3. Punture

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Il sole tramontava da qualche parte dietro montagne bordate di verde. Gettava luci ambrate sul cielo terso di novembre, accompagnando il volo di uccelli che in ombra diventavano indistinguibili. La strada stessa curvava dolcemente attorno a un muretto alto poco più di un metro.

James e Remus discutevano con un uomo che sembrava aver contato ogni stagione sulle rughe sul viso. Parlava attraverso una barba che cresceva solo da qualche giorno, con note che rendevano l'inglese una lingua più complessa e simile a una canzone.

Il caldo e l'umidità ristagnavano su avambracci e dita, mettendo in risalto le vene.

James annuì. Avvenne un passaggio di soldi colorati, poi arrivarono le moto, sulle targhe riccioli di lettere misteriose.

"Ha un amico," gli disse Remus, porgendogli un casco. "Le consegniamo a lui a sud."

"Ma che fa, si fida?"

Remus inclinò il capo in direzione del garage, dove James si rigirava ancora le chiavi tra le dita. Parlava con il proprietario come se avesse guadagnato il suo rispetto con una partita a carte. "È un grande oratore."

Sirius rise. "Chi, James? Crede di esserlo, ma dice 'anche a te' quando gli fanno gli auguri di compleanno."

"A volte la sicurezza basta."

"Remus, dimmi la verità. Siamo entrati in un giro di criminalità thailandese? Me lo puoi dire, anzi è molto eccitante, mi sta bene."

Lui strinse le labbra per non sorridere. Era diventata una specie di presa di posizione, non ridere quando diceva una stupidaggine. Sirius lo sapeva perché aveva imparato a notare la cicatrice sul labbro inferiore, appena più che una linea di pastello, che sbiancava quando distendeva la bocca.

"Dovevate far parlare me."

"L'ultima volta che sei stato lasciato senza supervisione hai quasi fatto ribaltare un chiosco."

"È stato un incidente!"

"È successo lo stesso." Remus si strinse nelle spalle.

"Sei molto più cattivo con me che con James."

"Perché lo apprezzo molto."

Sirius si mise in sella alla moto di Remus, si sporse in avanti, superandolo con un braccio, e girò la chiave. Illuminò un triangolo di luce sulla strada davanti a loro. "Chi disprezza vuol comprare," gli sussurrò all'orecchio.

"Non ho detto che ti disprezzo," disse Remus, mostrandogli solo il profilo.

Ecco cos'era successo.



Remus aveva un progetto e il progetto, dopo la Finlandia, era cambiare completamente temperatura e fetta di mondo. Ufficialmente era ancora perché aveva rapinato una banca, ma gli indizi raccolti nel tempo puntavano a un diverso tipo di fuga. Sirius stava cercando di non farne un'ossessione e di non pressarlo con le domande, il che comportava almeno tre domande al giorno con inflessione forzatamente disinvolta. Remus non si arrabbiava, ma non gli rispondeva.

L'unica volta che si era lasciato davvero sfuggire qualcosa era stato all'improvviso, mentre bevevano cioccolata calda, in seguito a nessuna domanda affatto. Aveva detto: "Non è vero. Quando dicono che scappare non risolve nulla, perché i problemi li porti via con te... non è vero. Non strettamente, comunque."

James e Sirius avevano alzato gli occhi dalle loro tazze e lo avevano guardato, ma lui non aveva ricambiato nessuno sguardo, continuava a girare la cioccolata con un cucchiaino e a leccarlo prima di ripetere l'operazione da capo.

Parlami di mari in tempesta | WolfstarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora