28 - Le chiavi di casa

105 6 5
                                    

Le lezioni di oggi sono state davvero pallosissime, non c'è stato niente che ha saputo attirare la mia attenzione. Ho trascorso le interminabili sei ore di scuola a disegnare cuoricini e forme astratte sui margini dei libri, cercando disperatamente di combattere la noia che mi avvolgeva come un cappotto troppo pesante.

Affranta e con la mente offuscata, mi dirigo verso l'uscita dell'istituto, trascinando i piedi lungo il corridoio. Faccio una breve sosta presso la fontanella all'esterno, sperando che l'acqua possa sciacquare via almeno un po' della stanchezza che mi opprime. Da qui, sono sorpresa di vedere mio fratello seduto su degli scalini. Mi avvicino a lui, per chiedergli cosa stia facendo. "Ho un corso pomeridiano, sai... per avere più credito." Mi risponde, con tono colmo di convinzione.

"Non è che mi dai il ritorno?" Gli domando, supplicandolo con lo sguardo. Mio malgrado, afferma che il suo impegno inizierà a breve e che non può assolutamente fare ritardo. "Almeno sai se la mamma è a casa?" Cerco un appiglio, qualunque cosa, che mi impedisca di fare la strada verso casa a piedi. "È in ufficio, Anne, lo sai." Torna a guardare il telefono, mentre io mi allontano disperata.

Ovviamente, quando sono esausta non c'è nessuno ad arrivare in mio soccorso. E questo discorso non cambia solo perché sono sempre stanca.
Decido di chiamare Jane, la quale dopo qualche squillo butta giù senza nemmeno degnarmi di una risposta. Evito sempre di dire parolacce, ma che palle, sul serio.

Mi incammino, a passo visibilmente scocciato. I miei piedi calpestano il marciapiede come se fosse il
loro peggior nemico, per non parlare della mia espressione, che penso che farebbe venire i brividi a chiunque.

Buttando uno sguardo in giro, non posso non notare Shawn, che sta mettendo in moto il suo Range Rover. In questo momento sarei persino capace di chiarire con lui, pur di avere un passaggio. Ma c'è una parte di me che trova strano desiderare il suo aiuto, nonostante tutto. Non posso negare che, in qualche modo, mi manca: nonostante i suoi difetti, non avrebbe mai osato trattarmi come ha fatto Cameron. Nonostante tutto, mi metteva al primo posto, senza nemmeno pensarci sopra.

Senza neanche farci caso, mi ritrovo davanti al mio portico.  Il tempo è cambiato bruscamente durante la mattina, e il cielo è ormai dominato da nuvole nere minacciose. Il vento leggero mi fa rabbrividire e stringere le braccia intorno a me stessa mentre mi affretto ad entrare in casa.

In tutta onestà, avrei potuto aprire il frigo per prendere della carne avanzata dalla cena di ieri, ma sono troppo pigra per cucinare e lavare la padella, i piatti... Preferisco di gran lunga non mangiare.

Mi sdraio sul divano, spaparanzandomi, in quanto non essendoci mia madre, non vi è nessuno in diritto di sgridarmi. Accendo la tv dal telecomando, selezionando un canale di telenovelas spagnole: non è proprio la prima cosa che mi passa per la testa di guardare, ma sicuramente la più interessante trasmessa in questo momento.

I miei pensieri, però, vengono interrotti dal suono del campanello. È possibile che Jack abbia già finito il corso a scuola? O che mia madre abbia finito di lavorare così presto? Senza pensarci due volte, mi dirigo alla porta e la apro. Ciò che vedo, però, riesce a farmi mancare il respiro. Cameron è immobile davanti a me, guardandomi con i suoi occhi color miele così dolci ed affettuosi.

Mi stupisce vederlo a così poca distanza da me, anche perché pensavo che non sarebbe successo più, che non avremmo nemmeno più parlato. L'altra sera era stato chiaro: non poteva smettere di stare con Diane, perché lei aveva fatto tanto per lui bla bla bla...

"Hey... Ti disturbo?" Mi domanda, sistemandosi i capelli nervosamente. La tentazione di rispondere in modo tagliente è forte, ma le parole usano la mia bocca prima ancora che io possa pensarci sù. "Hey. No, dimmi." La mia voce è sorprendentemente stabile mentre lo fisso negli occhi, lottando per non farmi travolgere dalla miscela di emozioni che si accavallano in me. Per qualche strano motivo, come ogni volta in cui siamo vicini, il mondo attorno diventa insignificante. In questo momento, mi interessa solo guardarlo attentamente in modo tale da non perdermi nessun movimento, nessuna sua micro espressione.

Un sorriso nasce sulle sue labbra, un sorriso sincero e caloroso che mi coglie di sorpresa.
"Sono rimasto chiuso fuori dalla porta, e mi chiedevo se... Insomma, potessi ospitarmi fino a quando non torna qualcuno a casa." Si morde il labbro, subito dopo avermi indirettamente domandato di farlo entrare. Annuisco col capo, spostandomi di lato. "E se tu avessi anche qualcosa da mangiare, mi farebbe piacere, ecco." Ammette, mentre si sistema nel mio divano, nello stesso modo in cui ero sdraiata io.

Sorrido al pensiero, dirigendomi in cucina. A quanto pare, era destino che io dovessi fare queste cotolette. Prendo una padella, buttandogli sopra dell'olio in modo da farlo riscaldare. In poco tempo, diventa bollente, e pronto per friggere la carne. Purtroppo, però, un paio di gocce roventi ribollono e colpiscono il mio braccio, lasciandomi una sensazione di bruciore acuto. Non riesco, dunque, a non farmi scappare un gemito di dolore. "Cazzo." Sussurro, a bassa voce.

"Ti sei fatta male?" Mi domanda il moro, guardandomi dal soggiorno. "No, tranquillo." Rispondo, cercando di non palesare il malessere. Il braccio mi sta bruciando, e, guardandolo, noto delle
macchioline rosse - delle silenziose testimoni della mia costante sfiga.

"Sei sicura? Ti do una mano." Afferma, raggiungendomi in pochi secondi. Non ho neanche il tempo di replicare, che si piazza dietro di me. Non vorrei assolutamente averlo vicino, in quanto so fin troppo bene di non potermi controllare. Sentire il suo fiato sulla pelle, mi fa andare totalmente fuori di testa e non è un bene.

Per l'appunto, come se avessi subito un incantesimo, mi immobilizzo, percependo il suo petto attacco alla mia schiena. Mi avvolge, facendomi riconoscere il suo profumo... Il suo dannato ed irresistibile profumo speziato che, per quanto è buono, non riuscirei nemmeno a descriverlo.
Le sue braccia sono appoggiate alle mie, mentre con le mani posiziona la carne senza sbagliare nemmeno una volta - al mio contrario.

Le cotolette friggono sfrigolando nella padella, e io cerco di concentrarmi su questa semplice attività per evitare di sentire troppo la vicinanza di Cameron. La sua presenza mi crea una sorta di confusione emotiva, perché da un lato provo ancora rabbia per come mi ha trattato, ma dall'altro c'è un'attrazione che sembra non voler svanire.

"Se questo è il tuo modo di starmi lontano..." Sussurro, mentre spegne il gas, restando impuntato dietro di me. Riesco a percepire ogni parte di lui adagiata sul mio corpo, persino il suo membro che mi tocca la schiena con insistenza.

Mi gira di scatto, facendo incontrare i nostri sguardi per qualche tempo che mi sembra infinito. "Mi sembra che io sia solo andato dalla mia vicina per avere un rifugio dalla pioggia, o sbaglio, treccine?" Domanda, mentre io rivolgo uno sguardo fuori dalla finestra per accettare ciò che sta dicendo. Effettivamente, vi è un forte temporale che prima non avevo neanche notato.

Si stacca da me, mantenendo il nostro contatto visivo. Si morde il labbro mentre prende la padella dal manico, per posare le cotolette nei piatti.

"La principessa è servita." Dice ad alta voce, mentre si dirige verso il tavolo.

Immensamente tua - Il mio vicino di casaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora