Capitolo 14

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ISABEL

Sono ancora seduta sul pavimento. Non mi sono nemmeno resa conto del tempo che passa. Sono rimasta nella stessa identica posizione a fissare la stessa identica tavola di legno del parquet. Posso essere qui da dieci minuti o da dieci ore, non sono consapevole di nulla.

Ci sono riuscita. Niente. Non sento niente e non mi rendo conto di niente. Era il mio obiettivo e l'ho raggiunto. Nel mio cervello è come se ci fosse un enorme schermo nero. Vedo solo nero. È tutto buio e non riesco a distinguere nulla, né i pensieri, né le emozioni, né le sensazioni. Niente.

Una cosa però riesco a sentirla e sobbalzo all'istante quando sento le nocche di Trevor colpire due volte il legno della porta. Subito dopo quel piccolo rumore, arriva la sua voce.

"Isa, io scendo giù in libreria. Se ti serve qualcosa dimmelo" mi dice.

Gentilezza? No, non la voglio. Abbiamo litigato. Stava di nuovo per andare via ed è rimasto solo perché sono incinta. Non deve provarci minimamente a essere gentile. Mi fa solo incazzare di più.

Mi tiro su in piedi e apro la porta. Si stupisce non appena mi vede. La mia faccia, invece, non lascia trapelare niente.

"Scendo io in libreria" riesco solo a dire.

"Isa, non serve. Riposati, ci penso io" tenta di fermarmi.

"È la mia libreria e ci penso io. Tu sei vuoi puoi anche andartene".

Pronunciare quelle parole mi ha fatto male e anche tanto, ma lui non lo sa perché, anche se dentro sto morendo e sto cadendo in mille pezzi, fuori si può notare solo la mia faccia indifferente a tutto.

"Ne abbiamo già parlato. Ti ho detto che resto e non me ne vado" dice lui, cercando di rimanere calmo.

"E io ti ho già detto che non mi interessa. Se non fosse che sono incinta saresti andato via di nuovo. Vai pure, non mi importa più di niente" dico, facendo un passo per superarlo, ma subito mi afferra per il polso con gentilezza.

"Di noi ti importa, lo so".

"Non più" rispondo.

Non voglio più essere ferita in quel modo. Non voglio più quel dolore. Voglio ricominciare a costruire la corazza che Trevor ha già buttato giù una volta, ma stavolta la farò più resistente, più robusta e impossibile da distruggere. Non mi farà di nuovo del male.

"Se non ti importa allora perché hai tentato di convincermi a rimanere?" mi chiede assottigliando lo sguardo e continuando a tenere il mio polso.

Mi libero dalla sua presa e non distolgo lo sguardo dal suo. Se lo guardo negli occhi mi crederà.

"Non ho tentato di convincerti a rimanere. Ti ho detto che sei un bugiardo e che non sai mantenere le promesse. Ti ho solo fatto notare l'evidente. Tutto qui".

"Tutto qui?" mi chiede ferito.

"Tutto qui" rispondo, voltandomi di nuovo per andare via.

Esco di casa, chiudendomi la porta alle spalle. Tiro un sospiro di sollievo. Sarà più difficile del previsto. Sono arrabbiata, anzi, sono furiosa, ma sono incredibilmente innamorata e non riuscirò a sopportare questa sensazione ancora a lungo.

Continuo a ripetermi che la mia corazza deve rimanere in piedi, che non permetterò più al mio cuore di soffrire. Devo farlo per lui, per una volta devo pensare a lui.

Dopo un altro respiro profondo riesco a muovere il primo passo e scendo al piano inferiore, aprendo la porta della libreria.

Per fortuna oggi non sono previsti nuovi arrivi, perciò non avrò scatoloni da svuotare e libri da sistemare. È una giornata abbastanza tranquilla, se non fosse per l'incontro con i giovani scrittori.

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