Prologo

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"La notte porta in grembo
le disgrazie del sonno e
i desideri dell'anima."
Federica Colarossi

"— Federica Colarossi

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ASTRID

Una morsa mi strinse il petto ed io trattenni il respiro. Rivolsi uno sguardo di circostanza al mio bicchiere mezzo vuoto, con le labbra ancora umide di liquore.

Mi sentii trascinata in un vortice di confusione. Il vetro della finestra era appannato, la musica era tanto forte da far tremare la assai del parquet e le mie cose erano ancora sparse qua e là.

Feci per alzarmi, con parecchia fatica, quando il forte braccio del ragazzo al mio fianco mi tirò nuovamente giù.

«Dai, resta un altro po'.» Sorrise sghembo e io mi allontanai con uno strattone, per poi tirare giù l'orlo del minidress in paillettes.

«Non mi va.» Storsi il naso, soprattutto a constatare il forte odore di erba che alleggiava nella stanza.

Lui aveva dei capelli biondo cenere, le labbra piene e gli occhi vitrei — di una tonalità tendente al verde. Mi schiarii la voce con un colpetto di tosse, consapevole che non l'avrebbe notato.

Frequentavamo gli stessi corsi e qualche volta ci eravamo trattenuti in libreria a parlare del più e del meno — non ero sicura che fosse un'effettiva frequentazione, ma avevo bevuto troppo per ragionare lucidamente.

«Ciao, Sofia.» Biascicò lentamente, rigirandosi tra le lenzuola nere. Non persi tempo nel correggerlo, né tantomeno nel ricordagli che quello non fosse il mio nome. Abbassai la maniglia della porta e mi catapultai all'esterno.

Nel salotto molti erano ancora appollaiati sui divani, altri seduti per terra a passarsi una bottiglia semi vuota.

Raccolsi velocemente le mie cose, catapultandomi nell'atrio del condominio. Ethan Coleman — il ragazzo che avevo appena lasciato da solo in quella camera da letto — era uno dei pochi compagni di corso a non aver affittato una camera al dormitorio.

Quella sera diede una festa nel suo appartamento, invitando molte più persone di quanto quella casa potesse contenerne. Ricordavo poco — tranne per le quantità spropositata di alcol ingerita: quella, purtroppo, la ricordai benissimo il mattino seguente.

Solo una volta arrivata in strada, dopo aver lasciato l'edificio, mi resi conto che nel rivestirmi avevo dimenticato un indumento essenziale. Rabbrividii per il freddo, nonostante avessi le guance accese di rosso per la vergogna. Così mi strinsi nel cappottino e roteai gli occhi al cielo, ricordandomi che non avrei potuto permettermi un taxi.

Dovevo trovarmi un lavoro, accidenti.

La mia attenzione venne catturata da un volantino in particolare, che mi capitò sottocchio. Lo strappai senza pensarci due volte, notando che il locale in questione, il Garden, si trovasse a pochi metri di distanza dal condominio di Coleman.

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