12

0 0 0
                                    

La strada di ritorno la feci a piedi, dovevo avere il tempo per tempestarmi di domande. Tredici chilometri nella neve, per poco non mi buscai un raffreddore. Di afferrare il telefono e scrivere ne ebbi l'impulso, ma ogni volta mi fermai dandomi una risposta diversa all'abissale perché di quel bacio.

Abitudine col fidanzato.

Glitch di Matrix.

Coordinazione sbagliata.

Momento di fragilità emotiva.

Forse aveva origini russe.

Lì per lì le andava.

Ma no, era stato Gianlu ad averci azzeccato, stupido dare altre spiegazioni. Per quanto fossi tonto, non ci voleva una scienza per affermare che Virginia non fosse felice col fidanzato e che il bacio fosse un chiaro segnale di un interessamento nei miei riguardi, anche se piccolo e appena fiorito. Benché il pensarci mi riscaldò lungo il gelo, tenni le mani in tasca e il telefono lo lasciai perdere. Ugualmente feci la sera, ugualmente feci il giorno dopo; meglio evitare di alimentare una confusione che l'aveva messa in un bel guaio.

Mamma vedendomi se l'era data che fosse successo qualcosa, Desi sembrò averlo percepito tramite qualche senso paranormale: come arrivai a casa mi telefonò per sapere se fossi andato a scuola, ma aveva un tono strano, esitante. Pochi giorni dopo, tornati in classe una volta sciolta la neve, mi rivelò di averlo saputo dalla diretta interessata, che nel weekend si chiuse in camera a riflettere sulle proprie azioni. Per fortuna Desi era una garanzia, certi segreti se li sarebbe portati nella tomba a discapito di quanto fosse giusto o sbagliato mantenerli. Virginia però era sparita, come io non le scrissi lei non diede segni di vita fino a quando non ricomparve a scuola. Allora, durante la ricreazione, chiamò Desi a sé, a cui fu affidato il compito di dirmi di raggiungere la cantante nel posteggio dei motorini – luogo ove nessuna delle sue conoscenze si piantava a mangiare merendine, ergo ideale per parlare di faccende da archiviare alla svelta.

Non l'avevo mai vista tanto turbata. Teneva le braccia conserte, batteva il piede a terra, voltava gli occhi di scatto un po' qui e un po' là. Non era per il freddo, era bella imbacuccata per soffrirlo; quasi mi sentivo in colpa per non aver continuato a camminare quando mi fermò al nostro bivio.

«Ehi, ciao» mi disse, e ricambiai preoccupato dalla sua comprensibile agitazione. «Va tutto bene?»

«Sì, tutto bene» mentii. «Mi volevi parlare?»

Virginia si poggiò su una carena, a momenti non buttò giù lo scooter. «Che sbadata che sono. Sì sì, ti volevo parlare... va beh, avrai capito di cosa.»

Sincero ad annuire, scaltro a celare che incrociassi le dita perché volevo che ci baciassimo di nuovo.

«Ti volevo solo dire» proseguì lei, «che mi dispiace da morire per quello che ho fatto. Ti giuro che non ho idea di cosa mi è preso.»

Sembravano battute uscite da un film di equivoci. Avendone fatto incetta, mormorai: «Non ti preoccupare, sono cose che capitano» e soltanto dopo prestai attenzione all'incertezza con cui Virginia si era espressa. Lei, nel frattempo, aveva storto le labbra perché no, non sono affatto cose che capitano.

«Non dovrebbero capitare» infatti, «specie quando si ha un legame con qualcuno.»

Nascosi le mani nella giacca per l'imbarazzo e abbassai la testa. «Beh, è successo... Ora non fartene una colpa, so che non volevi.»

No, non lo sapevo. «Mi sento in colpa sì, invece» rabbrividì lei. «Perché... cazzo, non è giusto quello che ho fatto. Credo sia stato per effetto dell'abitudine, perché non avendo amici maschi bacio solo lui... Scusa, non so se mi sto spiegando bene.»

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 24, 2023 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Un'altra canzoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora