7. Religione

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ASTRID

Pioveva a dirotto: così forte da farmi desiderare di rimanere a crogiolare sotto le coperte. Purtroppo, però, quella mattina fui costretta ad alzarmi e fare il mio turno in biblioteca.

Una volta lì, tirai un sospiro di sollievo quando capii che non era ancora arrivato nessuno.

Mi passai nervosamente le mani tra i capelli, camminando avanti e indietro senza riuscire a trovare pace. Sospirai, gettando un'occhiata al graffio che mi era rimasto sulla caviglia.

«Che hai, Aspen?» Il suo sguardo detestabile mi fece venire un brivido lungo la schiena. L'ennesimo tuonò squarciò il silenzio. 

«Non lo so, mi sento strana.»

La mia collega roteò gli occhi al cielo e tornò indisturbata a scrollare l'homepage di Facebook.

«Quanti drammi che fai, Aspen.»

Violet stava diventando via via più insopportabile.

«Perché non c'è nessuno in biblioteca?» Mi schiarii la voce, guardandomi attorno.

Violet sospirò. Aveva la divisa sporca di zucchero a velo, le ciglia finte che penzolavano sulle palpebre, sul punto di staccarsi. Il suo rossetto rosso era sbavato nei bordi e si limava le unghie mentre guardava la sua telenovela preferita.

«Sono tutti altrove, non so cosa ci sia di preciso.» Serrò le labbra, gettando un'occhiata dubbiosa al mio fondoschiena.

«Perché hai una gonna?» Inarcò un sopracciglio.

Balbettai, presa alla sprovvista. «I pantaloni si sono stretti in asciugatrice.»

Pensai che prima o poi avrei dovuto imparare a leggere le etichette nei vestiti.

«Dicono tutti così.» Mormorò scocciata e io roteai gli occhi al cielo. Sospirai di nuovo, guardando con un pizzico di invidia l'unico sgabello che avevamo dietro al bancone. Violet voleva essere sempre l'unica a sedersi lì sopra.

Maledetta. Ricordati che ti pagano, pensai.

«Comunque ti fa un bel culo.» Violet si sporse nuovamente nella mia direzione, ma io mi allontanai repentinamente.

Persi una ventina di minuti a mettere in ordine lo scaffale dei classici, poi spolverai i tavoli e le librerie. Quando un tuono fu così forte da far tremare i vetri delle finestre, sussultai.

«Aspen, Aspen!»

Mi morsi la lingua quando la sentii pronunciare di nuovo quel nome che mi aveva affibbiato. La sua voce stridula mi faceva venire sempre il mal di testa.

«Aspen, devo andare. Rimani tu qui in servizio.» Violet mi liquidò con una pacca sulla spalla.

«Ma non posso rimanere da sola in biblioteca.» Tirai le labbra in una linea sottile.

«Tranquilla, tanto non verrà nessuno. Sono tutti alla partita di Basket. Dicono che Allison Blake annuncerà di aspettare il figlio di Ethan Coleman.»

Al sentire le parole di Violet, pensai di poter svenire. Presi posto sulla prima sedia che mi capitò sottomano, sentendomi quasi a un passo da un emicrania.

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