Capitolo 1

51 10 27
                                    

Quando lo vidi per la prima volta, nel momento in cui, all'inizio di questa avventura, scorsi i suoi occhi, capì immediatamente che in quel ragazzo c'era qualcosa di nascosto. Ma a quel tempo ero troppo chiusa nel mio dolore per capire che di lui avrei potuto fidarmi, troppo cieca per vedere che poteva capirmi più di chiunque altro. Non credevo che in questo mondo ci fossero persone simili a me, forse perché pensavo che il mio dolore fosse unico, o perché molte delle sue azioni mi hanno spinta verso la direzione opposta, non lo so, ancora a distanza di anni non riesco a spiegarlo. Eppure inconsapevolmente da quel giorno qualcosa nella mia vita cambiò. 

Ricordo che stavo tornando a casa, avvolta dall'enorme cappuccio della mia felpa. Lasciavo che la pioggia bagnasse i miei vestiti, e il freddo entrasse nelle mie ossa, ma nonostante il tremolio dei denti e i muscoli che chiedevano solo un riparo caldo da quella coltre di ghiaccio, continuavo a camminare come se niente fosse.
Quando arrivo in quell'edificio che tutti chiamano casa, vedo uscire subito una signora paffuta, di mezza età, avvolta in un impermeabile arancione. Sguscia a passo di carica dalla porta, portando un ombrello in una mano ed una coperta nell'altra. Il cipiglio nervoso sul suo volto si nota lontano un miglio, non ha nemmeno bisogno di parlare, le sue emozioni le si leggono dritte in faccia. Doris è la governante di casa fin da quando io ricordo, tutti i pochi momenti di felicità che ho avuto li ho passati insieme a lei. So bene il perché della sua espressione, non le piacciono i mie comportamenti, il mio rimanere distaccata e indifferente ad ogni cosa. Ma con il tempo ha capito che qualunque parola lei potesse spendere per rimproverarmi sarebbe stata inutile, parlarmi era come parlare con un muro. Si è presa cura di me fin da quando ero bambina, forse è l'unica persona a cui dedico un po' di affetto. Lei sa tutto quello che mi ha portato ad essere così glaciale con il mondo, e nonostante lo neghi, so perfettamente che in parte si sente responsabile di questo cambiamento che non è riuscita ad impedire.

Mi copre la testa con l'ombrello e mi mette l'asciugamano sulle spalle facendomi entrare dentro quella specie di reggia in cui abito. Di solito, dopo questa routine vado di corsa in camera mia. Ma in quel momento vengo attratta da qualcosa che non sarebbe dovuto essere li, che scombina l'intero ordine che quella casa ha avuto in tutti questi anni. Un ragazzo si trova sul divano in velluto blu scuro, sistemato al centro della stanza. È seduto in maniera scomposta, i ribelli capelli corvini sono davanti al suo viso, ma non bastano a nascondere la sua espressione, che insieme alle braccia incrociate fanno capire quanto possa essere scocciato in quel momento. Quando si gira a guardarmi, ho una strana sensazione, subito dentro di me si insinua uno strano disagio. È come se attraverso quello sguardo, lui stesse cercando di leggermi dentro, di scrutare il mio animo per carpire i segreti che nascondo.

- Lui è Erik, il ragazzo di cui ti ha parlato tuo padre prima di partire, ricordi? -

Doris sembra leggermi nel pensiero, ha risposto a tutte le domande che affollano la mia mente in un secondo. In effetti ora che ci penso bene, mio padre mi ha parlato di lui. Da quel poco che ricordo, mi ha accennato ad un ragazzo che avrebbe vissuto con noi a tempo indeterminato, o almeno fino a che i suoi genitori non sarebbero tornati dal viaggio di lavoro che avevano intrapreso. Sentendosi nominato, si alza dal divano avvicinandosi a me, il broncio viene sostituito da un sorriso di scherno che cerca di camuffare, ma in malo modo. Una volta vicino, riesco a vedere meglio il suo viso, gli occhi sono di un nero intenso, sembra quasi che il buio della notte sia entrato all'interno di essi. Ha un corpo tonico ma non troppo, mi porge la mano leggermente abbronzata nonostante il mese di ottobre, aspettando che io la stringa e che mi presenti a mia volta. Come imparerete presto però, faccio sempre il contrario di ciò che la gente pensa. Proprio per questo mi incammino verso le scale salendo al piano di sopra, lasciando il nostro ospite da solo con la mano ancora alzata e una Doris sconsolata che cerca in tutti i modi di scusarsi per il mio comportamento. 

You're in my mindDove le storie prendono vita. Scoprilo ora