Quando arrivo a casa sono già quasi le tre e ho una gran fame. Il pullman fa il giro di tutti i maledetti paesini e ci mette una vita. Darei qualsiasi cosa per avere un motorino. Chissà se papà, per recuperare alle sue mancanze, tipo quella di aver dimenticato di fare il padre per diciassette anni, non si decida a farmi un super regalo quest'anno. Ormai mancano solo poche settimane e a me, giuro, basterebbe anche un catorcio usato e arrugginito. Tanto per non dover dipendere da mia madre e dal trasporto pubblico, che qui lascia a desiderare almeno quanto l'industria dello svago notturno. Oltretutto, mi eviterei i viaggi in corriere infestate di stronzi.
Fortunatamente al ritorno non c'erano; probabilmente si sono fatti dare un passaggio da qualche amico con la macchina. Comunque prima o poi li ribecco, quindi è meglio che me ne faccia una ragione, almeno finché non riesco a ottenere uno straccio di mezzo di trasporto indipendente. E va beh, è inutile sperare, tanto la mamma non mi permetterebbe mai di andarci a scuola, di certo non d'inverno, con il ghiaccio e la nebbia. I diciotto anni sono lontani come non mai, qui in capo al mondo. Almeno, in città, avevo i mezzi pubblici e tutto a portata di biglietto urbano. Qui mi tocca pedalare, non c'è nemmeno un autobus, un taxi. E menomale che ho pensato di portare subito la bici.
A parte la festa in spiaggia, che, devo ammetterlo, è stata tutto sommato piacevole, le prospettive di divertimento sono piuttosto vaghe. Dovrei essere depresso e annoiato, ma la verità è che non lo sono affatto. Anzi, nonostante tutto, sono allegro come non ero da un sacco di tempo e mi accontento di qualche tuffo, una birra e un gruppo di nuovi amici. Anche perché, di quelli vecchi, non sento proprio la mancanza. Senza contare che non sto nella pelle al pensiero di quelle stupide ripetizioni di matematica.
Già, come se questo cambiasse le cose tra noi. Anche se smettesse quella corazza di indifferenza e diventasse un tantino meno stronzo, lui ha la ragazza ed è quindi decisamente sulla sponda opposta alla mia. Una vocina maligna fa capolino da un angolo remoto del mio cervello, a ricordarmi che questo non significa assolutamente nulla e che io stesso ho avuto la ragazza per molti mesi.
La differenza, però, è che loro probabilmente fanno sesso. Ah, c'è chi ha tutte le fortune. Elena, intendo. E mi concedo un po' di sana invidia.Mangio la lasagna che la mamma mi ha lasciato nel forno, senza neppure scaldarla e salto in sella alla bici. La scuola è appena iniziata e non ci sono compiti. Ci hanno assegnato solo un po' di ripasso del programma di terza, che ovviamente nessuno farà, forse solo qualche secchione senza speranza. Avrei voglia di fare un bagno e penso che, se mi sbrigassi, potrei buttarmi in acqua prima che inizi la digestione. Certo che sono proprio petulante per la mia età; me lo diceva sempre Chicco.
Il pensiero improvviso di lui è sempre un pugno allo stomaco, un boccone amaro che mi si inchioda in gola e non vuole andare né su, né giù. Provo a pensare ad altro, al sogno che ho fatto la notte scorsa su Chri, ma non migliora le cose. Anzi. Il senso di colpa è come un essere viscido e strisciante, che mi scivola dentro e mi avvelena il sangue.
Chicco. Mi manca, a volte. Anzi, mi manca sempre. Pedalo più in fretta, sperando che la fatica mi spenga per un po' i pensieri e mi concentro sulla nuotata che mi aspetta.Esco dall'acqua e mi asciugo un po' al sole, visto che ho dimenticato l'asciugamano. Quando mi infilo i vestiti, i capelli sono ancora umidi ma non gocciolano più, quindi salto in sella e mi dirigo verso il bar di Giulia. Spero di incontrare i ragazzi. A dire la verità, spero di incontrare soltanto uno di loro, ma questo è abbastanza ovvio. Non riesco davvero a capire questa fissazione. Okay, è proprio fico e questo gioca senza dubbio a suo favore, ma non è normale che non riesca a pensare ad altro. La gente di solito non mi si imprime nella memoria. Le facce, i nomi. Si sgretolano e se ne vanno, come vecchie fotografie sbiadite dal tempo. E poi arriva qualcuno che, senza ragione apparente, ti si stampa lì, da qualche parte. E ci resta. Dal primo istante in cui gli sguardi si incrociano. Non te lo scordi mica, quel momento lì. La razionalità non c'entra, è una roba di pelle, la sensazione inconsapevole che la persona che hai davanti avrà una specie di ruolo nella tua vita, nel bene o nel male. Non è questione di attrazione, di amore e neanche di sesso. È una specie di istinto. Qualcosa che ti si accende dentro, che ti fa sentire che sei di fronte a un incontro speciale, tipo un segnale dell'universo. Come se le anime smembrate, a un certo punto, fossero destinate a ritrovarsi. E si riconoscessero. Trovo affascinanti persino i suoi silenzi, la sua irritabilità.
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Universo Dentro - Zenzonelli Version
RomansaMattia è un diciassettenne come tanti, con le sue paure, il suo dolore e i suoi segreti. Ama i libri e la musica. Lo zaino in spalla e le cuffie nelle orecchie, la sua chitarra e un cappuccio sempre alzato sulla testa per nascondersi dal mondo. Dal...