ℂ𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 𝟞

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Era la decima volta che Taehyung controllava il telefono mentre il taxi che aveva preso al volo appena fuori il supermercato lo portava a casa di Jungkook. Gli aveva inviato un'infinità di messaggi nelle ultime ore, ma non aveva ottenuto alcuna risposta. Iniziava a preoccuparsi, anche se non avrebbe dovuto. Magari semplicemente non poteva rispondergli, eppure dentro di lui sentiva che qualcosa non andava, che non era come doveva essere. Così era uscito, era andato a comprare dei panini e delle bibite al supermercato e si era infilato nella prima macchina che aveva trovato, dritto verso casa di Jungkook.

 Così era uscito, era andato a comprare dei panini e delle bibite al supermercato e si era infilato nella prima macchina che aveva trovato, dritto verso casa di Jungkook

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L'ultimo messaggio era di tre minuti prima. Jungkook non aveva ancora visualizzato nulla e il senso di inquietudine continuava ad aumentare.

Taehyung non sapeva spiegarsi come o perché, ma era certo che qualcosa non andasse. Si sentiva nervoso, agitato, come se qualcosa fosse in procinto di succedere e lui non potesse controllarlo.

Quando il taxi lo lasciò sotto il palazzo del modello, Taehyung gli lasciò i soldi senza chiedere il resto. Non sapeva nemmeno quanto gli avesse messo in mano, ma sicuro più della tariffa effettiva. Scese dal veicolo e si precipitò nell'edificio, salendo le scale a due a due, dimenticando sia l'ascensore, sia il fatto di doversi arrampicare per sette piani. Arrivò sull'uscio della casa di Jungkook quasi incespicando e quando bussò, non solo non rispose nessuno, ma la porta si mosse appena in avanti. Niente cigolii strani o rumori sinistri, ma Taehyung si inquietò lo stesso.

«Jungkook?» il fotografo entrò, posando la busta della cena sul pavimento e guardandosi intorno.

La casa era un disastro.

Il salotto era sottosopra, per terra c'erano vetri infranti e quella che sembrava ceramica, probabilmente di qualche vaso o ornamento ormai distrutto. Il tavolo da pranzo era rivoltato sul pavimento, così come le sedie che gli stavano intorno. Al centro della stanza, dietro i divani spostati e sul tappeto ricoperto di vetro, c'era il corvino rannicchiato in posizione fetale, con solo l'asciugamano a coprirgli l'intimità e le mani sulla testa, come a proteggersi. Il volto completamente coperto dalle sue braccia.

«Jungkook...» Taehyung fece per avvicinarsi, con lentezza, quasi come se avesse il timore di risvegliare qualche strana reazione in Jungkook. «Piccolo...» il fotografo si sedette accanto al suo corpo e cercò di sollevarlo, facendolo appoggiare al suo petto. Jungkook aveva il viso contratto in una smorfia di dolore, rigato dalle lacrime e intriso di tristezza. Afferrò la maglietta di Taehyung in un pugno, affondando il viso nel suo petto prima di cominciare a gridare.

Taehyung non aveva mai sentito nulla di simile. Il grido di Jungkook era disumano. Sembrava quasi che qualcuno lo avesse appena afferrato per la testa e per i piedi e che quelle stesse persone avessero cominciato a tirare contemporaneamente nelle due direzioni opposte. Era fisicamente doloroso. Psicologicamente doloroso. Taehyung guardava l'uomo che amava sgretolarsi nelle sue mani e si sentiva impotente. Voleva fare qualcosa, ma non sapeva cosa oltre a stringerlo più forte che potesse a lui.

Every inch of you || TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora