Capitolo 12

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Adeline


Un anno prima




«Sei ubriaca» mi fa notare Carter, spuntando all'improvviso dal corridoio, quando mi becca a gironzolare in solitudine, a casa del suo migliore amico.
Sobbalzo dallo spavento. È vero, un po' mi gira la testa, questa volta ho esagerato con l'alcol, ma è stata davvero una gran giornata di merda.
«E tu dovresti andare a svolgere il tuo ruolo da re festaiolo, là sotto» ribatto, indicando il piano inferiore, dove la gente continua a divertirsi, compresi i miei amici, che non notano neanche la mia mancanza improvvisa.
Inclina il suo corpo di lato, poggiando la sua spalla contro il muro e incrociando le braccia al petto, che fanno risaltare i suoi bicipiti allenati.
«Stai bene?» mi domanda, dopo attimi di silenzio che mi sembrano infiniti, osservandomi con attenzione.
Perché Carter è questo, è la persona più attenta che conosca. Nota perfino i dettagli. Nessuno sembra sfuggirgli, riesce a smascherare qualsiasi forma di presa in giro, capta qualunque punto debole della gente. Per questo lo amano tutti, perché se ne preoccupa, se ne prende cura e ne alleggerisce il macigno. Ma lo detestano per lo stesso motivo, perché basta un piccolo torto e quell'arma sottile potrebbe distruggerti, potrebbe essere usata contro di te, senza alcuno scrupolo.
«Mio padre se n'è andato» sputo fuori, sentendomi improvvisamente più leggera.
Lui abbassa il capo, come se si aspettasse una confessione del genere. Come se già sapesse. E sa, riesco a leggerlo nei suoi occhi.
«Ho sentito le urla di tua madre questa mattina» precisa, confermando la mia tesi. «Ha già avviato le carte per il divorzio?»
Annuisco, tentando di ingoiare il groppo in gola che sento continuamente. «Non si è neanche degnato di salutarmi, ha subito raggiunto la sua nuova famiglia felice.»
Lui si avvicina a me, passo dopo passo, poi fa una cosa inaspettata: mi stringe in un abbraccio e mi trascina in camera da letto dei genitori di Danny Flores.
Mi chiede di sedermi sul letto, poi accende una canna e me la passa. «Magari ti aiuta a non pensarci.»
La afferro, perché forse ha ragione. «Sono già ubriaca, potrei non essere più in me tra non molto.»
Scrolla le spalle e sorride, quel solito maledetto sorriso che mi incanta tutte le volte. Semplicemente perfetto, nient'altro da aggiungere.
«Con me puoi essere chi vuoi, Ade» dice soltanto, con la sua voce che appare improvvisamente roca e dolce.
Sento gli occhi pizzicare, un bruciore sottile, e mi lascio andare. Mi permetto di piangere, davanti a qualcuno. Davanti a lui. Gli permetto di vedermi per quel che sono: debole.
«Non posso crederci che per tutto questo tempo mi abbia imbrogliata, che quando diceva di essere fuori per affari invece stava vivendo una dannata vita parallela, che addirittura avesse dei figli...»
Lui acchiappa una mia lacrima e il lieve tocco basta per spezzare il mio respiro già irregolare. Poi mi toglie la canna dalle mani e la lascia ricadere dentro un posacenere, posizionato alle sue spalle.
«È una vera merda» osserva.
Mi sfugge una risata amara. «Già, che schifezza l'amore.»
Rimaniamo fermi così, ad osservarci, poi i suoi occhi puntano le mie labbra ed i centimetri che ci distanziano si dimezzano. Il mio cuore pare voler esplodere, rompere la mia gabbia toracica.
Invece si aggiusta, quando azzera del tutto le distanze e le sua bocca preme sulla mia con forza.
Seguo il mio istinto e aggancio le mie mani dietro il suo collo, perché voglio sentirlo contro di me, voglio che mi faccia dimenticare la mia schifosa realtà, che mi faccia credere di valere qualcosa per qualcuno, per lui.
Lui non si tira indietro, mi fa stendere contro il materasso e mi sovrasta, con il suo fisico modellato alla perfezione da anni di allenamento.
«Facciamolo» dichiaro.
Carter lascia una scia di piccoli baci su tutto il mio collo accaldato, poi afferra i miei fianchi con veemenza.
«Sei sicura?» mi chiede.
Ma sono troppo eccitata e devastata per ascoltarlo. Voglio soltanto che mi regali emozioni diverse da quelle che provo.
Così apre uno dei cassetti del signor Flores, afferra un preservativo e, dopo essersi liberato degli indumenti, lo posiziona accuratamente. Poi si dedica a me, mi spoglia lentamente, mi bacia con dolcezza.
Io mi prendo tutto ciò che mi da, senza ripensamenti. Mi prendo lui, perché è quello che desidero, da sempre. Fin da bambina.
Infine, entra dentro di me con una spinta soltanto. Stringo gli occhi per contenere il dolore della mia prima volta, ma dopo qualche minuto il mio corpo sembra abituarsi alla sua presenza.
«Va tutto bene?» mi chiede, scrutandomi.
Annuisco e lo supplico di continuare, di farmi sua, in ogni modo possibile. Mi aggrappo alle sue spalle con tutte le mie forze, stringo i denti e mi godo il momento. Mi godo finalmente lui, noi.
Finché non rimaniamo entrambi senza fiato, ma appagati.
Sembra tutto perfetto, è il dopo che non mi sarei mai aspettata...



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