Capitolo 6

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In realtà, le persone
hanno bisogno di
toccare il fondo per
cambiare.
-Fedor Dostoevskij

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Claire's POV

Prima di aprire la porta dello studio di Alejandro mi avvinghiai al braccio di Anthony.

«Bueno, siete arrivati» affermò il mafioso per poi appoggiarsi con la schiena sulla sedia.

Le sue braccia abbronzate e muscolose erano scoperte, a causa della bianca canotta che indossava, e stringevano il corpo di una giovane donna.

Solo in quel momento mi accorsi della sua presenza.

Possedeva dei biondi capelli lisci a caschetto e molto probabilmente eravamo coetanee.

«Lei è Kathrine, la mia ragazza, e il principale motivo della tua presenza qui, Chicago» disse Alejandro riferendosi a me.

«Non capisco. Ti serve un cecchino, per questo motivo sono qui. Mi sbaglio?» domandai facendo la finta tonta.

Quella era una delle caratteristiche di Elizabeth: la stupidità.

«¡Dios mío! Certo, sei qui per fare il cecchino, te l'ho detto ieri, no?» disse per poi passarsi una mano sul viso frustrato.

«Tesoro, calmati, ha solo fatto una domanda» affermò Kathrine passandogli una mano sulla testa rasata.

«Bien, ricominciamo da capo. Ho chiesto ad Anthony di cercarci un tiratore scelto per sostituire Kathrine visto che è incinta» spiegò il messicano dopo aver fatto un profondo sospiro per cercare di calmarsi.

«Oh, congratulazioni» dissi facendo un enorme sorriso.

Kathrine White, ventisette anni, originaria dell'Oregon. Dopo il diploma si era trasferita a Pasadena, in California, per poter frequentare la Caltech, più precisamente la facoltà di educazione fisica. Era una campionessa di pallavolo, una stella promettente che aveva appena iniziato il suo percorso verso la fama e la gloria.

Trofei, medaglie, coppe.

Tutto quanto sembrava evaporato. Ero rimasta incredula dopo aver letto il suo fascicolo. Non riuscivo a capacitarmi di come potesse essere caduta così in basso.

Come faceva a essere crollata in quel modo?

Semplice: le droghe.

In una competizione si ferì gravemente, così tanto che i medici le dissero che non avrebbe mai più potuto giocare a pallavolo. Le prescrissero degli oppiacei contro il forte dolore, ma lei finì per abusarne.

Purtroppo, erano in molti nel suolo americano che finivano come lei.

Gli oppiacei non erano semplici medicine contro il forte dolore, erano delle vere e proprie droghe, dei narcotici, che venivano utilizzate in campo medico. Oltre che narcotici, venivano considerati "euforici", delle sostanze che conferivano il "benessere" fisico e psicologico.

La prima cosa che avevo notato era di quanto fosse cambiata durante gli anni.

Nelle foto segnaletiche nel fascicolo era...spenta e consumata.

Allora i capelli erano lunghi e di un biondo spento, mentre delle nere e profonde occhiaie caratterizzavano il suo viso scavato.

In quel momento, invece, sembrava stare bene, forse fin troppo.

Ma, in fondo, si diceva spesso che chi fosse incinta pareva sempre più radiosa.

Era anche vero che, dopo aver conosciuto Alejandro, si era disintossicata. La sua discesa verso gli inferi, però, non era finita lì. Perché sì, era vero, aveva smesso di farsi di oppiacei, ma aveva incontrato e si era innamorata del diavolo in persona. L'unica mia speranza in quel momento era che il bambino che pian piano cresceva in lei non diventasse un demonio come il padre.

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