La ninfa

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In teoria, l'unico pensiero di Nova doveva essere rivolto al fatto che l'elettricità fosse tornata al Blackwood Institute, concedendole la possibilità di continuare la sua nobile missione.
In pratica, l'unico pensiero di Nova era rivolto a ciò che era accaduto con Atlas la notte precedente. Tutta colpa dell'alcol, si ripeteva a mo' di giustificazione, come se ignorare il fatto che i suoi sensi si accendevano come fari in mezzo all'oscurità quando sentiva anche solo il suo profumo, potesse concederle davvero l'immagine della santarellina nella faccenda. Era sporca e lo sapeva: più che altro sperava di non aver rovinato in qualche modo il rapporto con il ragazzo.

Quando lo vide in un'aula vuota - la rossa stava passando di lì per recarsi in mensa - si fermò ad osservarlo, soprattutto poiché la luce dalla vetrata gli illuminava il volto solo per metà, lasciando il resto in penombra. Le diede la sensazione che fosse il protagonista di un dipinto: la mano affusolata era adagiata sotto al mento mentre l'altra premeva i tasti del pianoforte a coda davanti cui era seduto, dando vita a delle melodie distaccate tra loro. Era annoiato, lo poteva decifrare dalle labbra all'ingiù e il sopracciglio biondo alzato. Le venne da ridere quando notò che riusciva a capire un suo stato d'animo solo dalle espressioni facciali.

Nova si avvicinò più verso la porta, appoggiandosi contro lo stipite. Atlas volse lo sguardo verso di lei ma rimase impassibile come prima, anche se fu percettibile un guizzo delle labbra. «Nova. Vuoi sentire qualcosa?» le domandò. La rossa annuì soltanto, Atlas le fece cenno di avvicinarsi a lui e per farlo contento gli rimase accanto, posando solo una mano sullo strumento per tenersi in equilibrio.

Dopo essersi riscaldato un po', il biondo cominciò a suonare creando uno stretto groviglio nello stomaco di Nova. La melodia malinconica venne riconosciuta subito dalla ragazza e il modo in cui Atlas la rese sua fu un qualcosa di magico. In quelle note mise tutto il dolore che lei aveva appena conosciuto e reso un po' suo, lo sentiva scivolare fuori da lui per raggiungere il suo cuore palpitante dall'incredulità. Si chiese come mai provasse quei sentimenti, quasi sofferenti, mentre quando Sonata al chiaro di luna veniva eseguita dal padre aveva un tutt'altro effetto, decisamente positivo. A quella consapevolezza distolse lo sguardo, forse temendo che le lacrime potessero interrompere l'esibizione. Avvenne comunque, con Atlas che la richiamò piano.

«Sei molto bravo, davvero. Da quanto suoni?»

Atlas notò gli occhi lucidi ma non infierì. «Fin da piccolo. Con il tempo non mi sono più esercitato, però qualche volta vengo qui per provare dei brani.»

Nova gli sorrise, forse per nascondere l'imbarazzo per essere stata colta mentre si commoveva, e tirò un respiro rumoroso per annunciare il cambio d'argomento imminente. «Be', non vieni a pranzo?»

Il biondo non la guardò per qualche secondo. Nova si girò, seguendo il suo sguardo, e non vide nessuno, per questo gli rivolse un'occhiata interrogativa. «Mi sa che era la tua amica» mormorò Farrington, per poi indicare proprio dietro ai piedi della ragazza.

Non fu facile da individuare il bigliettino bianco nel pavimento in pietra grigio antracite, dunque lo raccolse e se lo infilò nella tasca dei jeans. Stavolta fu Atlas a dedicarle un'alzata di sopracciglio con fare interrogativo, ma Nova fu irremovibile. «Non se ne parla, non lo apro adesso. Vorrei prima pranzare in serenità.»

Sapeva che non l'avrebbe fatto ugualmente. Fece passare avanti il ragazzo per uscire dall'aula e, ignorando il fatto che lui avesse già capito, aprì il biglietto: "Sanno che ti sto aiutando. Oggi la ninfa ti aspetta in biblioteca, tieni gli occhi aperti...il tempo scorre, mia adorata volpe". Nova sbuffò contrariata. «Non ho un secondo di pace in questo dannato istituto».
Non poteva dire niente di più vero.

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Aveva deciso di andare sola fin da subito, evitando persino di parlarne con i suoi amici durante il pranzo pur di evitare le solite lamentele; eppure, Nova si ritrovò Atlas proprio davanti alla grande porta della biblioteca. «Farò finta di non capire e la prenderò come una mera coincidenza» disse la ragazza, mentre lo superava per dirigersi all'interno. Sentì Farrington ridere e corse velocemente per raggiungerla, circondandola infine con il braccio per poterla avere accanto - e fece finta di non notare il colorito rossastro che le riempì le guance.

𝐂𝐑𝐈𝐌𝐒𝐎𝐍 𝐂𝐑𝐈𝐌𝐄𝐒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora