I giorni successivi passano lenti e noiosi. Il pensiero del matrimonio di mio padre mi accompagna continuamente, anche se cerco di evitarlo. In realtà, però, non penso praticamente ad altro. Non ho voglia di vederlo e odio l’idea che sarò io ad andare da lui, alla fine.
E poi, c'è Chicco. È bastata una canzone perché il suo ricordo tornasse a infestare i miei incubi. Finché Chri è con me, riesco a restare intero, ma appena scende la notte, mi sento di nuovo soffocare. E non c’è verso di dormire. Sto tentando da un’ora di finire quella canzone che mi ronza in testa da giorni, ma non vado in nessuna direzione.
Ci rinuncio e intono le note di Down in a Hole degli Alice in Chains, ma è inutile. Oggi nemmeno la musica riesce a scrollarmi di dosso la negatività. Guardo fuori dalla finestra. È una giornata nebbiosa e, a tratti, si sente il fischio del faro. Quello in rovina è nascosto dalla coltre di foschia, a parte la cima della torre della lanterna, che sbuca come fosse sospesa sul mare. Adesso sembra davvero stregato. Vorrei tanto essere là. Con Chri.
Mi volto a guardarlo e sorrido. L’ho trascurato un po’, in questi ultimi giorni. Siamo insieme, ma la mia testa è altrove.
«Perché hai smesso di suonare?» Si lamenta.
È sdraiato sul pavimento a pancia in giù, i libri di matematica aperti davanti a lui. Con una biro, disegna sul margine della pagina. Mi sporgo a vedere: un’isoletta minuscola in mezzo al mare, una piccola barca con due remi e qualche gabbiano che svolazza qua e là.
«Come ha fatto quella barca ad arrivare sull’isola?» Chiedo.
Sorride, ma non risponde. Mi arrampico su di lui, pancia contro schiena, e inizio a baciarlo sul collo, facendogli il solletico. Lui ride.
«Insomma,» continuo suadente «l’isola è piccola, poco più di uno scoglio, ma non vedo nessun marinaio. Qualcuno deve aver pur remato per arrivarci, no? Dovresti disegnarne uno. Un bel marinaio carino, con i miei occhi. O due. Meglio due,» concludo, candido.
Chiude il libro e si volta, spostandomi di peso in modo tale che alla fine mi trovo sdraiato sopra di lui, faccia a faccia.
«Non mi hai risposto. Perché hai smesso di suonare? Mi piaceva.»
«Ero stufo. Avevo voglia di te.» Sorrido. Lui ricambia.
«Comunque c’erano, i marinai. Solo che non potevi vederli,» mi confida.
«Ah no?» Scuote la testa. Il sorriso sulle sue labbra si fa malizioso.
«No, perché erano sdraiati sul fondo della barca.»
«Interessante,» commento e lo bacio.
«E noi? Quand’è che ci sdraiamo sul fondo di una barca?» Lui risponde al bacio, ma non raccoglie la mia provocazione.
Dopo un po’ mi respinge con delicatezza e si alza, pensieroso. I suoi occhi assumono la tonalità che hanno quando è triste, o molto serio.
«Senti, ho provato a far finta di niente, ma non ce la faccio.»
Accenno un sorriso per sdrammatizzare, ma la sua espressione mi turba.
«C’entra Leonardo? Si è rifatto vivo?» Chiedo, cauto.
«No. Ti devo chiedere una cosa. È solo che…» esita.
«Dimmi, cosa c’è che non va?»
Lo incito, con una punta di inquietudine.«Sei strano ultimamente. Sei distante, sempre sulle nuvole. Ti chiedo le cose e non rispondi. Non può essere solo per tuo padre. Perché non mi dici la verità?»
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Universo Dentro - Zenzonelli Version
Storie d'amoreMattia è un diciassettenne come tanti, con le sue paure, il suo dolore e i suoi segreti. Ama i libri e la musica. Lo zaino in spalla e le cuffie nelle orecchie, la sua chitarra e un cappuccio sempre alzato sulla testa per nascondersi dal mondo. Dal...