Crescere i bambini, avere dei vicini

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Ogni qualvolta Carmine si ponga dubbi sulle energie rimastegli al rientro dal lavoro, ha giusto il tempo di salire quattro rampe di scale per spazzarli via; in caso contrario, non riuscirebbe a parare l'assalto del maremoto Futura Di Salvo con la prontezza adeguata alla circostanza.

"Papààà!" è il grido all'arrembaggio regolarmente lanciato da quello scricciolo di un metro e uno sputo, in previsione del tentativo di far affondare la nave alta più di un metro e ottanta che è suo padre. D'altronde, il suo DNA rema a sfavore di un approccio meno adorabilmente esuberante. Possono essere passati giorni o poche ore, ma se stanno separati, ne avverte parecchio la mancanza. Raramente si incontra una bambina più posata di lei, all'età di 6 anni; ma quando si tratta di farsi rispettare, ha ereditato quella ferma assertività così caratteristica del papà, che di solito riesce a mitigare la buona dose di reazioni fumantine impartitele dalla migliore delle maestre.

Per ovvi motivi, quel richiamo non suscita più le stesse emozioni del primo periodo: innanzitutto, perché la quotidianità, volenti o nolenti, toglie sempre un pizzico di magia; in secondo luogo, sentirselo ripetere più volte al giorno, soprattutto in circostanze di richieste assillanti, spazientirebbe anche la persona più zen del pianeta, ed è risaputo che Carmine lo sia.

Eppure, quel saluto così genuinamente entusiasta ha sempre il potere di ripristinare l'ordine dell'universo e di riequilibrare qualunque stortura: pessimo umore, problemi, giornata complicata ... E neanche la presente fa eccezione. Abbracciare sua figlia, respirare il suo meraviglioso profumo di ammorbidente, riempirla di baci finché non si stufano entrambi, gli infonde una gioia impareggiabile.

Deriva dalla consapevolezza di essere stati attesi da qualcuno di fondamentale, quindi voluti, amati. Infatti, la beatitudine del ricongiungersi con l'altra metà della mela viene immediatamente dopo. Ma col tempo, Rosa ha imparato a presentarsi dopo alcuni minuti per salutarlo, evitando di attendere in piedi – come se non lo facesse abbastanza durante il giorno - che il loro rituale giunga al termine.

In alternativa, li raggiunge e attende seduta, proprio perché non riesce ad abituarsi al dolore ai piedi. Questo è uno di quei giorni, dal momento che la notizia da comunicare a entrambi è di importanza prioritaria. Nel frattempo, si gode silenziosamente la visione dei suoi ricci scompigliati, dopo un'intera giornata passata a sistemare quelli altrui, e più in generale le chiome altrui.

Avendo finalmente riscosso il proprio meritatissimo bacio e un sorriso che gli sta già riempiendo il viso, Rosa è ancor più determinata nel dare a Carmine un valido motivo per espanderlo ancor di più.

Innanzitutto, però, s'informa riguardo al lavoro. "Sei tornato prima del solito, incredibile!"

"Oggi c'erano rimaste solo un paio di persone, quindi mi hanno detto di tornarmene a casa."

"E meno male; praticamente vivi là, ormai... E se ne sta accorgendo pure tua figlia." osserva Rosa, accennando col capo al piccolo koala materializzatosi addosso al marito sfinito che si ritrova.

Ridendo, convince la figlia a staccarsi con l'ennesimo bacio. "Ok, ok, vi lascio soli..." concede, fingendosi mesta, quando in realtà si rende conto dell'importanza che abbiano i loro spazi.

Sul viso di Carmine si stanno scavando solchi sempre più profondi che non piacciono affatto alla moglie, e non per ragioni estetiche. "Cà, 'sta vita da dipendente t sta accirenn!" insiste, sentendosi più libera di passare al napoletano. "Ij te l'agg ritt cient vot, ma pecché non ti apri un negozio tutto tuo?"

Per tutta risposta, come da copione, lui alza gli occhi al cielo. "N'ata vot mo." Non ama ripetersi, ma lei glielo rende inevitabile: "Tarantè, 'o saje, lo volevamo fare io e Nina... Ora che senso avrebbe?"

Dipingiamolo insieme, questo futuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora