Capitolo 26

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Le cose sono come sono.
Soffriamo perché le
avevamo immaginate
diversamente.
Alejandro Jodorowsky

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Erano passate cinque ore.

Cinque dannate ore in cui ero stato costretto a rimanere in quella dannata stazione navale.

A fare cosa? Assolutamente niente.

Quello era il piano che l'FBI, la DEA e io stavamo seguendo. Fare assolutamente niente. Aspettare. Io dovevo rimanermene lì, al sicuro, ad attendere, mentre la ragazza che amavo si ritrovava molto probabilmente in fin di vita. Sicuramente Alejandro non le avrebbe curato le ferite.

Io e Kathrine eravamo seduti dentro quella sala operativa in attesa davanti ad un tavolo con al di sopra posato il cellulare di Anthony.

Cinque ore e diciassette minuti.

Il tempo scorreva sempre più lentamente.

All'improvviso il telefono si illuminò cominciando a vibrare all'interno della stanza.

Tutti tacquero.

Sullo schermo comparve un solo nome: Alejandro.

Schiacciai immediatamente il pulsante verde accettando di conseguenza quella chiamata.

«Alejandro» dissi cercando di moderare il mio tono di voce.

Dovevo sembrare tranquillo. Non dovevo fargli capire il mio stato d'animo in modo tale che non se ne fosse approfittato.

Il piano di Mary era appena iniziato.

«Dov'è Kathrine?» chiese con la voce spezzata a causa del respiro pesante che aveva.

Perché aveva il respiro pesante?

«Cosa stai facendo, Alejandro?» domandai ignorando la sua domanda.

«¡Respóndeme! Dov'è Kathrine? Ti ricordo che qui davanti a me ho la tua amichetta...»

A quelle parole strinsi maggiormente il telefono tra le mie dita.

La rabbia cominciò a divorarmi dall'interno e cercai di mantenere il controllo su me stesso.

Ero un agente speciale.

Non potevo permettere che le mie emozioni prendessero il sopravvento su di me. Non in quella situazione. Non quando Claire aveva bisogno di me. Non quando aveva bisogno che fossi lucido.

«Forse sentirla di farà parlare, ¿qué dices?»

Ciò che susseguì a quella frase fu il colpo di grazia.

Un colpo seguito da un mugolio da parte di una voce femminile.

Claire.

Stava picchiando Claire.

«Vuoi nuovamente Kathrine? Allora non azzardarti a toccare Claire, intesi?» affermai tra i denti voltandomi verso la bionda accanto a me.

Mi sorrise leggermente, come a volermi dare forza, speranza.

«Voglio ciò che è mio e lo voglio adesso! Portami Kathrine e mia figlia, Weston. Io lascerò a te Claire. Vieni da solo. Se vengo a sapere che qualche tuo amico sbirro è vicino a casa mia, una bala finalmente terminará en tu cráneo» comunicò il messicano per poi chiudere la chiamata.

Il piano stava procedendo verso il verso giusto.

Lasciai cadere il telefono sul tavolino passandomi le mani sul viso.

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