54- L'agognata libertà (I)

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August era arrivato troppo tardi. Sapeva che qualcosa in Fleurdelys Skysee si fosse irrimediabilmente rotto, ma non si aspettava di trovarla con le mani intorno al collo di Vermund, in una presa così ferrea da aver disegnato sulla sua pelle chiara chiazze rossastre. Quando entrò nella sala del trono, nessuna guardia al di fuori in caso di necessità, suo nipote era già morto.

La sacerdotessa l'aveva strozzato al punto da non aver nemmeno realizzato d'essere stata portatrice di morte, una rabbia così primitiva negli occhi che ad August vennero in mente i draghi a caccia, le bestie predatrici che uccidevano mai sazie nei cieli e in terra. Continuava a stringerlo con forza, ma non era vendetta la sua. Fleurdelys non era lucida. August lesse sul suo viso la vera disperazione, la stessa con cui aveva convissuto Vermund fino a quel momento. Quella ragazzina era spezzata, rotta, smarrita in un'angoscia e in un dolore che August non avrebbe mai potuto capire. Le si avvicinò piano, Fleurdelys che stringeva ancora Vermund per il collo senza accorgersi di quanto fosse diventato pesante tenerlo in quel modo.

«È morto, puoi lasciarlo ora»

Servirono quelle parole perché Fleur lo lasciasse. Lo fece come se si fosse scottata, come se avesse ricevuto uno schiaffo in pieno viso e guardato in faccia alla realtà dopo troppo tempo a navigare in un mare senza fine e vita. Il corpo di Vermund cadde al suolo in un tonfo, un braccio che penzolava dai gradini. Aveva ancora gli occhi aperti, spalancati per l'assenza di ossigeno, e guardavano verso Fleurdelys con una gratitudine di cui August non si meravigliò: la sacerdotessa lo aveva liberato da un tormento impossibile da definire. Vermund sorrideva.

August si avvicinò al cadavere, abbassandogli le palpebre. Non meritava una morte liberatoria, August ricordava fin troppo bene lo spettacolino che mesi prima aveva regalato a ogni cittadino convocato nella Capitale. Ricordava quella smania di potere, quel suo fare teatrale, la morte oscena di Dionne Skysee e il modo in cui le aveva strappato il cuore dal petto. August ricordava tutto ciò che in quell'anno di violenza era successo, dalla schiavitù alle esecuzioni pubbliche in ogni isola del regno. Non meritava di trovare la pace, nemmeno dopo averlo visto indebolirsi giorno dopo giorno, nemmeno dopo aver capito quanto Vermund fosse umano, vittima della solitudine e della paura. Non meritava altro che una vita di sofferenze, eppure August fu felice che gli dèi avessero avuto di lui pietà.

Fu felice di averlo potuto conoscere e anche di aver potuto condividere il ricordo di sua figlia. Era stato come riportarla un po' in vita, quel poco che bastava per ricordargli anche che, nonostante la somiglianza fisica con la madre, Elaisa non avrebbe mai percorso una strada così crudele. August era comunque contento che privarlo della forza e della grandezza a cui Vermund aspirava fosse per lui una punizione sufficiente e sperò, sperò con tutto il suo cuore, che potesse finalmente ricongiungersi a sua madre, e trovare in lei quell'amore che, come un bambino capriccioso, aveva cercato prima in Fleurdelys e poi in lui.

Si alzò. Dietro di lui la sacerdotessa era ancora immobile, il volto pallido che sembrava l'incarnazione della Morte. Non c'era emozione in lei, non c'era nulla più che quell'espressione distante, lontana dalla realtà. Si stava isolando, comprese August, si stava distaccando emotivamente da tutto ciò che la circondava. Perché? Cosa la spingeva a non assimilare, a non vivere quanto stava compiendo, a rifiutare quelle che erano le sue scelte? Fleurdelys aveva scelto di uccidere Vermund, August lo sapeva perché quella notte suo nipote l'aveva raggiunto in preda all'ennesima crisi e gli aveva detto che voleva rimediare, che aveva sbagliato tutto. Aveva blaterato qualcosa sul Dio Sole e nonostante ciò che diceva sembrava non avere alcun senso, ad August era sembrato sincero.

Gli piaceva pensare che anche nelle vite più buie potessero accendersi luci improvvise, che quando tutto è perduto tutto diventa possibile. Vermund voleva morire, di questo era certo, ma se Fleurdelys Skysee gli avesse dato la possibilità di redimersi, Vermund l'avrebbe colta, aiutandola davvero. August voleva crederci, ne aveva bisogno. Doveva credere, per l'affetto che provava per sua figlia, che Vermund in fondo era buono, che sotto tutto quell'egoismo e quella terribile sete di potere, ci fosse un uomo semplicemente solo, un uomo disperato.

Skysee - La Maledizione del Sole e della LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora