O Vita, O Vita!

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O Vita! O Vita!
Venni al mondo nelle fasce
di un cuore non mio, per un eden ignoto,
e ora crescendo, in me
è sorto il tuo orrore
come un'eclissi di tenebra.

O Vita! O Vita!
Se ti chiedi qual sia il mio cancro,
cercalo oltre i vetri di queste case
e vedi i volti vestiti con quei veli di noia,
il dolore dipinto, ornato, statico,
perché ci siamo arresi a te, O Vita.

Non c'è più dio nelle nostre cattedrali,
nessun desio nei nostri sogni,
la nostra umanità,
da qualche parte
veglia dormendo, ma non in noi.

O Vita, madre mia,
ascolta uno dei tuoi passeri,
ascoltalo cantare per te: senti
quanto ingrato è il suo amore
quanto risentimento e odio
scuote questi rami, queste foglie fragili
come cristalli, che cadendo
feriscono le innocenti zampe
delle zelanti fere.

Il suo canto dipinto dell'aspra voce, O Vita,
è una melodia d'amore, per quella meraviglia
che, come la porti, subito la strappi,
e sino alla chiusa del cerchio
bisognerà aspettare, bisognerà aspettare.

Verrà il giorno, mia amante,
che ti dovrò abbandonare, e tu lo sai.
Mi lascierai decidere tu come partire?
Meglio di no, finirei per andarmene
come un poeta, e non com'un essere umano.

O Vita! O Vita!
Tu che non hai questione,
né risposta né significato,
per te canto, perché tanto
cos'altro mi rimane?

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