Capitolo 7

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Le settimane passano in fretta senza nessun altro colpo di scena. I giorni si susseguono veloci, e il weekend arriva come un soffio di vento. Da quel maledetto martedì ho cominciato un'indagine, che per molti sembrerà una pazzia, ma per me è indispensabile. Voglio scoprire assolutamente cosa nasconde quel ragazzo, sono sicura che sotto il suo comportamento ci sia qualcosa. Dalle ricerche effettuate in rete, sembra che abbia fatto diverso scalpore durante questi anni. Notizie di questo genere le trovi facilmente, soprattutto se si tratta di un piccolo rampollo di buona famiglia. Ha cominciato a dare problemi dai quindici anni in su, nessuno sa dare una spiegazione al cambiamento repentino di carattere. Di lui si trovano però solo marachelle, piccoli furti e diverse tate che ha fatto fuggire. Ho intenzione di partire proprio da loro, infatti ho accuratamente appuntato i loro nomi e ho subito iniziato a cercare un modo per rintracciarle. Non è stato facile, però grazie alle immagini sulle notizie, ho evitato di chiamare una lista infinita di gente. Quando Erik la sera usciva, le telefonate cominciavano. Il problema e che quando nominavo quella famiglia, la comunicazione era all'improvviso interrotta. Stavo perdendo le speranze, quando l'ultima della lista mi ha stupito altamente.

- Ti prego fa che sia la volta buona - dico mentre porto il telefono all'orecchio.

Il cuore batte come un tamburo ad ogni squillo di questo aggeggio, fino ad ora nessuno ha voluto ascoltarmi più di un minuto. Ogni volta che faccio il nome della famiglia di Erik, c'è chi mi dice di non conoscerli e chi riattacca immediatamente. Sembra quasi di nominare il diavolo in persona, incredibile.

- Pronto - la voce al di la del cellulare mi distoglie dai miei pensieri.

- Buongiorno, parlo con la signora Grace Rowann? -

- Si sono io, con chi parlo? -

- Salve signora, mi chiamo Alexa Rose. Noi non ci conosciamo, ma vorrei chiederle il favore di vederci. Avrei bisogno di farle qualche domanda su Erik Carrese - Il silenzio al di la della cornetta non premette nulla di buono.

- Posso sapere a che scopo vorresti delle informazioni su quel ragazzo? -

- È una situazione ingarbugliata, però se mi dà la possibilità di parlarle a voce le spiegherò tutto. Lei alla fine del mio racconto potrà decidere se cacciarmi, o dirmi qualsiasi cosa le venga in mente -

- Ti sento abbastanza disperata ragazza -

- Beh diciamo che lei è l'unica che abbia parlato con me per più di due minuti - dico ridacchiando nervosamente.

- Immagino, va bene allora -

- Davvero? - il mio stupore si sente a chilometri di distanza.

- Sabato mattina alle dieci in punto, abito nel distretto di Harlem nella 130th Street n.50 -

Con questo pensiero, mi alzo velocemente. Essendo sabato, non ci sono lezioni, questo significa che posso andare dove voglio indisturbata. Faccio una colazione abbondante, oggi è una giornata impegnativa. Quando rientro in camera mi lavo e mi vesto velocemente con una tuta per restare comoda. Prendo tutto il necessario per la giornata, e prima di uscire di casa afferro di fretta anche una mela, giusto per evitare attacchi di fame. Fuori casa il vento freddo si abbatte su di me, fortuna che ho pensato di mettermi una sciarpa. Uscita dal quartiere mi immetto nel traffico di New York, la puzza dello smog più concentrato, mi assale i polmoni, e la rumorosità del traffico mi stordisce. Cerco di fermare un taxi in mezzo a tutta quella confusione, il distretto dove abita Grace è abbastanza lontano, non posso pensare di andare a piedi ci impiegherei almeno due ore. Quando dopo parecchi minuti riesco nel mio intento, do l'indirizzo al tassista e mi metto comoda. Non riesco a non essere agitata, cosa scoprirò? Quella donna mi dirà ciò che voglio sapere? Non voglio essere pessimista, ma mi sembra tutto troppo facile all'improvviso. Pensavo di metterci dei mesi, invece dopo due settimane ho già un contatto. Spero solo di non ricevere una brutta sorpresa alla fine della giornata, dopotutto sto andando ad incontrare un'estranea. Dopo più o meno venti minuti, entriamo nel quartiere di Harlem. I palazzi colorati e ampi mi sfrecciano davanti agli occhi, così come le chiese rinomate per i loro cori gospel. La cultura sprizza da tutti i pori di questo quartiere, qui si insediarono gli afro-americani durante la grande migrazione. Ancora oggi si possono vedere e comprare nei piccoli mercati, oggetti e vestiti tipici della cultura africana. Non dimentichiamoci dell'arte, qui avvenne la nascita del jazz e del blues. Inoltre mentre percorriamo le strade del quartiere, ammiro i vari murales che si manifestano davanti ai miei occhi, i loro colori, la loro fantasia mi avvolge facendomi rimanere senza fiato. Il tassista ad un certo punto comincia a rallentare, si ferma davanti ad un palazzo. Lo pago ed esco velocemente, guardo l'orologio, sono le dieci in punto. La struttura è di colore marroncino, ci sono delle scale di colore grigio fumo che puntano verso la porta d'ingresso. Sul muro di fianco al portone c'è scritto in grande con una vernice nera il numero civico. Faccio un respiro, buttando lentamente fuori l'aria per darmi coraggio mentre salgo le scale del portico. Arrivata busso con forza per farmi sentire, ho il cuore che batte all'impazzata, le mani mi tremano e il respiro è veloce. Passano i minuti ma nessuno viene ad aprire, busso una seconda volta, ma sembra proprio che la casa sia vuota.

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