Papaveri

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Samir Arafat, sembrano passati secoli, ma in realtà è passata solo qualche settimana.

Era una mattina di primavera quando io distesa in un campo di papaveri, con tutta la velleità del preromanticismo, sonnecchiavo ripensando a i compiti e a Nathan, la mia cotta di quest'anno.

Stavo ripensando appunto a quella volta in cui io e Nathan eravamo seduti assieme sull'autobus viaggiando verso il museo di scienze e storia naturali con tutti i ragazzi del nostro anno.

Era così sexy quel giorno, con la sua chioma dorata e le sue sopracciglia rasate a zero e il papillon. Dal momento che era il più carino della classe, pensavo, non avrei mai avuto una chance con lui. Però quel giorno avevamo parlato tutto il tempo e io volevo vedere se si riusciva a far scattare della chimica, anche se onestamente potrei essere stata un po' inopportuna.

Perdonatemi ma quando mi prende faccio proprio la stupida, e fingendo di avere un gran sonno mi ero distesa su di lui, poggiando le snikers sul finestrino. Nathan con ilarietà mi stava raccontando di tutti i modi in cui si possono fare dei nodi da marinaio.

"Devi fare passare la corda di canapa sotto la corda di seta cosicché si generi un forte attrito con la corda di liuto; a questo punto cominci a cerare la corda di seta di modo che la corda di canapa vi scorra attraverso. Infili quindi l'avambraccio tra le due corde e spingi verso la terza, introducendovi la quarta, che deve fare il giro tutto attorno alle altre, e si stringa in particolare con la seconda e non molli la presa, a meno che non si passi il gancio che hai fatto all'inizio e non passi tra le sei intersezioni; fatto questo puoi immettere il panno intriso di benzina tra le quattro corde e avvolgerlo tre volte per ognuna, mentre ritagli pezzetti della corda di seta e li usi per connettere bene la quarta con la prima. È importante che nessuno di quei pezzetti si bagni perché così facendo quando darai fuoco al panno tutto il nodo si scioglierà, invece tu dai fuoco, aspetti cinque secondi, il tempo che raggiunga la temperatura desiderata, rovesci il secchio d'acqua che avevi legato alla prima corda, tutto si spegne, ed ecco che finalmente avrai il tuo nodo cazzo!"

Estasiata io lo stavo ad ascoltare quando mi sono resa conto che pure Nathan evidentemente si stava cominciando a eccitare particolarmente, perché si sentiva sulla mia nuca sempre più un oggetto turgido.

Io ero imbarazzatissima perché lui parlava e faceva finta di niente, ma io non ci riuscivo e cominciai a pensare che cosa si dovesse fare in questi casi. Avrei dovuto muovere il capo senza dire nulla, ma onestamente, okay essere su di giri e tutto, ma dovrebbe essere lui a scostarsi un attimo piuttosto che tenere il (perdonate il termine, che imbarazzo) il suo pene, esattamente in corrispondenza della mia nuca. Avrei dovuto farglielo notare, ma mi vergognavo. Era pure scomodo, e grosso (oh mamma mia) e, l'ho già detto, turgido, duro. E particolarmente duro!

Non ce la facevo più e gli ho detto: "Oh, scusa, sto un po' scomoda, hai per caso una cosa nei pantaloni?"

"Sì, scusa" si è abbassato la zip e ho visto uscire dai pantaloni il martellino rosso che serve a rompere i finestrini in caso di emergenza.

"Ah... ma..."

"Sì, sì, è di qui, l'ho preso per stare più tranquillo."

"In che senso?"

"Io non riesco a stare tranquillo se non ho i martelletti di emergenza subito a disposizione, è una cosa che faccio sin da bambino. Da piccolo io facevo danza, e quindi spessp tornavo a casa con le tute attillate, solo che quelle non avevano le tasche. Appena ho assistito però a un incidente di un autobus, con le vittime stese a terra e feriti dappertutto, mi è venuta quest'ansia di avere sempre a portata di mano il martelletto. Quindi quando tornavo da ballo con la tutina non potevo che infilarmelo sotto le mutande perché il conducente non mi vedesse."

"Oh, non ne avevo idea, scusa se mi è parso strano all'inizio, sei un ragazzo così sensibile."

"Oh, per carità riconosco che è strano, la mia psicologa lo interpreta come se fosse un modo di compensare la mia insicurezza riguardo le dimensioni del mio... no, hai capito? Per questo lei mi dice di non preoccuparmi, e mi ha dato un kit di martelletti sempre più piccoli da infilarmi nelle mutande mentre dormo andando progressivamente a scalare di dimensione."

Ripensavo a quella conversazione magnifica, per quanto bizzarra, avuta sull'autobus. E pensavo a Nathan, tra le mie braccia, quel ragazzo così bello e fragile.

Eppure avvertivo già una strana sensazione che si agitava nella testa e picchiettava come un martelletto di emergenza sull'autobus. La stessa che poco dopo mi avrebbe persuasa a lasciare perdere i ragazzi, specie Nathan, così carino e così popolare: non certo un tipo di ragazzo che se la fa con ragazze come me.

Mia sorella, lei sì che poteva permettersi di fare la scema con i ragazzi. Io non avevo spazio nel mio cuore per l'amore, per la debolezza. Ho scelto la forza, di essere una ragazza armata come Minerva, da sola contro tutti. Non sarò bella come mia sorella, e non avrò la sua stessa personalità, ma almeno posso rivaleggiare in intelligenza.

Ma allora non lo sapevo e non facevo altro che folleggiare tra quelle file di papaveri rossi.

Quando ad un tratto la ruota di una bicicletta non mi investe in pieno e non vengo travolta da questo ragazzo con il giubbotto di pelle.

Samir Arafat si era alzato con un grugnito. A fatica mi tirai su, anch'io. Per fortuna non avevo niente di rotto.

Samir Arafat bestemmiò trai denti notando che i suoi pantaloni militari si erano riempiti di terra. 

Appena sentii insultare il nome di Gesù e Maria mi venne un sussulto dentro il cuore. Ma non feci in tempo a dirgliene quattro che lui si era già acceso una sigaretta.

Ma come?! Quel ragazzo, a quell'età già fumava! Sì, lo so che alcuni già lo fanno, però... non saprei, non la farei mai una cosa del genere io!

Con le mani in tasca e la sigaretta in bocca Samir Arafat prese ad attraversare il campo di papaveri.

"Hey!" feci io, "Non mi chiedi se mi sono fatta male?" e scostai la biciletta di lato.

Samir si voltò per un attimo e guardandomi con la coda dell'occhio disse: "Ehilà!" e ghignò.

E se ne andò così per il campo di papaveri, verso l'orizzonte, al tramonto, con la sigaretta in bocca e il giubbotto di pelle. e le fossette che si erano aperte sulle guance.

QUANTI STUPIDI ERRORIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora