minho, credo sia ora che torni a casa.» la voce del padre sembra intimarmi nell'andare via, mentre guarda altrove.
Annuisco silenziosamente, parlando con voce flebile «Sì... arrivederci signor e signora Han. Jisung ci vediamo domani».

[…]

«Mi sento stupido Changbin. Non riuscivo a parlare, non riuscivo a muovermi nemmeno.» racconto tutto quello che è successo al corvino, cominciando così ad avvertire il suo pensare alla situazione.

«Te l'ho detto Minho, sei innamorato di Jisung, perché non vuoi ammetterlo?» ribadisce subito la sua idea, facendomi mostrare un'espressione per nulla divertita.

Gli lancio un'occhiata e gli faccio «Smetti di dirlo.» trapelando la mia serietà, ribadendo la situazione ancora una volta e del fatto della sua situazione familiare poco piacevole.

«Ti rendi conto che è la prima volta che ti preoccupi così tanto per una persona?» mi chiede subito dopo, con il tentativo di farmi notare la cosa, ma scuoto la testa per negarlo, non osando parlare.

Entra poco dopo Jisung, per iniziare il suo turno. Riesco a notare il suo zigomo leggermente più truccato, per poter nascondere il livido.

Il suo sorriso sembra essere casa per il suo volto, mentre i suoi occhi non sono capaci di mentire sul suo vero stato d'animo. «Lo so, sono in ritardo. Metto la divisa e comincio subito.» entra nel camera di servizio e ne esce subito dopo, prendendo più ordinazioni che può.

Prende il vassoio con l'intero ordinativo, ma ha difficoltà nel portarlo, cominciando a tremare. «Vuoi una mano?» gli chiede Changbin, vedendolo in enorme difficoltà.

Jisung scuote la testa e percorre qualche passo, si ferma per trovare l'equilibrio e non appena percorre un altro passo, cade rovesciando l'intero vassoio al tappeto.

«Jisung!» mi precipito, uscendo immediatamente dal bancone e aiutandolo ad alzarsi, controllando poi che non si sia fatto niente di male.

Lo vedo più preoccupato per l'ordine in sé, che per la sua incolumità. «Mi dispiace per averlo fatto cadere...» comincia a scusarsi, esordiendo con numerose scuse, ma lo interrompo e lo tranquillizzo «Non ti preoccupare di questo Jisung, non importa».

«Cos'è successo qui?» il capo esce dal suo ufficio, guardando con gli occhi sgranati tutto quel casino. «Chi è stato a combinare tutto questo?» chiede in attesa di un colpevole con cui arrabbiarsi.

Jisung sta per farsi avanti e ricevere una lavata di capo, ma lo precedo. «È colpa mia, capo.» faccio un passo in avanti e mi assumo tutta la responsabilità, mantenendo le mani congiunte dietro il corpo.

Guardo il capo riservandomi un'occhiataccia, facendomi poi cenno di seguirlo nel suo ufficio.

[…]

Chiudiamo finalmente il locale e sento gli sguardi di Changbin e Jisung su di me, come se avessi fatto qualcosa da stupirli. «Perché mi fissate in quel modo?» gli chiedo quasi subito, leggermente infastidito da quegli sguardi.

Una volta che saluto Changbin e si allontana, mi avvio insieme a Jisung che continua a starsene in silenzio. «Cosa devi domandarmi?» anche per me il silenzio sembra essere diventato fin troppo.

«Beh... stavo pensando... perché l'hai fatto?» il suo tono è del tutto nuovo, nonostante la sua curiosità sembri essere nei livelli normali. Faccio spallucce non sapendo il vero motivo, poi esordisco «Non so, volevo farlo, dopotutto siamo compagni di progetto».

Mi guarda senza parole, mentre comincio a ridere nell'aver predetto la cosa. «Hai davvero detto 'compagni di progetto'?» annuisco poco dopo, comincia così a ritornargli il sorriso.

Lo sento cominciare a canticchiare leggermente, come se stesse intonando una ninna nanna. Il suono della sua voce sembra essere quello delle sirene che attirano i marinai nelle profondità dell'oceano.

«Oh scusami non volevo, so quanto ti piaccia il silenzio.» si scusa subito dopo avermi sentito prendere un respiro, ma lo interrompo subito «No, non ti fermare, ti prego. Mi piace».

Mi sorride contento, ma ora sembra troppo timido per proseguire a cantare, però ritorna ad essere malinconico. «C'è qualcosa che non va?» scuote la testa, aggiungendo in realtà quel qualcosa «Non voglio che tu sia diverso con me solo per quello che hai visto ieri».

«Come ti viene in mente?» subito gli faccio notare, ma lui chiarisce «Sembra che tu sia un'altra persona oggi. Ti chiedo per favore, di non cambiare solo per quello che è successo.» annuisco, assicurandogli che non farò mai e poi mai una cosa del genere.

«Volevo invitarti a casa mia per poter continuare la ricerca.» gli dico improvvisamente a voce bassa, sperando che possa accettare, così mi guarda e rimane leggermente a pensarci, poi annuisce animatamente.

Sento una strana sensazione salire sempre di più verso la spina dorsale, non appena mi si lancia contro per darmi un abbraccio, la sensazione sembra amplificarsi e continuare.

«Ci vediamo Minho!» mi saluta dopo essersi separato, agitandomi la mano mentre continua ad allontanarsi sempre di più e la mia mente comincia ad amare quel suo modo di fare.

Too Different || MinSungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora