prologo

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-Sono gay-

Alex è seduto sul mio letto, continua a rigirarsi i pollici. Ha le mani sudate, le trascina sul tessuto dei jeans in un vano tentativo di asciugarle.

Ha iniziato perfino a tremare, o forse è solo una mia impressione, dovuta alla velocità con cui sbatte la gamba a terra.

È in ansia, molto in ansia.

Penso stia aspettando una reazione da me, una risposta, un rifiuto, perfino uno schiaffo penso riuscirebbe a calmarlo ora come ora.

Io invece rimango fermo ed in silenzio, sto ancora processando.

Alex, il mio migliore amico ormai da secoli, è gay?

-Non ti credo.-

Non riesco neanche a concepire che a lui possano piacere gli uomini.

No.

Non può essere.

Insomma, ha avuto decine di fidanzate da quando siamo arrivati alle superiori...

Finalmente smette di muoversi. Mi guarda di sfuggita con la coda dell'occhio, poi, come fosse pieno di vergogna, china la testa, puntando gli occhi a terra.

I suoi capelli adesso gli coprono il volto, limitando la mia visuale su di esso, ma dai rumori che fa, credo che stia piangendo.

La cosa mi manda il cervello in pappa più di prima, non vedo Alex piangere da 4 anni, da quando sono iniziate le superiori. Ha creato una corazza impenetrabile perfino per me, che oggi ho visto frantumata per la prima volta dopo tanto tempo.

-Perché no?-  Mi rivolge uno dei suoi sguardi, quelli che mi riportano agli anni in cui era un bambino terrorizzato dal mondo.

Immediatamente mi sciolgo, non riesco a sopportare di vedere il mio migliore amico tra le lacrime.

Gli occhi marroni sono lucidi a causa del pianto, e le guance vengono subito asciugate dalla sua mano, come volesse nascondermi il suo stato attuale. Sta cercando di mantenere la sua faccia sfacciata e distante da tutti, e fa sempre così.

La sua reazione mi ha distratto dal vero argomento del discorso, ero troppo distratto per pensarci più di tanto. Le lacrime però non mi hanno dato le risposte che voglio.

-Kate, Linda, Marie, Erika... hai avuto una marea di ragazze, anche più di me, cos'è questa storia adesso?!-

Fa per parlare, ma poi ha un ripensamento e richiude subito la bocca. Non risponde, piomba un silenzio tombale, bloccato solo dai miei passi pesanti, sto girando per tutta la stanza cercando di capirci qualcosa, ovviamente fallendo. Non ho la fama di essere una cima in quanto intelligenza, me la cavo meglio nel basket. Lui intanto si strugge le mani, muovendole l'una nell'altra, un tic che fa solo quando è in imbarazzo, lo ha sin da piccolo. 

Lo vedo mordersi il labbro per poi alzarsi in piedi, si avvicina a me, mi guarda dritto negli occhi.

 Poi risponde.

-Coperture, beh non proprio.-

Gesticola come un pazzo, che è totalmente lontano dal suo personaggio, il che mi fa comprendere che è veramente in difficoltà in questo momento, forse gli sto rendendo troppo pesante la conversazione.

Però non posso evitare di pormi delle domande e chiedergli delle spiegazioni, all'inizio della giornata non avevo nemmeno idea che saremmo finiti a parlare di questo. Tornati da scuola l'ho visto piuttosto strano tuttavia ha più volte evitato di dirmi cosa avesse, io ci ho rinunciato ma poi dopo cena è piombato nella mia stanza e si è seduto sul mio letto, distraendomi dai miei amati videogiochi, che mi ha fatto mettere in pausa con la promessa che sarebbe stata una conversazione veloce.

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