39. 𝐑𝐨𝐭𝐭𝐮𝐫𝐚

86 6 29
                                    

"Love is like a house of fragile things
where hearts can be broken
as easy as antiques."

Dove Cameron, Fragile Things

CHARLOTTE'S POV

Hai molta, moltissima paura, Charlotte.

Il grande errore che ti ha portata da me è stato cascare nelle trame di quella grande illusione che è l'amore.

Lascia che ti mostri la tua vera strada.

Benvenuta nell'Armata, mia cara.

Charlotte si rizzò a sedere, con il fiato corto e una minuscola goccia di sudore che le rigava il viso come fosse una lacrima. Stringeva tra le sue mani il morbido tessuto di un piccolo lenzuolo, e con sua enorme sorpresa scoprì di non trovarsi più nel freddo anfiteatro sotterraneo di villa Fancourt, bensì in un piccolo e accogliente appartamento.
Appartamento che però non era il suo.

Si accertò di essere ancora viva e controllò che la voce pacata e carismatica nella sua testa se ne fosse andata. Rallentò i respiri e mise a fuoco gli oggetti alla sua destra: un tavolino pieno di libri e carte ordinate per data, un vecchio grammofono, altri libri sulle mensole e fotografie sopra il camino spento. Furono queste ultime a farla destare e a dirle dove si trovava. Un luogo in cui era stata diverse volte, accolta dalla stessa fotografia che mostrava una coppia davanti al mare. Lui teneva affettuosamente un braccio sulle spalle di lei e la guardava, mente la donna rideva trattenendo un largo cappello.

Theseus. Sono nel suo appartamento.

Quasi come se avesse ascoltato i suoi pensieri, la sua voce provenne da un punto dietro di lei. Non appena si voltò, Charlotte incrociò il suo sguardo, stanchissimo ma sollevato. Fu un colpo più brusco di quanto avesse immaginato. Una consolazione e al tempo stesso un pugno nello stomaco.
«Sei sveglia» disse lui, con un fil di voce. Teneva in mano una tazza fumante, non riuscì a capire se di tè o caffè.
Lei continuò a fissarlo. Era seduta sul divano di casa sua, al sicuro. Avrebbe dovuto perlomeno ringraziarlo, ma le parole non uscivano. Le sembrava di non avere nulla da dirgli. Rimase perciò zitta, riflettendo su cosa dovesse essere accaduto di tanto sconcertante da aver ridotto l'uomo in quello stato.

Non che non paresse lieto di trovarsela davanti sana e salva. Nei lineamenti del viso distesi, nei gesti che da rigidi si erano fatti più rilassati, si leggeva tutto il suo sollievo. Ma c'era un non so che dietro quei suoi occhi celesti che tradiva un sentimento più profondo, risvegliatosi appena i loro sguardi si erano incrociati di nuovo. Un misto tra vergogna e inquietudine, così intenso da riflettersi inconsapevolmente attraverso il sorriso abbozzato che le stava rivolgendo.

Charlotte lo squadrò un po', cercando di capire cosa avrebbe potuto dire o fare per non peggiorare la sua situazione. Infine gli si rivolse con una domanda, banale, sì, ma che doveva servire ad avviare una conversazione e spezzare l'imbarazzante tensione che si era creata tra loro.
«Come sono arrivata qui?»
«Ti ci ho portato io. Io e Sam, in realtà. È il primo luogo a cui ho pensato.» Lei non rispose. «Non volevo lasciarti sola nel tuo appartamento», soggiunse poi Theseus, notando la confusione dipinta sul suo viso. «Ho pensato di prendermi cura di te finché non ti saresti svegliata.»

Quelle ultime parole bastarono da sole per lasciarla spiazzata. Insieme ad esse la raggiunse la solita dolce e fastidiosa sensazione di gratitudine verso Theseus, la stessa che aveva provato quella sera quando erano rimasti soli nella Sala Addestramenti.
Nessuno si era mai voluto prendere cura di lei. Si era sempre presa lei cura di se stessa, talvolta con risultati che lasciavano piuttosto a desiderare. Le era quasi inconcepibile pensare che la premura potesse arrivarle da un'altra persona all'infuori della sua.
Ti toccherà rivedere le tue carte, la informò la voce della coscienza, mentre lei se ne usciva con un penoso: «È stato un bel gesto. Grazie.»

Gioco di ombre (a Fantastic Beasts Fanfiction)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora