Capitolo 12

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ISABEL

Credevo di averla dimenticata. Credevo di aver cancellato le tracce di un'adolescenza passata insieme, di una parte importante della vita passata insieme. Credevo di aver dimenticato la sua influenza su di me, di aver dimenticato l'affetto che provavo nei suoi confronti, di aver dimenticato persino la rabbia quando mi ha detto di non essere d'accordo con la mia storia con Trevor. È stata la prima a puntare il dito contro di lui, definendolo un criminale e privandomi della possibilità di esprimere il mio parere. Credevo di aver dimenticato quella rabbia e quel rancore, ma sono ancora dentro di me e stanno bruciando. Io sto bruciando.

"Ciao Clara" riesco semplicemente a dire.

Cosa posso dirle? Come posso far iniziare il discorso tra di noi? "Mi sei mancata" oppure "Ti voglio ancora un mondo di bene"? No, non posso usare queste parole perché non sono assolutamente vere. Non mi è mancata e non le voglio più bene da anni, ma la sua voce è ancora ben impressa nella mia mente e forse questo vuole pur dire qualcosa.

"Sono passati tanti anni, non è così?"

Già. Tanti anni nei quali, per colpa sua, non ho fatto altro che soffrire. Nei quali sono rimasta da sola perché la mia migliore amica non ha capito che avevo bisogno di aiuto, che avevo bisogno di qualcuno al mio fianco. Tanti anni.

"Sì".

Mi mancano le parole e mi manca pure il fiato. Cosa posso dirle? Perché non trovo le parole? Perché non riesco a farmi valere? Perché non trovo nemmeno il coraggio di attaccarle il telefono in faccia e farla finita con questa farsa?

"Mi sei mancata, Isabel" dice con la voce spezzata. "Mi manchi".

"Perché mi hai chiamata?" chiedo.

"Te l'ho detto: perché mi manchi".

"E ti ci sono voluti tutti questi anni per capirlo?"

La rabbia non ha intenzione di andare via. C'è qualcosa dentro di me. Una specie di istinto o di sesto senso che mi implora di non fidarmi e di non lasciarmi abbindolare dalle sue parole. Qualcosa dentro di me mi sta pregando di non credere più alle sue parole. Sono stanca di essere ferita dalle persone che amo. Sono stanca di non essere ascoltata e di non essere capita. Sono stanca e basta.

"Isabel" tenta di chiamarmi, poi fa una piccola risata. "Non sei cambiata di una virgola. Eri aggressiva e con la testa calda e tale sei rimasta".

"No, Clara. Sono cambiata, ma tu non ci sei stata per accorgertene e forse non ci sei mai veramente stata".

"Ma che stai dicendo? Prima che...prima che ci allontanassimo ero tua amica, anzi ero la tua migliore amica. Io c'ero sempre per te?"

"No, Clara. Tu mi cercavi per le feste, per fare aperitivo in qualche nuovo locale, per i gossip. Non mi hai mai cercata quando ero a terra. Non mi hai mai cercata solo perché volevi stare con me. Mi cercavi quando eri sola, ma io non sono mai stata come te. Quando ero sola, sono rimasta da sola. Non ho cercato delle persone perché avevo bisogno di gente intorno".

"Isabel, sei ancora arrabbiata..." inizia a dire, ma la interrompo.

"Arrabbiata? Credi davvero che io ti dia ancora tutta questa importanza? Mi sei indifferente e sinceramente ancora non capisco il motivo di questa tua chiamata".

Lei sospira a lungo. Ho ammesso che io sono andata avanti e che lei può fare quello che vuole della sua vita. Non mi interessa più niente di lei da anni. L'avevo persino dimenticata finché non ho sentito la sua voce dall'altra parte del telefono.

"Ti ho chiamata perché vorrei riallacciare i rapporti con te".

"A quale scopo?"

"Ma che significa? Eri mia amica e mi manchi. Perché credi che ci sia uno scopo?"

Tutte le notti della tua vita 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora