Capitolo IX

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Era angelica mentre riposava. Il suo diavoletto pervertito travestito da angelo.

Una ninfetta pronta a sperimentare qualsiasi cosa le passasse per la mente.

Forse avrebbe potuto introdurla al club, per ampliarle gli orizzonti, per così dire.

Sul suo volto si fece strada un cipiglio scuro, che gli fece aggrottare le sopracciglia e distorcere le labbra in una smorfia. Non era stata una buona idea pensare di accompagnarla al Dark Dungeon. Se lì si fosse infatuata di qualcun altro? C'erano uomini molto più attraenti di lui che avrebbero potuto strapparla dalle sue braccia. Era abituato a perdere le persone a cui teneva.

Era un uomo geloso e non gli piaceva condividere. Anzi, aveva condiviso in passato, ma non aveva mai provato un simile trasporto emotivo con nessuno.

Non si reputava soffocante: Niamh era libera di incontrare i suoi amici e di fare quello che più desiderava nel suo tempo libero. Non controllava ogni aspetto della sua vita e mai lo avrebbe fatto. Per Piton avrebbe potuto anche girare nel bel mezzo di Diagon Alley nuda, se la rendeva felice. Lui di certo non si sarebbe lamentato.

Pretendeva fedeltà assoluta, come Niamh d'altronde. Aveva bisogno di una persona di cui fidarsi e con cui confidarsi, nel caso ne avesse avuto bisogno.

Cercando di non fare rumore, si alzò dal letto, per poi mettersi i boxer e tornare al piano inferiore.

Prese un calice e si versò del Bordeaux, sorseggiandolo lentamente.

Aveva notato che Niamh aveva degli ottimi gusti in fatto di vini.

Andò ad accomodarsi sul divano, ravvivando le fiamme nel caminetto con un gesto distratto della mano. L'avrebbe lasciata riposare ancora un po'.

L'ultimo orgasmo che le aveva donato era stato intenso. Per un momento aveva temuto che fosse svenuta, ma dopo aver controllato si era tranquillizzato. Si era appisolata, esausta dal piacere che aveva provato.

Le frustate l'avevano fatta impazzire.

E lui aveva faticato non poco a trattenere la sua voglia vedendola lì, inerme e ansimante, silenziata dalla ball gag che le permetteva solo di mugugnare.

Non poteva desiderare di meglio. In quei due giorni in cui si erano riavvicinati, dopo i vari amplessi si era sempre chiesto come fosse riuscito a resistere un anno senza contattarla.

I loro corpi combaciavano alla perfezione. La paura di impegnarsi e rimanere scottato lo aveva fatto desistere, anche se con il tempo si era reso conto di quanto quella scusa fosse ridicola.

Finì di bere il vino, poggiando il calice sul tavolino, per poi rilassarsi, socchiudendo gli occhi e reclinando la testa sullo schienale morbido del divano.

Sentiva il crepitare del fuoco e il ticchettio di un orologio, anche se non sapeva dove fosse posizionato di preciso.

Poi percepì i suoi passi. Stava cercando di non fare nessun rumore, avvicinandosi in punta di piedi, evitando che scricchiolii molesti rivelassero la sua presenza.

Continuò a fingere di essere addormentato, curioso di scoprire cosa avrebbe architettato per svegliarlo. Conoscendola, probabilmente lo avrebbe destato in tutti i sensi della parola.

I passi si erano fermati, ma doveva essere vicina, dato che sentiva il suo profumo dolce.

Si accomodò vicino a lui, incollandosi al suo corpo: una gamba era agganciata alla sua e lo circondava con le braccia. I capelli gli solleticavano il volto, la testa appoggiata sulla spalla.

Di tutti gli scenari possibili, questo non era proprio quello che si era immaginato.

Il suo petto si scaldò e senza volerlo si trovò con un sorriso a stirargli le labbra.

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