1. Esperimento perfetto

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ASTRID

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ASTRID

Passarono quattro giorni da quella notte folle. Quel caso di omicidio procurò particolare stupore tra il corpo studentesco, soprattutto perché Aaron frequentava la New York University come noi.

Tutti i giornali riempirono le prime pagine con articoli di cronaca; avanzarono diverse ipotesi sulla ricostruzione del caso o su cosa potesse celarsi dietro una morte così brutale.

Furono giorni di rimorso, paura e nervoso. La mia mente viveva tormentata dal ricordo, dall'idea che non avrei mai più dimenticato quelle chiazze di sangue sull'asfalto imbrattato.
Il rosso carminio si mischiava alle infinite sfumature di oltremare dei suoi occhi.

Riuscivo ancora a sentire il suo sguardo inquisitore bruciarmi addosso, il suo profumo sulla mia pelle — nonostante ci fossimo sfiorati appena qualche secondo.

Non riuscii a cancellare, tuttavia, la sensazione di essere corrosa dal rimorso, quasi come se le mie verità omesse mi stessero uccidendo dall'interno.

Mordicchiai il tappo della penna, fissando la pagina bianca del quaderno.

Era mio solito arrivare con sollecitato ritardo a lezione, ma in quei giorni mi fu particolarmente difficile chiudere occhio. Così quella mattina arrivai per prima, prendendo posto in prima fila mentre l'aula era ancora del tutto vuota.

Asher Ayers: era il nome scritto a matita su quelle banconote. Lo cercai in lungo e in largo in quei giorni, ma con scarsi risultati.

Presi a massaggiarmi le tempie, fissando quel bicchiere ancora mezzo pieno di caffè. Il rumore del silenzio prese a tormentarmi e tirai un sospiro di sollievo quando sentii la porta aprirsi. Il sollievo però si trasformò ben presto fastidio, perché a varcare la soglia dell'aula fu l'ultima persona che avrei mai immaginato di vedere.

Le profonde occhiaie e i capelli scompigliati erano in netto contrasto col suo aspetto pulito e composto. Indossava una t-shirt bianca, perfettamente stirata, e un paio di jeans a lavaggio chiaro. Arricciò le labbra quando mi vide, stringendo il suo bicchiere di Starbucks.

«Buongiorno.» Mi superò velocemente, prendendo posto in fondo all'aula.

Mi voltai nella sua direzione, cercando invano di trattenere il mio stupore.

«Sei serio?» Mi sentii mancare un battito quando strinse la bustina di zucchero tra i denti, intenzionato a versarlo nel suo caffè nero.

«Troppa caffeina, per questo sei così agitata.» Inarcò un sopracciglio, forse notando il mio aspetto stanco. Dovevo essere orribile.

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